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Scritto da nel Numero 112 - 1 Agosto 2014, Scienza | 0 commenti

L’Italia nel pallone

L’Italia nel pallone

Che caldo assurdo potrà mai fare in Brasile? Vediamo insieme qualche dato: Manaus, nel cuore dell’Amazzonia, nel mese di luglio ha una temperatura media dei valori minimi di 22° e una temperatura media dei valori massimi di 31°. Fortaleza, Natal e Recife nelle regioni settentrionali dello Stato, verso la linea equatoriale, hanno tutte, all’incirca, 21° di media delle minime e 28° di media delle massime. Scendendo di latitudine verso Brasilia, Belo Horizonte, Rio de Janeiro, San Paolo e Porto Alegre il clima si connota per le più spiccate differenze fra inverno ed estate, a livello di temperature. Ma… guarda un po’ come si rovescia il mondo!!…essendo qui in Europa estate, non lo è in Sudamerica. E dunque, come tipico dei climi con inverni sebbene miti pur sempre inverni, tali città hanno temperature medie minime che oscillano dai 14° ai 17° e temperature medie massime comprese fra i 23° e i 26°. Non si direbbero medie particolarmente significative, sebbene qualche punta di 30°-32° si sia raggiunta e si sia anche avvertita nelle gambe dei calciatori. Ma basta qualche pomeriggio un po’ più afoso ed un tasso di umidità in genere elevato per spiegare gli eccessi mediatici nel descrivere il mondiale brasiliano come giocato in mezzo ai gironi danteschi? Non sì è disputato il mondiale nel cuore dell’Africa Nera o in Medio Oriente. A proposito chissà che canea, in tal caso lapalissiana, se qualche scellerato capoccione del calcio mondiale confermasse la scelta di Dubai, magari in piena estate!

Ed allora a che servono tutti gli allenamenti, anche specifici, fatti da questi giovanottoni iperstipendiati? E le diete alimentari studiate appositamente dalle equipes mediche al seguito? E poi, ricordo male io, oppure le ultime giornate di campionato, spesso cruciali per la vittoria dello scudetto nazionale, vengono giocate in maggio, ed in certe nazioni anche ai primi di giugno, allorquando la tarda primavera europea spesso affonda la sua zampata di calore nelle altrettanto umide pianure dell’Europa Centrale, per non dire di quelle padana o castigliana? E così pure le finali delle Coppe nazionali, per quanto organizzate in orari serali?

Inoltre non risulta che la sensazione di caldo abbia la facoltà di scegliersi l’undici su cui accanirsi risparmiando gli altri calciatori. Allora per venire alla precoce eliminazione della compagine italiana, diciamo che essa si può quasi ritenere una normale conseguenza della decadenza economica e di governance della nostra nazione, la quale anche nel calcio sta subendo indiscutibilmente un processo di ridimensionamento rispetto agli anni dal 1980 al 2000 (con la felice ma estemporanea fiammata del mondiale 2006). Lo si vede a livello di competizioni europee e a livello di calcio mercato estivo, con i big del pallone che scelgono lidi più facoltosi.

Se i soldi sono diventati pochi ovviamente c’è ancora più bisogno di ingegno e organizzazione oltre che di riformare il sistema calcio. E tutto sommato a livello di nazionale il buon Prandelli aveva intrapreso tale strada: fare un po’ di gioco con il materiale di cui si disponeva, ancora imperniato su alcuni pilastri inevitabilmente in fase però di disfacimento (Pirlo, Buffon, De Rossi), e con una flessibilità di modulo ed una buona organizzazione di strada. Ma come scontato quando i mezzi sono relativi non sempre tali stratagemmi bastano per vincere. Se poi dietro le quinte vi  è anche stata maretta e nel frattempo ciascuno ha lavorato per salvaguardare il proprio futuro, c.t. compreso, è normale che si affondi più facilmente. Se si dovesse ripartire affidando la prua al nostromo Tavecchio allora meglio il naufragio però.

Ciò che potrebbe servire sarebbe invece la riduzione del numero di calciatori stranieri a disposizione delle squadre, l’obbligo di schierare nella formazione titolare 3 o 4 under 23, la “privatizzazione” delle arene del calcio da parte delle proprietà delle società, che dovrebbero divenire così responsabili anche dell’ordine pubblico all’interno degli stadi, in cambio di sovvenzioni statali per costruire scuole calcio e centri sportivi dove allevare i propri vivai giovanili, la creazione di società amiche, satelliti, di quelle più grosse ma non invece la possibilità di disporre e di schierare in serie B società con il nome blasonato, giacchè la bellezza del calcio è insita nel campanile. Ed infine il rinnovamento della classe dirigente. E l’abbassamento dei costi generali degli ingaggi. Una operazione trasparenza e pulizia che forse ci costringerà per qualche anno ancora a rimanere fuori dal giro delle aspiranti trionfatrici di Champions League ma che risanerebbe il movimento e getterebbe le basi per una rinascita. Anche perché l’alternativa è il goffo tentativo di rimanere agganciati ad un calcio milionario in un periodo in cui in alcuni paesi, quale il nostro nemmeno il più sfegatato tifoso baratterebbe uno scudetto per un piano lavoro per i propri figli.

Peraltro in un epoca in cui di campionissimi veri se ne sfornano pochi anche nel resto del mondo ed i “fenomeni”, tolta qualche eccezione, sono pompati tali dall’ambiente ma in realtà si barcamenano fra comportamenti da pop star e potenziamento muscolare e sulla corsa, allevare con pazienza una nuova classe di calciatori cui tornare ad insegnare l’abc della tecnica pallonara, potrebbe anche essere redditizio alla distanza.

Si diceva che qui in Europa siamo in piena estate ma alzi la mano chi se ne è accorto. A furia di lamentarsi delle bolle africane di fine e di inizio millenni che ci facevano sudare a letto come febbricitanti, non si sottolinea come dal 2010 in poi di estati roventi non ve ne siano più state molte ed anche questa sinora è risultata quasi più una parentesi di tarda primavera. L’anticiclone africano staziona a latitudini più meridionali e si affaccia assai timidamente nel Mediterraneo, quello azzorriano fatica ad entrare deciso da occidente e il continente rimane alla mercè delle perturbazioni atlantiche che giungono puntuali a rinvigorire l’instabilità latente. Ciò peraltro in un contesto di bacini marini che comunque sono belli riscaldati dall’innalzamento globale delle temperature e dunque con effetti spesso dirompenti in termini di precipitazioni violente ed arrecanti danni.

Cosa ci dobbiamo aspettare dal prossimo mese tipicamente dedicato alle ferie di massa? Il trend parrebbe il medesimo di luglio quanto meno per i primi cinque giorni anche se vi sono segnali di una certa stabilizzazione barica e di una capacità di consolidamento delle alte pressioni. In particolare si potrebbe rinsaldare un’area vasta di alte pressioni che coprirebbero tutto il sud-est europeo dalla Spagna alla Polonia, forse lasciando in balia dell’Atlantico le sole isole britanniche e l’Europa settentrionale. Se così fosse, l’ipotesi di un agosto e magari anche di un settembre caldo e stabile in Italia non sarebbe affatto peregrina, anche se senza record degni di nota (e quando si dice ciò si intendono i 35°-40° non i normali, per la stagione, 30°-35°). Ma personalmente opterei per una virata non così netta e credo che qualche affondo perturbato, magari più blando e meno capace di disturbare il clima delle regioni centrali tirreniche e di quelle meridionali, continuerà a rinfrescare l’aria, seppure in un contesto maggiormente stabile e soleggiato. Insomma la tintarella è assicurata anche per
chi non ha ancora messo piede al mare o in montagna.

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