Fai bei sogni
Un paio d’anni fa ho letto il libro di Massimo Gramellini “Fai bei sogni” e come di consueto, quando al cinema incontriamo una trasposizione di un racconto che abbiamo apprezzato, siamo portati ad un certo scetticismo, anzi ad una specie di paura che il film non regga le nostre aspettative.
Invece Marco Bellocchio è riuscito a trasmettere altro rispetto alla narrazione autobiografica del vicedirettore de La Stampa. La disperazione di un bambino al quale si nasconde la verità, la madre è morta, ma a lui non viene detto, perchè la donna ha deciso di morire ricorrendo al suicidio.
Nella cultura mediterranea la morte è troppo spesso esorcizzata, se ne parla poco o niente, e siamo noi adulti per primi ad allontanarla dai discorsi, soprattutto in presenza dei bambini, perché si pensa che il tema stoni con la serenità tipica dell’infanzia. Spesso tra gli stessi adulti non si tende molto a parlarne se non per lo più facendo scongiuri.
In questa maniera non si prepara un bambino a questo evento di passaggio inevitabile. E il grande paradosso è che proprio noi che affondiamo le nostre radici in una cultura cristiana viviamo il passaggio in modo tragico e drammatico, affatto confortati da quell’idea di fondo che dovrebbe rasserenare almeno i credenti.
Il bambino cresce, diventa un adolescente, ama il calcio ed è tifosissimo del Toro, inizia a scrivere di sport e poi diventa inviato di guerra, fino a quando è costretto a fare i conti con il suo passato, morto anche il padre, deve disfare la casa dei suoi genitori. Solo in questo momento, da adulto, scopre la verità che gli è sempre stata nascosta. Gli porgono il ritaglio di un giornale dove legge la notizia che gli è sempre stata negata: “Madre si suicida buttandosi dal balcone di casa”.
Riemerge allora tutto il vissuto, riesce finalmente ad esprimere i suoi sentimenti e risponde alle lettere dei lettori del giornale con grande umanità, con il coraggio dell’umiltà stando di fronte alla verità, senza negarla, senza nascondersi dietro giustificazioni per apparire, agli occhi propri e degli altri, diversi da quello che è. Umiltà e coraggio quando i problemi personali non sono usati per piangerci addosso, per attirare l’attenzione e l’affetto degli altri, per avere degli sconti o per approfittare della generosità altrui.