Quarantena, fra passato e presente
Tornata tristemente di attualità come misura di contenimento della pandemia scatenata dal Covid 19, la quarantena ha origini antiche.
Nel XIV° secolo diverse città, a partire da Venezia, la imposero agli equipaggi delle navi in arrivo per fronteggiare la devastante epidemia di peste che aveva flagellato l’ intera Europa.
Gli storici hanno fatto diverse congetture sul perché la durata di tale periodo fosse proprio di quaranta giorni.
Pare che già nel V° secolo a.C., Ippocrate, il padre della medicina razionale, valutasse l’ entità del periodo di tempo necessario per guarire dalle malattie. Altre ipotesi guardano alle origini del cristianesimo dove quaranta giorni sono quelli della quaresima, così come il periodo trascorso da Gesù nel deserto e la durata della navigazione di Noè sull’ arca.
Ai tempi delle grandi pestilenze che infestarono l’ europa nel XIV° e nel XVII° secolo si continuava a pensare che trascorsi quei quaranta giorni un malato di peste, se ancora vivo, non fosse più contagioso. Peccato che la malattia venisse trasmessa dalle pulci dei ratti, che anche dopo quel lasso di tempo erano vive e vegete.
Se la quarantena è comunque una misura necessaria ed efficace per fronteggiare le epidemie, l’ isolamento che impone a volte può condurre a esiti inattesi.
La peste che nel 1348 stava facendo strage a Firenze diede a Giovanni Boccaccio lo spunto per la stesura del suo capolavoro letterario, il Decamerone. I dieci protagonisti, per sfuggire al contagio, si ritirano in quarantena volontaria sulle colline sopra la città. Qui aspettano la fine dell’ epidemia e per ingannare il tempo organizzano una sorta di maratona narrativa, dove ciascuno di loro racconta una novella al giorno per dieci giorni.
Tre secoli dopo, nel 1665, la peste imperversava a Londra e l’ università di Cambridge aveva sospeso le lezioni. Per sfuggire al contagio il giovane Isaac Newton si ritirò nella tenuta di famiglia a Woolsthorpe, una località di campagna distante centocinquanta chilometri dalla capitale.
E’ difficile trovare nella storia della scienza un periodo di isolamento rivelatosi più fecondo. In quei mesi trascorsi in solitudine, condizione che il suo carattere schivo e un po’ scorbutico privilegiava, il giovane scienziato pose le basi del calcolo infinitesimale, scoprì la dispersione della luce attraverso un prisma e intuì i fondamenti teorici della legge del moto e della gravitazione universale.
Non a caso lo stesso Newton definì quale periodo di isolamento l’ anno delle meraviglie.
Risale a quei tempi l’ anedotto della mela che staccatasi dall’ albero avrebbe centrato lo scienziato sulla testa. Molto più verosimilmente, osservando la caduta del frutto, il giovane Newton intuì come la forza che aveva staccato la mela dal ramo dovesse estendersi oltre la Terra.
“ Perché una mela cade sempre perpendicolarmente al suolo? Perché non cade di lato o non sale, ma tende costantemente verso il centro della Terra? “ questa è la domanda che si pose lo scienziato. E questa è la risposta che si diede: “ Certo perché la Terra attrae la mela. “