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Scritto da nel Numero 130 - 1 Giugno 2016, Scienza | 0 commenti

Pollice digitale?

Pollice digitale?

La via per Marte appare ancora lunga, ma intanto sembra essere a portata di mano la soluzione al

problema dei pranzi durante il viaggio. Dopo il già sperimentato caffè espresso, a breve per gli

astronauti potrebbe diventare realtà il contorno a base di verdure fresche. Un prologo c’è già stato

la scorsa estate, con la lattuga rossa coltivata in orbita e apprezzata dagli ospiti della stazione

spaziale, e sembra che in un futuro non troppo lontano sarà possibile coltivare piante nello spazio.

Ma c’è di più, l’orto cosmico avrà un’ origine made in Italy. A Torino, nello stabilimento di Thales

Alenia Space Italia, è operativo Recyclab un laboratorio tecnologico che si occupa di ricerche sulla

rigenerazione di risorse e la produzione di cibo utilizzando quanto più possibile le risorse a

disposizione nel luogo. Qui è stato realizzato Eden, un prototipo di serra spaziale dove è possibile

coltivare lattuga, pomodori, ravanelli e frutti di piccole dimensioni come le fragole. Dopo un

ulteriore collaudo in un ambiente estremo terrestre come l’Antartide, nei prossimi mesi verrà inviato

agli astronauti della stazione spaziale. Secondo i ricercatori, oltre a un prezioso supporto

alimentare, la possibilità di consumare frutta e verdura fresche fornirà anche un aiuto psicologico

agli equipaggi impegnati nello spazio, importante soprattutto per le missioni di lunga durata.

Se la serra tecno ha senso nello spazio, che non è un ambiente notoriamente favorevole agli

esseri viventi, qualcuno ha pensato di utilizzarla anche sulla Terra.

A Fukushima, luogo diventato tristemente noto per il disastro nucleare seguito allo tsunami del

2011, la Panasonic coltiva insalate in una fabbrica ultra sterile.

Restando in Giappone, la Toshiba, altro colosso giapponese dell’elettronica, ha realizzato vicino a

Tokio una fattoria verticale riconvertendo una fabbrica precedentemente utilizzata per la

produzione di lettori per dischetti. In un ambiente asettico, controllato da microchip e illuminato da

luci fluorescenti speciali per ottimizzare la crescita dei vegetali, vengono prodotte tre milioni di

insalate all’ anno.

Un esempio seguito anche dalla Sharp, leader nella produzione di fotocopiatrici multifunzione, che

a Dubai ha realizzato una fattoria digitale di fragole.

Il progressivo deterioramento dell’ambiente è uno stimolo all’ affermarsi di questa tendenza alle

serre grattacielo che, secondo l’ecologo e microbiologo Despommier, potrebbero essere il futuro

dell’agricoltura bio e di prossimità. Dove non c’ è un ritorno alla terra, ma una riconversione

agricola di fabbriche e stabilimenti.

Avanti di questo passo si potranno far crescere mango e papaya oltre il circolo polare artico e frutti

di bosco nel deserto, con buona pace dei cicli naturali.

Lucio Battisti cantava che ne sai tu di un campo di grano? Speriamo non si trattasse di una

profezia….

Fermo restando il valore scientifico del sistema Eden, ideato per gli astronauti, viene da chiedersi

se i prodotti delle serre torri terrestri sarebbero apprezzati da chi, come noi italiani, è abituato alle

eccellenze di una cucina senza pari la mondo. Il Bel Paese ha tanti difetti, ma per fortuna frutta e

verdura non hanno bisogno di chip e lampade al led per crescere.

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