Legge di stabilità: TFR in busta paga
Nella Legge di Stabilità (approvata dal governo lo scorso 15 ottobre) è stata inserita la possibilità per i lavoratori del settore privato di farsi liquidare sullo stipendio una parte (50%)del Trattamento di finerapporto (TFR).
Stando al testo del provvedimento,si tratta di una richiesta volontaria che potrà essere presentata dai dipendenti sotto contratto da almeno sei mesi. L’operazione ha carattere “sperimentale”, sarà valida sulle buste paga comprese tra il marzo 2015 e il giugno 2018. Sono stati esclusi i lavoratori agricoli, domestici e i cassa integrati. Proviamo ora ad analizzare vantaggi e vantaggi del provvedimento.
Premessa, i lavoratori interessati a farsi liquidare subito una parte del Tfr devono essere consapevoli che, optando per questa scelta, avranno una liquidazione più bassa nel momento in cui cambieranno lavoro, o nel momento in cui andranno in pensione o ancora nel malaugurato caso di licenziamento improvviso. L’anticipo di una parte del Tfr provocherà con ogni probabilità un aumento di stipendio per milioni di lavoratori, anche se non bisogna aspettarsi grandi cifre. Prendendo ad esempio una busta paga da 1.500 euro netti al mese, il riscatto del 50% del TFR comporterebbe un incremento dell’assegno di 40-50 euro mensili. In pratica tale operazione conviene quasi esclusivamente a chi ha un reddito compreso tra i 15 e i 20mila euro annui. In tutti gli altri casi, arriva qualche soldo in più in tasca a fine mese da subito, ma ci si perde nel lungo periodo. Infatti per i lavoratori con redditi superiori ai 20mila euro all’anno la scelta è tra prendere una parte nell’immediato o prendere di più quando sarà il momento di incassare il Tfr.
Nel momento della scelta occorrerà fare calcoli nel modo più preciso possibile tenendo in considerazione due fattori ovvero il regime di tassazione e la rinuncia alla rivalutazione attuale.
Infatti, i lavoratori che chiederanno la liquidazione del Tfr su base mensile si vedranno aumentare la tassazione che passerà da separata (leggi 23%) ad ordinaria (intorno al 30%).
L’anticipo del Tfr in busta paga non piace ai sindacati che avevano chiesto al Governo di affrontare quelli che vengono definiti i nodi strutturali della crisi del belpaese, la corruzione e l’evasione fiscale. Le banche invece, hanno raggiunto l’accordo con il Governo e funzioneranno da “tesoreria” per l’anticipo effettivo delle somme. Gli istituti di credito, avranno una doppia garanzia da parte dello stato, oltre all’Inps infatti ci sarà un’apposita dotazione di 100 milioni nel caso di mancata restituzione da parte delle imprese.
Inoltre molti osservatori fanno notare come il provvedimento in esame potrebbe rendere ancor più difficile la vita alla previdenza integrativa. Dirottare sullo stipendio la metà del Tfr senza versarlo nei fondi pensione, comporterà a fine carriera per chi vi ha aderito, una riduzione del capitale accumulato negli anni precedenti.