Cosa lega il Liberty, Longiano e la Fonduta Borgognona?
Dopo aver visitato “la Ragazza con l’orecchino di perla” a Bologna sono andato a Forlì al Museo San Domenico per vedere “Liberty, uno stile per l’Italia Moderna”
Non nascondo che i colori, le forme, gli oggetti e l’architettura di quel periodo mi sono sempre piaciuti, per cui l’attesa e l’entusiasmo sono stati grandi!
La mostra identifica, per la prima volta rispetto alle diverse rassegne dedicate nel passato al Liberty, le specificità di uno stile attraverso una serie di capolavori della pittura e della scultura, che, seppur di artisti di formazione, poetica e linguaggio diversi, come Segantini, Previati, Boldini, Sartorio, De Carolis, Longoni, Morbelli, Nomellini, Kienerk, Chini, Casorati, Zecchin, Bistolfi, Canonica, Trentacoste, Andreotti, Baccarini rivelano contenuti e messaggi comuni, con i quali sono scandite le sezioni dedicate al mito, all’allegoria, al paesaggio declinato tra tensioni simboliste e una ricerca dell’assoluto che ci fa incantare davanti ai dipinti dedicati alla rappresentazione dei ghiacciai, visti come l’immagine della “montagna incantata” di Thomas Mann.
Il rilievo dato alle arti maggiori italiane non ha però escluso confronti con modelli ed interlocutori stranieri come Klinger, Klimt, von Stuck, Beardsley, Khnopff, Burne-Jones, e ha voluto favorire un dialogo nuovo con le altre tecniche ed espressioni artistiche in un’identificazione di quei valori decorativi che vengono confrontati con quelli pittorici e plastici nelle sezioni dedicate alla grafica, all’illustrazione, ai manifesti pubblicitari e alle infinite manifestazioni dell’architettura e delle arti applicate. Così i ferri battuti di Mazzucotelli e Bellotto; le ceramiche di Chini, Baccarini, Cambellotti, Spertini, Calzi; i manifesti di Dudovich, Hohenstein, Boccioni, Terzi, Mataloni, Beltrame, Palanti; i mobili di Zen, Issel, Basile, Bugatti, Fontana; i vestiti di Eleonora Duse, i merletti di Aemilia Ars e gli arazzi di Zecchin vivono di nuovi confronti. Ne emerge una figura del Liberty che è nella sostanza uno stile della vita.
Se la parte dedicata agli oggetti, manifesti compresi, ha soddisfatto pienamente la mia attesa, non altrettanto posso dire di quella dei quadri, in quanto con diversi pretesti si intromettono opere che non riportano i tratti e i colori di quel periodo che io tanto apprezzo, distraendo la vista dal concentrarsi su quelli che effettivamente costituiscono il target dell’esibizione.
Per ogni informazione pratica rimando come sempre al sito www.mostraliberty.it
Ma cosa c’entrano le altre due mete indicate nel titolo?
Il fatto è che la sera prima mi è venuta voglia di riassaggiare la fonduta borgognona, dopo almeno venti anni dall’ultima volta che la mangiai in loco in Francia.
Tramite Internet ho trovato un locale a Cesena (il Mastro Birraio) che la propone nel menu, ma apre alle 18. Come trascorrere allora il tempo fra la fine della visita e quell’orario? Mi è sembrata l’occasione giusta per portare mia moglie a Longiano, dove già ero stato (vedi Arengo n. 104, novembre 2013) nei mesi scorsi da solo.
E questa volta alla Rocca e al suo Museo ci hanno mostrato anche i sotterranei, dove i ragazzini stavano seguendo un Laboratorio di incisione, preparando matrici da passare poi sotto un torchio e che ospita un forno per ceramiche e anche moderni corsi di fotografia, photoshop e office.
Successivamente abbiamo visitato un interessante Museo della Ghisa (con opere restaurate da una locale fonderia) e gironzolando per il borgo, attraversando un rifugio antiaereo, un Museo del territorio dove sono ammucchiati non solo i soliti oggetti di origine contadina, che si trovano in diverse raccolte anche più vicine a noi come a Piamaggio di Monghidoro (recensito sul n. 0 dell’Arengo) o Pianoro (Arengo n. 35), ma anche cose più moderne come registratori a nastri, un videoregistratore VHS, un vecchio computer ecc. ecc. tutto ammucchiato in una confusione assolutamente massima! Molto ordinato abbiamo trovato invece il Museo di Arte Sacra.
Degna di particolare menzione l’attenzione che ci hanno rivolta i cittadini del Borgo: dalla biglietteria del Castello che ci ha indicato i posti da vedere, a quanti ci hanno accompagnato con spiegazioni da una meta all’altra forse per paura che ci perdessimo nei vicoletti..anche se a volte perdersi è bello!
E finalmente essendo arrivate le ore 18 siamo andati dal Mastro Birraio, a fianco della prestigiosa Biblioteca Malatestiana di Cesena, dove, accompagnata da un bicchiere di birra romagnola di loro produzione, abbiamo potuto gustare nuovamente la fonduta borgognona, a pochi chilometri da casa, intingendo le morbidi carni in un fornello di olio bollente, guarnito di gustose salsine come previsto dalla ricetta, senza neppure dover ricorrere al celeberrimo reparto Grandi Ustionati del locale nosocomio Bufalini.