Evviva il Cuperlum e la libertà dei parlamentari
L’avvicinarsi della scadenza elettorale e il chiarirsi delle proposte politiche fanno da contorno al consolidamento delle scelte nell’opinione pubblica e individuano quella dimensione politica ineludibile quando il popolo si reca alle urne. Una dimensione politica che rende adamantina l’assunzione di responsabilità del premier che ha fatto da sottotesto a questa campagna elettorale, alla quale l’opposizione ha risposto in maniera infantile, visto che non potendo contestare al premier di essere legato alla sedia gli ha contestato di essere legato più al suo progetto riformatore che allo scranno.
Si svela la trama eversiva dei Cinque stelle, che esprimono a chiare lettere che la vera riforma che serve al Paese sia la soppressione della libertà dei parlamentari, l’introduzione del vincolo di mandato – ovvero la subordinazione della rappresentanza popolare alla fideiussione di diritto privato con il padrone del proprio partito – e la distruzione dell’immunità parlamentare – in maniera da subordinarne il libero esercizio sovrano ai troll dei blog e all’aria che tira sui giornali.
In questo scontro politico si evidenzia come sia questa riforma a rimanere nell’alveo del percorso della nostra Costituzione, mentre il campo del no è preda di convulsioni eversive analfabete della democrazia e di malrisolti complessi personali da parte di una classe politica che con la sua inettitudine a queste forze ha concesso spazio.
E mentre la grancassa di Renzi si fa largo negli ultimi giorni con la battaglia contro la casta, la mia simpatia va all’indomito coraggio e all’infinita dignità politica di Gianni Cuperlo, a cui auguro l’imperitura memoria del battesimo di una legge elettorale che rechi il suo nome. Un accordo di poche righe che immagina di ricostruire un raccordo tra eletti ed elettori nei collegi, consentendo ancora non si sa come un premio di governabilità, allo scenario post 5 dicembre di evolvere senza rimanere intrappolato in un Italicum che non ha mai convinto e di rappresentare – il che davvero per chi scrive non è poco – le istanze di un riformismo non renziano lasciato orfano da D’Alema, Bersani e Speranza. Da quel momento in poi vedere il compagno Gianni al fianco di Napolitano alzare la bandiera della Costituzione che prevede la possibilità e i meccanismi di auto-riforma, la necessità di porre un freno all’ondata populista distruttrice di diritti, libertà e riforme, ci rafforza in quel senso di responsabilità che ci accompagna nelle scelte di voto e non ci abbandonerà neanche il 5 Dicembre. Si faccia ciò che si deve, succeda ciò che può.