Twitter si trasforma?
Nel febbraio 2013 durante un Master presso la Business School de Il Sole24Ore ebbi l’occasione di conoscere twitter. A dire il vero l’impatto non fu dei migliori. Ma tant’è che nelle tre successive settimane abbandonai definitivamente l’utilizzo di Facebook per dedicarmi interamente a questo nuovo (per il sottoscritto si intende) social media, affascinato dal fatto che twitter a differenza di Facebook non prevede alcun obbligo di reciprocità, ergo posso essere follower di Ruud Gullit o di Barack Obama senza che loro sappiano chi sia io.
Fondato dall’informatico statunitense Jack Dorsey (tornato recentemente al timone dell’azienda) nel marzo 2006 la community è cresciuta in maniera esponenziale dal 2011 (in coincidenza con l’avvento delle Primavere Arabe) al 2014, sino a toccare nel 2016 i 316 milioni di utenti. La sua praticità è dovuta all’utilizzo del famoso hastag (#) attraverso il quale è possibile visualizzare tutti post che sono legati ad un determinato argomento. Il tutto nel giro di pochissimi secondi. Bisogna essere essenziali, ogni tweet infatti non può superare il limite dei 140 caratteri. Per questo motivo molti considerano twitter più un microblogging che un social media.
Come non dimenticare l’hasthag #enricostaisereno lanciato da Matteo Renzi nel gennaio 2014 in uno dei tanti salotti televisivi che ha portato alle dimissioni dell’allora premier Enrico Letta. Su twitter è possibile seguire in tempo reale l’aggiornamento di giornalisti, politici, sportivi, aziende o semplici amici d’infanzia.
Se è vero che i follower non sono necessariamente tuoi amici, è inutile negare che Twitter sia uno spazio trasparente ed aperto. Probabilmente il top per chi vuole restare sempre aggiornato, ma anche per chi si occupa di Business e per chi è alla ricerca di nuovi contatti professionali. Di sicuro è un luogo meritocratico dove gli eventuali follower te li devi meritare. Come nel caso di Facebook, anche Twitter permette di “taggare” altri account in un determinato stato, consentendo così di condividere con altre persone l’eventuale informazione. Poi grazie al “reetwet” è possibile rendere virale l’informazione o un determinato stato pubblicato da altri. Negli ultimi anni nelle imprese, mediamente strutturate, sono nate nuove figure legate ai social media come l’online community manager, il social media editor, o il social media analyst solo per citarne alcune. E sono molte le aziende che nell’ultimo periodo hanno creato un proprio profilo twitter ad esempio per pianificare nuove strategie di marketing o meglio ancora, per comunicare in maniera efficace con i propri clienti o per trovarne di nuovi.
Da qualche tempo però si parla di eliminare il limite fissato in 140 caratteri. A dire il vero già dalla scorsa estate tale limite era cessato per quel che concerne i c.d. messaggi diretti.
In rete la notizia si fa sempre più insistente. Complice un periodo non florido per l’azienda sul fonte finanziario (le azioni sono calate parecchio nell’ultimo periodo, ma anche sul fronte pubblicitario i conti non sono così rosei) che ha portato ad un cambio del management concluso con il ritorno al timone del leader storico nonché fondatore Jack Dersey. Oggi pare che la società sia vicina al lancio di una nuova funzione che consentirà ai singoli utenti di condividere tweet sino a 10.000 caratteri. Una nuova Rivoluzione a quanto sembra.
Ad oggi i famosi 140 caratteri hanno reso twitter “unico”, diverso dalle altre piattaforme, facendolo diventare il primo social media utile per seguire gli eventi in diretta. Infatti, riuscire ad esprimere il proprio messaggio in appena 140 caratteri è forse l’aspetto più affascinante di twitter.
Il prossimo mese di marzo la piattaforma spegnerà le dieci candeline. Non sono così sicuro che questa scelta possa risultare vincente. L’utente sceglie twitter a discapito di altri social media proprio per la sua rapidità e per la sua innata capacità di sintesi…