I migliori amici del Renzi
A voler fare i complottisti, si potrebbe davvero immaginare che dietro il referendum No Triv ci sia lo zampino governativo. Quale miglior successo politico per il premier che vincere senza partecipare al referendum del 17 aprile scorso? Gli è stato sufficiente ribadire un’ovvietà, ovvero che non votare è legale e che se ciò che conta è il quorum non farlo ha un valore politico, per prendere le parti dell’elettorato “normale” che lui ritiene la sua vera constituency elettorale. Normale perché pensa che visto che già che le trivelle ci sono non ha senso lasciare il gas sotto terra, normale perché non desidera rischiare di cassaintegrare i lavoratori delle piattaforme e dell’indotto, normale perché usa il gas tutti i giorni, magari ricordando che il metano ti dà una mano e la pubblicità del cielo pulito sotto di noi?, normale perché non vede questo incompatibile con le energie rinnovabili. Normale, infine, perché rappresenta la decisa maggioranza degli italiani, che da sempre puniscono quelle forze politiche benaltriste e innamorate di miti inesistenti premiando le forze che intendono farsi carico del governo. La DC prima, Renzi oggi.
Trasformare il referendum in un plebiscito contro Renzi è stato il colpo di genio della mano invisibile che sta per consegnare il Governo all’attuale Premier per un tempo indeterminato. La scelta tra Renzi che cerca di sburocratizzare contro il localismo regionalista di Emiliano, contro la spocchia di Zingales (che è riuscito a difendere le prerogative della burocrazia parlando di remunerazione per gli enti locali, quando il comma in questione era un altro), contro un ambientalismo miope e anti-industriale ha visto esprimere chiaramente il corpo elettorale.
Non solo dunque il successo nel rapporto con l’elettorato, ma altresì il suicidio collettivo del suo principale avversario, la minoranza PD, che si è espressa per il SI al referendum, seppellendo quel profilo di Governo che aveva consentito a Bersani di prevalere nelle prime consultazioni primarie. Minoranza PD che è riuscita a votare come Brunetta, il quale a sua volta ha votato come SEL e Movimento 5 stelle, con buona pace dell’elettorato moderato che orfano di Silvio non potrà che scegliere Matteo.
Il 2016 continuerà con le amministrative, e il voto a Milano sarà importante per capire quanto il renzismo possa attecchire nell’Italia che lavora e che nella Seconda Repubblica normalmente fa riferimento al centrodestra, e finirà col referendum costituzionale, ultimo argine prima della vera e propria Seconda Repubblica.
Aspettiamoci dunque che il comitato “Aiutiamo Renzi votandogli contro” riesca a toccare le leve giuste per le ragioni giuste per mobilitare l’elettorato indeciso sul merito ma sicuro sulla propria collocazione politica e consentire al premier di continuare a vincere.