Corsi e ricorsi
Correva l’anno 1932 quando Guido Horn d’Arturo, direttore dell’Istituto di Astronomia dell’Università di Bologna, inoltrò al Ministero delle Corporazioni la richiesta di brevetto per uno strumento di sua invenzione. Si trattava di un telescopio il cui specchio non era monolitico, come da tradizione, ma costituito dall’ assemblaggio di numerosi tasselli.
Il progetto era rivoluzionario, ma nella comunità scientifica non raccolse i consensi sperati. Nonostante lo scarso successo Horn d’Arturo non si perse d’animo e riuscì a costruire il suo innovativo telescopio: aveva un diametro di 180 centimetri ed era composto da 61 tasselli esagonali. Con lo strumento Guido Horn d’Arturo realizzò migliaia di lastre fotografiche.
Che l’ idea dell’astronomo giuliano, era nato a Trieste nel 1879, fosse giusta lo dimostrano i grandi telescopi a più specchi realizzati in tempi recenti, come il Keck Observatory alle Hawaii, composto da due telescopi con 36 tasselli per 10 metri di diametro complessivi ciascuno, e l’ Hobby-Eberly Telescope, in Texas, con 91 tasselli per 10 metri di diametro.
L’ ultimo erede dell’ intuizione di Guido Horn d’Arturo è il telescopio spaziale James Webb, il nome è quello dell’amministratore della NASA durante la corsa allo spazio con l’URSS, conclusa vittoriosamente con lo sbarco sulla Luna.
Lanciato il giorno di Natale del 2021 dalla base di Kourou, nella Guiana Francese, il telescopio è frutto della collaborazione fra le agenzie spaziali americana (NASA), canadese (CSA) ed europea (ESA).
Il James Webb ha sostituito il primo telescopio spaziale della storia, il glorioso Hubble, mandato in pensione dopo oltre vent’ anni di onorato servizio, anche se in realtà viene ancora in parte utilizzato.
Lo specchio del nuovo telescopio è simile, compatibilmente con il progresso tecnologico, a quello che Guido Horn d’Arturo aveva intenzione di brevettare novant’ anni fa.
L’ occhio di Webb ha un diametro di 6 metri e mezzo e i 18 tasselli esagonali sono in berillio ultraleggero.
La missione JWST ha come obiettivo indagare le origini del cosmo in una sorta di viaggio a ritroso nel tempo.
Dallo scorso 24 gennaio il telescopio si è posizionato nella sua orbita finale a un milione e mezzo di chilometri dalla Terra. Dopo una fase di calibrazione degli strumenti, in particolare l’ allineamento degli specchi, Webb è diventato pienamente operativo.
La regolazione dei tasselli che compongono il suo specchio è stato uno dei momenti più importanti e delicati. Le dimensioni dello specchio complessivo rendevano impossibile stivarlo intero nel razzo vettore. I tecnici hanno dovuto piegarlo come un origami per poi farlo aprire nello spazio. Successivamente ogni tassello è stato regolato con precisione nanometrica per far sì che formasse una singola superficie con gli altri.
Non c’è dubbio che Guido Horn D’ Arturo sarebbe stato entusiasta.