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Scritto da nel Numero 126 - 1 Febbraio 2016, Politica | 0 commenti

Viva i dipendenti pubblici, abbasso i cartellini

Viva i dipendenti pubblici, abbasso i cartellini

Ci risiamo: il solito refrain contro i dipendenti pubblici non passa mai di moda.
Non voglio soffermarmi sulla solita stucchevole distinzione tra i fannulloni e i cornuti e mazziati che lavorano per quattro in condizioni spesso difficili, con capi che non sono manager e strumenti di lavoro inadeguati.
Voglio invece concentarmi sull’incapacità dell’opinione pubblica di capire che la qualità del servizio erogato da un ufficio pubblico non dipende da quante ore il dipendente sta seduto ma dalla qualità del suo operato. L’erogazione di servizi non è un’attività di catena di montaggio per cui un minuto alle macchine produce un pezzo in più, eccetto le attività di sportello, e richiede invece il presidio di competenze, dati, tecnologia per cui è normale che chi opera sia dotato di un orario flessible, sia remunerato in base al successo di programmi d’integrazione delle informazioni tra uffici, di facilità d’accesso multicanale: questo succede nelle aziende private che vanno a caccia di clienti e bene sarebbe che succedesse nel pubblico.
Per lavorare al meglio, ciò che occorre è una regia entro la quale incasellare le attività di tutti e bene sarebbe che gli indicatori ricercati per valutare il lavoro del settore pubblico fossero indicativi del servizio effettivamente reso.
Vorrei che l’opinione pubblica alzasse la testa sdegnata di fronte allo scambio proposto dai media “tanto i servizi sono inadeguati” contro “almeno che stiano muti e seduti 8 ore” e che il settore pubblico fosse valutato in base a benchmark efficienti ed indicativi del servizio ai cittadini e non da un fantozziano gusto alla subordinazione.

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