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Scritto da nel Numero 106 - 1 Febbraio 2014, Scienza | 0 commenti

Camera doppia con pensione intera

Camera doppia con pensione intera

 

Facile prendersela con i deputati ed i senatori della Repubblica che si attaccano alle poltrone come cozze agli scogli, però vorrei vedere noi al loro posto.

Ormai è uno sport nazionale il “tiro al parlamentare” ma son buoni tutti a criticare il vino senza aver mai vendemmiato; siamo tutti capaci di parlar male di un fatto che non è nelle nostre prospettive verosimili e con il quale quindi non dovremo mai misurarci nella vita.

Ma se ci capitasse? Come minimo finiremmo per percorrere la parabola degli eletti del Movimento 5Stelle, i quali da cosiddetta “gente comune” si sono improvvisamente ritrovati a frequentare gli stessi palazzi e le stesse aule della politica e delle istituzioni, che un tempo avrebbero bombardato, per scoprire, seppure senza venir meno ai loro principi, che è tutto molto più complesso e sfumato. E nella peggiore delle ipotesi rischieremmo di lasciarci catturare ed avviluppare dagli agi e dalle prebende che una tale botta di culo ci porterebbe in dono. Ovviamente uso il verbo rischiare perché non voglio affatto negare che ci possa, e ci debba, essere un diverso modo di “rappresentare” gli elettori. Dico invece che non è così semplice, evidentemente, tradurre il pensiero in realtà e che spesso si finisce per tirare a campare sino alla pensione spettante per il proprio contributo alla causa del governo e della legislazione italiana. Pensione che peraltro matura assai più in fretta rispetto ai canonici 35-40 anni che servono per altri tipi di prestazione lavorativa.

Data questa premessa di natura socio-antropologica starei cauto a cantare vittoria ogniqualvolta si cantierizza una svolta dei meccanismi della rappresentatività, nella speranza di reperire sul mercato meno furfanti e più candidati/eletti virtuosi e illuminati.

Proporzionale puro o corretto, maggioritario ad un turno o a doppio turno, soglie di sbarramento, premi di governabilità e quant’altro, sono tutti stratagemmi, di volta in volta, e paese per paese, considerati vincenti e perfetti per poi venire demoliti a suon di critiche, se non di carte bollate e sentenze costituzionali. Rimane il fatto che se si scambiano i propri sistemi elettorali la Danimarca e il Mozambico, anziché la Nuova Zelanda e l’Uzbekistan, il tasso di disfunzioni e corruttele rimarrà invariato a discapito dei paesi terzomondisti e non si ribalterà, come per magia, solo a causa di un diverso metodo di vaglio delle candidature.

Quindi non è il tipo di urna che fa il Parlamento o quantomeno non ne determina la qualità ed è grottesco che ci si affanni in Parlamento per fare l’urna migliore, senza invece mettere al centro sia il tema di un rinnovamento complessivo della classe politica, in parte avvenuto ma a capocchia, con ceti di giovani delfini, indottrinati al raccontare il nulla, che sono più squali di alcuni vecchi democristiani d’un tempo, sia il tema di una concezione dell’attività politica come servizio prestato al paese, come un modo per mettere a disposizione della collettività le proprie idee, la propria intelligenza e volontà, il proprio modo di vedere la società.

Fatte tali premesse, nulla osta però per sbizzarrirmi anch’io nel giochino “Inventa un sistema elettorale e vinci una brioche alla buvette”.

Il sistema parlamentare italiano nato nel dopoguerra prevedeva il bicameralismo perfetto in quanto si ritenne che tale doppio vaglio sulla produzione delle leggi garantisse maggiormente i cittadini da eventuali forzature degli onorevoli, essendo ancora vivido il ricordo dell’esperienza dittariorale e fragili le strutture democratiche. Oggi è da tutti visto come una inutile perdita di tempo per l’approvazione delle normative e come un insostenibile raddoppio dei costi di mantenimento. All’estero, laddove vige la doppia camera, vi è una diversificazione dei ruoli (bicameralismo imperfetto) fra i membri dell’una e dell’altra, normalmente sulla base di rappresentatività territoriali; è il caso dei paesi federati in stati o regioni come gli Usa o la Germania.

In Italia ove, aldilà delle velleità leghiste, non vi è una tradizione di stato federale se non esclusivamente nel senso di uno “sfascio” dell’unità nazionale, si potrebbe però immaginare di differenziare comunque le funzioni e al contempo di applicare un diverso meccanismo di elezione. Alla camera bassa, dimezzata nei numeri, residuerebbero tutte le competenze di governo (fra cui la nomina e la sfiducia) e di legiferazione delle principali riforme. La camera alta, nell’ordine di un centinaio di membri, potrebbe avere poteri di indirizzo sulla legislazione territoriale, assorbendo anche funzioni delle abrogate province e poteri di controllo dell’attività dell’altra camera, magari non di veto ma di richiesta di riesame, di intervento tramite interrogazioni, emendamenti, proposte di iniziativa legislativa, presentabili automaticamente se richieste da una certa soglia di cittadini da essi rappresentati, etc. etc. Un impianto di prerogative che renda snelle e veloci le attività non prettamente di legiferazione che oggi sono in capo al Parlamento nel suo insieme, o meglio nella sua doppia veste con rimbalzo da una camera all’altra.

A tal punto la camera bassa potrebbe venire eletta attraverso un sistema maggioritario a doppio turno sul modello della elezione dei sindaci e quella alta su base proporzionale con sbarramento all’1- 1.5% dell’intero corpo elettorale (a prescindere quindi dal numero dei votanti), con collegi territoriali ristretti e indicazione delle preferenze, di modo da veicolare le istanze dal basso, anche quelle più disparate. Circa le clientele, il rapporto troppo stretto onorevole-territorio, le manipolazioni mafiose e quant’altro, ancora una volta non è il sistema elettorale, e nello specifico le preferenze, a produrre tali fenomeni ma dipende da un contesto globale in cui noi elettori abbiamo però il boccino del biliardo. Basta avere il buon gusto di rinunciare ad uno spicciolo (più o meno grosso a seconda degli status sociali) regalato in campagna elettorale, per avere un tesoretto dopo qualche anno di buon governo. Con più controlli e punizioni esemplari delle corruzioni/concussioni e con lo spirito di emulazione delle dinamiche virtuose (un po’ come per lo smettere di fumare) non è detto che non ce la si faccia e che si arrivi ad un tasso fisiologico di cattiva politica.

Fatta la riforma elettorale, se dovesse proseguire questa fottutissima pioggia che imperversa in questo anomalo inverno, non è detto che si riesca mai a raggiungere le urne, specie con un paese che cade a pezzi per via del dissesto idrogeologico. Quando finiranno i grandi apporti precipitativi, peraltro concentrati in pochi giorni ad intervallare lunghe pause soleggiate o nebbiose, a seconda del territorio? Quando e se in sostanza si passerà da un lungo autunno ad uno scampolo di inverno? Una data certa non si intravvede all’orizzonte e dunque, considerando che poi rimarrebbe solo un mesetto di inverno, si può concludere che non c’è trippa per gatti per i tifosi del freddo e della neve.

I motivi di tale ostinazione autunnale vanno cercati sempre nella brillantezza del vortice polare che gira come una trottola e impedisce gli scambi di pressione lungo i meridiani e quindi le colate artico-russe sul bacino mediterraneo, favorendo invece la circolazione da ovest che, a seconda del confine, più o meno meridionale, fra alte e basse pressioni, regala o piogge abbondanti o climi miti e cieli tersi, a parte il fenomeno delle nebbie e delle foschie in pianura.

Febbraio dovrebbe proprio cominciare così come sta finendo gennaio, anzi continuerà il generalizzato rialzo termico per correnti sciroccali e dunque i tentativi sul nord Italia di trasformazione della pioggia in neve, ormai già abortiti, non dovrebbero andare a buon fine nemmeno nelle prossime ondate perturbate, eccezion fatta ovviamente per le Alpi e gli alti Appennini. In particolare saranno ancora le regioni nord-occidentali e tirreniche a ricevere in tutta la prima settimana i maggiori apporti di acqua, anche se non verrà esentata alcuna regione. E moltissima neve cadrà ancora sull’arco alpino, anche quello orientale.

Piogge che potrebbero anche rivelarsi micidiali dal punto di vista dell’ingrossamento dei fiumi, degli allagamenti e delle frane. Solo intorno al finire della settimana, a partire dalle regioni meridionali tornerà ad ingerire sul tempo la cupola anticiclonica e quindi, oltre al relativo caldo, si rivedranno ampi spazi di cielo sereno. Le temperature al centro e al sud, già ora elevate, potrebbero schizzare di nuovo verso l’alto, dopo un primo abbassamento fra domenica e lunedì, e regalare un anticipo di primavera. Non è da escludere che a cavallo del 10-15 febbraio questa precoce primavera possa abbracciare l’intero stivale, costringendo il freddo alle alte latitudini europee.

Attenzione però a dare per morto l’inverno in quanto la seconda metà di febbraio e la prima settimana di marzo sono storicamente periodi che possono riservare terribili bordate gelide. Anche se al momento non se ne vedono i bagliori.

Se non vi aggradano tali previsioni….pazienza, non potete sceglierne altre, in quanto nemmeno a questo giro verranno introdotte le preferenze e dunque il listino bloccato del clima lo decidiamo noi. Se proprio “preferite” più freddo di quanto ipotizzato…migrate in Finlandia, vi troverete (forse) anche un Parlamento più pulito.

 

 

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