La Guerra fredda tra Arabia Saudita e Iran
La decisione dell’Arabia Saudita di giustiziare il 2 gennaio scorso 47 persone per terrorismo, tra cui il noto religioso sciita Nimr al-Nimr, ha infiammato tutto il Medio Oriente, con reazioni rabbiose da parte di Iran e dalle varie comunità in Iraq, Libano, Yemen e in generale da tutto il mondo sciita.
Le esecuzioni sono una provocazione e una prova di forza di un Governo Saudita debole e in crisi. Una debolezza che ha ricadute sia esterne che interne.
Non concedendo la grazia al leader sciita l’Arabia Saudita ha inasprito i rapporti già tesi con l’Iran, dando seguito allo scontro già in atto.
In Medio Oriente sono numerosi i teatri di scontro tra le due parti con guerre per procura e non: Yemen , Iraq, Siria, Libano.
In particolare nello Yemen è concentrata l’attenzione dei Sauditi con uno sforzo bellico importante; i timori sono dettati dalla minaccia di una penetrazione sciita dai confini meridionali in aggiunta alle già presenti minoranze sciite all’interno del Regno.
In Siria lo scontro tra Arabia Saudita e Iran si svolge tra Assad (sostenuto da Teheran) e varie fazioni di ribelli (sostenute da Riad).
Altro luogo di scontro è l’OPEC con Riad che vuole mantenere il prezzo del greggio basso in contrasto con le posizioni di Iran e Russia.
In Iran le reazioni “istituzionali” alle esecuzioni sono state duplici: quelle durissime dell’ayatollah Kamenei che, come portavoce di tutto l’Islam sciita, si è scagliato con violenza contro l’Arabia Saudita; quelle del presidente Roani che, nell’ambito della nuova politica di apertura all’Occidente (impegnato nelle ultime settimane nel suo tour in Europa), ha cercato di stemperare i toni.
Due sono gli eventi nel 2016 che saranno determinanti per il futuro dello scontro tra le parti: le elezioni presidenziali in USA e le elezioni del Parlamento iraniano a cui si aggiunge quella dell’Assemblea degli Esperti che sarà incaricata di eleggere il nuovo ayatollah dopo la morte di Kamenei.