L'Europa dei “ni” e il Caso polacco
Presentando al Parlamento Europeo gli esiti del Consiglio del 21 e 22 giugno, il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha ricevuto un lungo applauso unanime da parte di tutte le formazioni politiche, pur con alcuni distinguo. Grossolana cantonata degli euro-parlamentari o sincera approvazione per l'operato della Presidenza tedesca? Contrariamente alla vulgata comune, l'accordo raggiunto dai 27 capi di Stato e di governo presenta numerose novità positive, mantiene inalterate alcune questioni delicate e compie passi indietro tutto sommato limitati.
A fronte di richieste molto precise da parte di un pugno di Stati “pesanti” come Inghilterra, Francia, Olanda, Repubblica Ceca e Polonia, le estenuanti trattative (la riunione è terminata definitivamente alle 5 del mattino!) hanno portato ad un compromesso tipicamente europeo, in cui si sono sacrificati alcuni aspetti volutamente simbolici sull'altare del progresso funzionale dell'Unione Europea. In altre parole, la rinuncia al nome di Trattato Costituzionale e la posticipazione dell'applicazione del contestato nuovo sistema di voto hanno permesso il salvataggio dell'essenza più operativa del testo elaborato dalla Convenzione e l'ottenimento di vistosi passi avanti in settori cruciali.
Il rafforzamento del ruolo del Parlamento Europeo, ad esempio, può essere interpretato come il primo strascico dei “no” francese ed olandese: con la comunitarizzazione di vaste aree del settore Giustizia e Affari Interni – tra cui rientrano sicurezza, anti-terrorismo, politica migratoria etc. -, il PE guadagna maggiori poteri di co-decisione. Allo stesso modo, viene esteso l'utilizzo del voto a maggioranza qualificata – a scapito dell'unanimità – a nuovi 77 settori e viene stabilito a 9 il numero minimo di Stati per realizzare una cooperazione rafforzata: si creano così le condizioni perché un gruppo di governi possa superare il potere di veto di altri e procedere nell'integrazione. Infine, pur menomati o rimandati, permangono la prosecuzione del processo di negoziazione per un nuovo Trattato UE, l'istituzione della figura di un Presidente del Consiglio in carica per due anni e mezzo e quella del Ministro degli Esteri dell'UE – velato sotto il nome di Alto Rappresentante per gli Affari Esteri -, oltre all'applicazione della doppia maggioranza (seppur dal 2014).
In questo contesto hanno giocato un ruolo determinante gli interessi dei singoli Stati membri: una serie di ostacoli tesi a rallentare il progresso europeo. L'esempio più emblematico è quello della Polonia: uno tra i paesi più insistenti, assieme al Regno Unito, per un ridimensionamento del testo. In tal modo Varsavia si è voluta proporre come uno dei grandi protagonisti della Nuova Europa, alla ricerca di un riscatto dalle vessazioni subite dalla storia, portato avanti con un'arrembante e molto discutibile linea politica, generando un vero e proprio “caso”.
A lasciare interdetti non sono tanto le resistenze nei confronti Trattato, quanto più la virata nazional-populista ed ultra-cattolica integralista di Varsavia sotto la guida dei gemelli Kaczynski[1].
Preoccupante è la politica estera del Governo polacco soprattutto nei confronti della Germania, con discussioni che riportano i due paesi ad un clima da Seconda Guerra Mondiale: da recriminazioni sui confini, passando per la nuova denominazione del lager di Auschwitz voluta da Varsavia[2], fino a paragonare un accordo tra Germania e Russia sul gasdotto baltico al Patto Molotov-Ribbentrop[3]; da ultime, le provocazioni[4] di riviste polacche di destra tese ad alimentare ed estremizzare ulteriormente la polemica con Berlino e con l'Europa.
Ma veleni anche e soprattutto sul fronte interno: sono frequenti le liste di proscrizione, pubblicate in particolare dai giornali più conservatori, di tutti quei nomi vicini (o presunti tali) ai servizi segreti del defunto regime comunista (SB). Tra tutti, il nome dell'ex presidente Aleksander Kwasniewski[5], oltre a numerosi altri personaggi e uomini politici vicini all'Alleanza Democratica di Sinistra ed ex leader di Solidarnosc. E non è tutto: il Commissario per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa ha denunciato un serio problema di omofobia in Polonia con politiche antigay sostenute apertamente dai vertici dello stato[6].
Preoccupa che un paese di quasi 40 milioni di abitanti, in forte crescita economica, in una zona geograficamente strategica tra Europa orientale e occidentale, fedele più alla Nato e Stati Uniti che all'Unione Europea, sia vittima di una simile crisi democratica. Un ulteriore problema per l'Europa e per l'integrazione tra i suoi stati?
Nel confronto con i secolari processi di costruzione e radicamento degli attuali Stati nazionali, una storia di appena 50 anni (15 a partire dal lancio dell'unione politica, non più solo economica) rende l'UE un neonato. La sedimentazione amministrativa, politica, identitaria delle istituzioni costituisce ancora la principale fonte di legittimazione ultima del potere politico nell'età contemporanea. Nell'immaginario collettivo europeo, si dà tuttora più peso all'opinione del proprio governo e alla difesa dei propri interessi nazionali rispetto a quelli comunitari. La Polonia non è un caso unico, solo il più manifesto.
E' vero. Brucia la sconfitta del vivo europeismo federalista, nel momento in cui si assiste all'arsura dell'alto progetto d'integrazione politica fra Stati europei legati da uno spirito di appartenenza comune, nel suo freddo tecnicismo funzionale, teso alla gestione delle sole questioni di governance globale e al regolamento di un'unione doganale interna. Fa male perché l'Unione Europea continuerà a venire percepita dai suoi cittadini – con passaporto europeo e moneta comune – come un lontano carrozzone burocratico al servizio delle élites più potenti e contrarie al benessere della gente comune. Preoccupa perché le sfide più drammatiche accadono già ora e necessitano di efficaci strategie comuni da adottare ora. Non dal 2017!
Ma di fronte alle nuove scale delle dimensioni delle sfide politiche ed economiche internazionali le resistenze non possono durare a lungo. E c'è da scommettersi che questo lo sappiano persino i gemelli Kaczynski.
[1] Lech, Presidente della Repubblica dal dicembre 2005, e Jaroslaw, nominato Primo Ministro nel luglio 2006, entrambi leader del partito conservatore Legge e Giustizia.
[2] “Campo di sterminio tedesco nazista” :a voler sottolineare che lo sterminio è stato compiuto ovviamente da nazisti ma specificando tedeschi (nuova denominazione approvata dall'UNESCO).
[3] http://it.wikipedia.org/
[4] Il Cancelliere Angela Merkel ritratta con baffetti alla Hitler e l'UE accusata di essere fascista (Czas).
[5] Poco prima di essere accusato aveva giustappunto dichiarato la sua volontà di scendere nuovamente in campo.
[6] Emblematico il tentativo di censura della trasmissione per bambini Teletubbies, prodotta dalla BBC, accusata di trasmettere messaggi ambigui tesi a propagandare l'omosessualità tra i minori. Il capo dell'Agenzia governativa polacca per la protezione dei bambini, Ewa Sowinska, si sarebbe in particolare scagliata (per poi ritrattare) contro Tinki Winki, colpevole di portare sempre con se una borsetta pur essendo maschio.