La nascita di una nuova sinistra non può più attendere
Il direttore ha chiesto un pezzo sulla nascita. È il mese di dicembre, c’è il Natale alle porte, quale argomento migliore? Tanto più in politica, dove l’avvicendamento fra liste morenti e partiti (ri)nascenti va per la maggiore. L’abbiamo visto in quasi tutte le coalizioni che si erano presentate alle politiche di nove mesi fa; già, sono passati solo nove mesi. Facciamo il punto cominciando a esaminare le cinque proposte – elencandole per i relativi candidati alla presidenza del Consiglio dei Ministri – che hanno creato più aspettative e che hanno ricevuto più consensi (oltre l’1% alla Camera, che ricordo trattarsi di 340.000 voti).
• Pierluigi Bersani (PD, SEL, CD, SVP): 29,55% alla Camera, 31,63% al Senato. L’ex segretario del PD è riuscito a non vincere le elezioni che tutti davano per vinte: maggioranza netta alla Camera, solo sfiorata al Senato. Il risultato è stato che dopo due mesi di totale incertezza e immobilismo l’incarico non è stato affidato a lui (che chiedeva il sostegno a tutto il Parlamento e in particolare al Movimento Cinque Stelle sulla base di otto semplici punti) bensì al suo vice, Enrico Letta, che ha formalizzato un accordo con la destra spaccando la coalizione. In sostanza, Sinistra Ecologia e Libertà non vota la fiducia ma valuta i singoli provvedimenti. Il PD stesso è spaccato, non solo in vista delle primarie dell’8 dicembre, ma per l’esistenza di più correnti che scalpitano con impeto sempre maggiore.
• Silvio Berlusconi (PdL, LN, FdI): 29,18% alla Camera, 30,72% al Senato. Nonostante la grande rimonta effettuata nelle settimane preelettorali, l’uomo che ha dominato il panorama politico nazionale negli ultimi 19 anni – arrivando a raggiungere il 40% dei consensi nel paese – ha visto crollare la sua piattaforma. Si è trovato al governo – ma non lui, i suoi – con quelli che continua a definire comunisti e ha assistito al disfacimento della Lega Nord (in crisi e spaccata al suo interno) e della Casa delle Libertà. Già una costola si era staccata prima delle elezioni: Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni, Ignazio La Russa e Guido Crosetto, ovvero due ministri e un sottosegretario dell’ultimo governo Berlusconi, hanno sfiorato il 2%. Oggi il PdL – che a febbraio ha racimolato in tutto un misero 22%, altro che il 38% di cinque anni prima – si è spaccato e con la rinascita di Forza Italia, i cui nuovi protagonisti rispondono ai nomi di Raffaele Fitto e Daniela Santanché, a sostenere il governo sono rimasti i governativi del vicepresidente del Consiglio Angelino Alfano. Questi vedono la possibilità di creare un nuovo centrodestra (così si chiamano i loro gruppi parlamentari) relegando alla destra più radicale i fedelissimi del Cavaliere.
• Beppe Grillo (M5S): 25,56% alla Camera, 23,79% al Senato. Il Movimento Cinque Stelle è fatto di donne e uomini che dicono di non avere ambizioni personali, ma non per tutti è così. Fatto sta che per scelta o per epurazione il corpus degli eletti non è più così unito, e il sistema falsamente democratico ed effettivamente oligarchico che regola le prese di posizione del movimento turba gli animi dei grillini. Ricordo che se in Italia non vige il vincolo di mandato per deputati e senatori c’è un motivo cartesiano, ed è supremo: si chiama libertà di pensiero. L’M5S si spacca continuamente su una contraddizione (sono antipartitici ma vogliono esser vincolati agli elettori) e su una fermezza basata troppo poco sulla sostanza dei provvedimenti e davvero troppo sul populismo online.
• Mario Monti (SC, UdC): 10,56% alla Camera, 9,13% al Senato. Scelta Civica e UdC sono già scisse da un esperimento fallito: troppe incongruenze fra la supponenza dell’ex premier Mario Monti, il supercentrismo diaconale di Pier Ferdinando Casini e il destrismo dell’attuale ministro della Difesa Mario Mauro, parlamentare forzitaliota dal 1999. Risultato: i voti montiani confluiranno in qualche nuova formazione di centro (o nella vecchia UdC), nel Nuovo Centrodestra di Alfano e probabilmente nel PD che sarà guidato da Renzi.
• Antonio Ingroia (RC): 2,25% alla Camera, 1,79% al Senato. Un disastro epocale, che ha mostrato come la lezione di cinque anni prima (Sinistra Arcobaleno, ricordate? 3% e i saluti di Fausto Bertinotti alla politica italiana) non sia servita a nulla. La lista era composta da Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Italia dei Valori, la Rete di Leoluca Orlando, i Verdi di Angelo Bonelli e gli Arancioni di Luigi De Magistris. Nessuno in Parlamento, flop alle amministrative, un vero capitombolo.
Il Natale dei partiti
Così, con un governo che unisce centrosinistra, centro e centrodestra, possiamo dire di ritrovarci davanti a una nuova forma di compromesso storico, mentre all’opposizione (da Forza Italia al Movimento Cinque Stelle passando per la Lega Nord) si crea un trasversalismo su più temi – euroscetticismo su tutti – e soprattutto sulla modalità di fare politica proponendo poco e sbraitando molto; su questo punto è assai curioso come si assomiglino Daniela Santanché e Beppe Grillo nel modo tranchant di gestire le argomentazioni. Forza Italia e M5S puntano al 51% e ciò viene detto pubblicamente, perché “solo così si possono fare davvero le riforme”: e con una frase cito sia Berlusconi sia il comico genovese.
E la sinistra? Che fine ha fatto la sinistra? La sinistra non c’è più, è in attesa, è sospesa. Al di fuori di Sinistra Ecologia e Libertà c’è solo il mare in tempesta dei partitini che un tempo furono grandi, delle associazioni e delle realtà locali. Ma coordinare tutti nel voto sembra difficile, addirittura impossibile sulla base di una proposta politica elaborata esclusivamente per un evento elettorale. Del resto, quei voti difficilmente andranno a Matteo Renzi se sarà lui il candidato del PD alla presidenza del Consiglio dei Ministri. Diverso sarebbe, forse, il caso in cui il Partito Democratico proponesse Gianni Cuperlo o Pippo Civati.
Se dunque non si profilerà una spaccatura vera e propria nel PD sarà difficile che possa nascere un partito di sinistra nel quale – oltre a rifiutare accordi con il centrodestra e la destra – si sappia dire con fermezza no al vuoto spettacolarismo di Renzi e no al vuoto populismo di Grillo, promuovendo invece una politica che abbia al centro della sua azione il lavoro, la salute, l’istruzione e i diritti civili. Per ora quello spazio è occupato solo da SEL, che evidentemente non riesce a attrarre la fiducia degli italiani. Ma gli elettori di sinistra sono sfiniti. Quando l’Unione vinse le elezioni nel 2006, alla Camera Rifondazione e i Comunisti Italiani guadagnarono le ics di più di tre milioni di italiani (8,16%); al Senato, candidati separatamente dalla Margherita, i Democratici di Sinistra presero il 17,5%. Questo significa che ci sono due principali possibilità: o in sette anni nove milioni di italiani di sinistra sono morti stecchiti, oppure in potenza una lista di sinistra può funzionare ed entrare in Parlamento per essere determinante. Ci sono milioni di italiani che non vogliono votare né per Paolo Ferrero né per Matteo Renzi, ma che voterebbero volentieri un grande partito di sinistra. Forse basterebbe che esistesse. E con questa – mica tanto nuova – idea di natività politica rivolgo a lettrici e lettori dell’Arengo i miei auguri perché passino un buon Natale e possano salutare un gioioso anno nuovo.