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Scritto da nel Arte e Spettacolo, Numero 117 - 1 Marzo 2015 | 0 commenti

L’inciviltà nei cuori delle civiltà

L’inciviltà nei cuori delle civiltà

Il pianeta è violentato da guerre che oggi sembrano sempre più assurde; e queste guerre colpiscono il cuore dei continenti da cui partì l’espansione del genere umano e la nascita delle civiltà. Africa, Asia ed Europa sono lacerate da combattimenti terribili che le scuotono facendo dimenticare gli insegnamenti di millenni di storia dell’umanità. E non basta a nessuno dei contendenti vedere cugini che si sparano, bambini che vengono rapiti per essere usati come soldati, donne incinte che vengono uccise due volte. La furia ignobile della guerra nasce dal tramonto dei valori delle civiltà. 

E in questo raccapricciante tramonto un terribile filo rosso lega il nostro paese e l’Iraq, Roma e Mosul. Assistiamo con orrore ai filmati che mostrano uomini frustrati e folli distruggere statue di incalcolabile valore all’interno del museo della città sul Tigri. Mosul, l’antica Ninive, situata in una grande regione incuneata fra Siria, Turchia e Iran, è stata per millenni – leggi: millenni – un vero crocevia di popoli, di culture, di religioni, di commerci. Stiamo parlando di una città che come Roma ha dominato uno dei più grandi e duraturi regni della storia dell’umanità, quello assiro; un impero che per formarsi ha portato con sé morte e soprusi, ma che ha lasciato tracce di una floridezza straordinaria. Oggi, come se il passato non insegnasse nulla, un raggruppamento di invasati intende conquistare un territorio con la morte per dominarlo col sopruso, ma non si ferma a ciò; decide di far scempio di tutto ciò che è esistito prima del suo assoggettamento. Al di fuori del valore delle opere distrutte, ciò che preme sottolineare è il valore del gesto. Distruggere un’opera d’arte è oltraggiare la memoria di un popolo e della sua cultura: dunque, è oltraggiare la sua civiltà. Questo è l’intento delle bestie indemoniate di Mosul, verso le quali però s’ingenera anche un sentimento di ripugnanza. Vero disgusto per uomini che fanno un uso scriteriato e indegno della propria mortale possanza su pietre splendidamente lavorate, che non avrebbero visto la fine della loro rappresentazione senza il passaggio di una deliberata scelta d’inciviltà. Per quale ragione? Questa è la domanda che si legge e si sente ripetere dai fini commentatori di quotidiani e televisioni. Quasi esistesse davvero qualcosa oltre il disastro provocato. 

Come a Mosul nel 2015, a Roma nel 2015 si assiste a scene di follia con decine d’invasati che danneggiano la fontana della Barcaccia, scolpita da Pietro Bernini e dal suo più famoso figlio Gian Lorenzo all’inizio del ’600. Per quale ragione? Questa è la domanda che si legge e si sente domandare dai fini commentatori di quotidiani e televisioni. Quasi esistesse davvero qualcosa oltre il disastro provocato. 

Ma non c’è risposta all’inutilità di una simile domanda. Perché non esiste alcuna ragione al mondo per cui si possa compiere atti di tal genere. Questo è il terribile filo rosso che lega la Roma dei papi alla Ninive Assira. E che oggi lega i cuori dei cittadini di Roma e Mosul in questi giorni che vedono oscene dimostrazioni di inciviltà nelle due più grandi culle di civiltà che l’essere umano, forse, ha mai avuto.

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