SI si si signori miei
Il 4 Dicembre sul calendario dell’avvento si aprirà la finestrella del referendum e il SI o il NO stabiliranno se sarà l’ora di inizio della Seconda Repubblica. Se le repubbliche si misurano in base alle costituzioni e non alle leggi elettorali, il bicameralismo asimmetrico ed il Senato delle Regioni scavalcano lo spartiacque tra l’attuale barcollante Prima Repubblica e mezzo e il lancio di una eventuale Seconda sotto il segno del Renzi.
Semplificazione del processo legislativo, maggiore spazio ai referendum e alle proposte di iniziativa popolare, correzione di alcune storture del federalismo (quel regionalismo del Titolo V che agli atti risulta come l’unica incisiva modifica costituzionale registrata finora) e abolizione del CNEL sono la sostanza messa in votazione e rappresentano, nero su bianco, il sunto della direzione politica intrapresa dal nostro Paese dall’inizio degli anni Novanta. Il SI di Renzi nasce sul filone del Nazareno, delle riforme concordate da tutto l’arco politico, e nel frattempo lo sbarazzino premier è riuscito nel capolavoro di scrollarsi di dosso i falliti della Prima Repubblica e mezzo, da Berlusconi a D’Alema, da Bersani a Fini a Monti, oltre ai ringhiosi arrabbiati parvenu del benaltrismo del genere Brunetta, Travaglio e Cinque stelle.
Le obiezioni del NO sono una babele di posizioni opposte tra loro, potenti nel dar vita a una gigantesca cagnara mediatica ma incapaci di individuare un’alternativa realistica, monumento cristallizzato al fallimento di una generazione politica capace di minare le basi del sistema politico del 1948 ma incapace sia di traghettarlo nel futuro che di allevare una classe dirigente, con l’esito di venire spazzata via dall’avvento del Matteo nazionale. E la partecipazione al gruppo del NO della gioventù pentastallata ne identifica proprio l’irrisolto Edipo ancora in fase adolescenziale.
L’opposizione a Renzi ne rimane il migliore alleato (http://www.larengodelviaggiatore.info/2016/05/i-migliori-amici-del-renzi/): la proposta di D’Alema della commissione all’americana per superare il ping-pong tra le Camere, dopo che il Senato delle Regioni è parte da 20 anni dei programmi del centrosinistra, ne dimostra l’inconsistenza e sembra invece il tentativo di scavarsi l’ultima personale trincea per difendersi dalle riforme. Trincea che raccoglie chi ha sepolto la Prima Repubblica in nome della governabilità e ora la teme, leggi D’Alema, Fini e Berlusconi, e chi si erge paladino della Costituzione e delle prerogative dei parlamentari senza volerne riconoscerne, per esempio, la libertà dal vincolo di mandato, leggi Cinque Stelle.
La scelta è tra la trincea del NO o un giro di giostra del SI.
Il SI che sostiene che rispondere positivamente alla possibilità di riformare, anche per approssimazioni successive, può continuare a generare cambiamenti nei prossimi anni mentre l’approccio negativo che vota NO in nome di una riforma migliore o più completa è la strada per non cambiare nulla.
Il NO che sostiene che il monocameralismo è la via per la dittatura, quando è invece proprio la fragilità e l’inconcludenza di un sistema democratico a spianare la strada al consenso per l’uomo forte, come nella storia insegnano gli esempi dell’Italietta liberale e la Repubblica di Weimar da una parte rispetto a Paesi come Regno Unito e Stati Uniti, dove gli esecutivi sono forti e la democrazia salda.
Io che sostengo la Prima Repubblica, che sostengo i partiti e le loro liturgie come fondamento della Repubblica, che amo la politica come rappresentanza e compromesso tra istanze diverse mentre trovo che la politica competitiva maggioritaria riduca lo spazio per lo sviluppo delle intelligenze oltre gli schemi precostituiti, mi sono estinto da anni. Votando NO non otterrei nulla di tutto ciò che anelo, perché non è una croce a costruire una cultura politica e perché i rappresentanti del NO sono tra i primi a non essere d’accordo con me. Votando NO non scelgo un’alternativa migliore, ma condanno le istituzioni repubblicane in un limbo di zombie accecati nel non vedere la porta d’uscita cercata da anni. Non c’è bisogno di vedersi apparire Togliatti in sogno vestito da chierichetto per richiamarsi ai doveri della realpolitik, sono sufficienti i moniti del riformismo democratico che il meglio è nemico del bene, che l’inerzia dei processi politici fa sì che gli anni spesi a costruire si possano distruggere in un attimo, che il compromesso richiede di accettare soluzioni che non riteniamo perfette, che la democrazia che non decide crea l’humus per un’involuzione e che il vuoto della democrazia si riempie del pieno dell’autoritarismo, per farci notare quanto sia vera la saggezza orientale quando afferma che “Tante sono le possibilità nella mente del novizio, poche in quella dell’esperto”.
The show must go on, oh yeah, si si si signori miei.
Grande Tobia !!!
D’accordo su tutta la linea
sperem
Un saluto
Matteo