Quella mattina il signor Q
Fu quando sentì quella sensazione ricorrente che si rese conto che di lì a poco si sarebbe messa in moto la macchina del viaggio: sensazione lunga, lenta, piacevole, di quelle bollicine che dal cervelletto si irradiavano verso la parte frontale del cranio e da lì verso tutto il corpo. Il signor Q ancora pisolava nel suo letto, quando scoccò l’ora di alzarsi, e come trasportato da una inesorabile lievità si trovò a raccogliere le briciole dalla tavola, a guardare la stanza immobile intorno fargli l’occhiolino prima di tuffarsi nella sua nuova dimora, quella forma di zaino che stava per accingersi ad accoglierlo. Le foto, i ricordi, i libri, le forme, quella luce ancora crepuscolare. Tutti quegli oggetti che non ci sarebbero entrati ma che sarebbero stati a modo loro presenti.
Si affacciò in camera da letto, dove quelle forme di vita arrotolate nelle coperte sembravano mosse da uno spirito il cui respiro poteva aleggiare lì come altrove, e il cui profumo si andava a infilare in maniera persistente nella narici di quello zaino che polveroso, bagnato e sporco come sarebbe diventato non ne avrebbe smarrito per nulla l’immagine. In cambio ricevettero un bacio dagli occhi e furono libere di riposare fino a che il sole si fosse alzato, dopo quell’alba che avrebbe visto il signor Q fuori di lì in compagnia di tutte quelle persone che sarebbero state a modo loro presenti.
Era partito tanto tempo prima, la prima volta. E certe sensazioni erano cresciute con lui, della sua vita avevano preso la scorza più dura, l’incedere più sereno e calmo, l’inesorabile corsa della pianificazione contro il tempo sempre più avanzato. Contro la sensazione che sarebbe stata l’ultima quella volta che non veniva mai, ogni volta era sempre più simile alla prima che all’ultima. Per il gusto di quel sorriso che con un battito di ciglia lo imbarcava su quella farfalla che fa scoppiare gli uragani dall’altra parte del mondo ma che entro la sua bolla lo teneva al sicuro in sella, tra i mari dolci e i laghi salati, tra montagne piane e colline scoscese, tra strade polverose e modernissime highways.
Partire ancora una volta, il signor Q sarebbe partito anche quella mattina. E non era una partenza solita, di quelle che capitano ogni mattina verso la solita quotidianità. O forse si. Forse la quotidianità dura più di 24 ore, abbraccia la nostra vita come fosse un solo unico grande giorno popolato di desideri che dapprima si esprimono e infine si esaudiscono, di illusioni che realizzano e delusioni che feriscono. Il signor Q non avrebbe mollato di una virgola, proprio lui, che con quella virgola era diventato grande da piccolo O qual era da bambino. Eh già. Neanche di una virgola e anzi fu proprio con quella virgola, il suo cappello e lo zaino che anche quella mattina il signor Q ripartì, dipingendo mura e soffitta di cielo e orizzonte.