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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 131 - 1 Luglio 2016 | 0 commenti

L’arte e la ricerca di senso

L’arte e la ricerca di senso

I floating piers sono pontili galleggianti, installati sul Lago d’Iseo. Consentono di raggiungere Montisola da Sulzano, camminando sull’acqua, e l’effetto fisico della passeggiata è un po’ come quando si attraversano le passerelle in laguna a Venezia. L’artista ha investito 15 milioni di euro, mentre la comunità locale si è trovata a gestire un afflusso di persone mai visto su quelle sponde. E forse proprio questo afflusso di persone è il vero effetto artistico dell’opera.

Dal punto di vista tecnico, non si assiste a nulla di particolarmente innovativo. Dal punto di vista umano, si assiste a un pellegrinaggio laico, si osserva un fiume di gente che non può entrare in paese in auto, che si spezzetta dunque tra le stazioni del treno, le corriere, le navette, i parcheggi scambiatori, le rotonde bloccate prima delle navette. E che quando riesce a salire sul ponte – ovvero quando il codice di allerta meteo lo consente – continua a camminare, raggiunge Montisola e lì si ferma sui prati per un pic-nic. Se la passerella è completamente aperta, si può raggiungere l’isoletta di San Paolo, girarci intorno e continuare a camminare. Intorno a noi lo stesso paesaggio che si vedrebbe dalla barca, gli stessi bar di Montisola, la stessa fontanella con una lunga coda di persone che aspettano di bere un po’ d’acqua.

La domanda di senso ci pervade: perché? Perché siamo qui in coda su una passerella, perché prendere una giornata di ferie o trascorrere il weekend incolonnati? Perché?

Domanda che vale la pena di porsi per assaporare l’opera fino in fondo. Domanda la cui risposta si può cercare negli occhi della gente intorno a noi. Occhi che non dicono altro che il desiderio di un weekend all’aria aperta, al lago, al solito lago, lago nel quale per due settimane si può camminare sulle acque. Viene in mente Jannacci, vengo anch’io per vedere di nascosto l’effetto che fa. Perché no!?

E il pensiero corre a chiedersi che cosa si perde chi non c’è. Si perde la fatica di raggiungere la meta, i comandi degli addetti all’organizzazione che invitano a non fermarsi all’ingresso, le storie sui nubifragi che sono in corso su Bergamo, il rischio di dover eseguire un’altra evacuazione per la quale le categorie disagiate (invalidi, bambini, donne incinte) sarebbero un rischio insopportabile. Si perde la camminata sul fondo flottante, una lunga passerella intorno a cui stanno i gommoni dello staff e a qualche barca privata che si gode lo spettacolo dall’acqua. Si perde la normalità con cui le attività economiche della zona hanno mantenuto gli stessi prezzi e moltiplicato i clienti, godrà solo in video della vista dall’alto del pontile arancione. Si perderà di essere respinto agli ingressi, per il pericolo meteorologico.

La differenza tra chi c’è stato e chi no sta tutta in quella ricerca di senso, che da un lato si consustanzia in un’assenza e nell’altro prevede una presenza. Ma l’eterea eternità dell’arte non si ferma a contemplare più di tanto il singolo, quanto invece tanti singoli sono qui a cercare di camminare verso una qualche nuova frontiera esperienziale del sé.

Et voila, ecco a voi l’opera d’arte.

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