Disastro politico di un’imbalsamata classe dirigente
Chi scrive di politica in Italia credo provi un grande imbarazzo nell’affrontare sempre gli stessi temi, nell’esprimere i medesimi auspici, nel disegnare scenari che puntualmente non si verificano a causa dello stato di imbalsamazione in cui vive la nostra modesta classe dirigente.
Questa situazione scontata ed insuperabile è caratterizzata da una serie di gigantesche anomalie per una democrazia consolidata, che la scienza politica potrà spiegare solo se sconfinerà in primo luogo nella storia e poi negli studi delle scienze sociali ed economiche.
Le gigantesche anomalie del sistema istituzionale sono arcinote e vanno dal bicameralismo (im)perfetto ad un sistema elettorale che sarà a breve dichiarato incostituzionale. I gruppi parlamentari sono espressioni di partiti a loro volta «anomali». Il Partito democratico è dalla nascita vittima di una clamorosa crisi esistenziale e non pare in grado di offrire un’articolata proposta politica a livello nazionale. Incapacità che caratterizza anche il Popolo delle libertà, impegnato a difendere il suo padrone dai guai giudiziari che bastano da soli a qualificare un personaggio che ha fatto tanto male all’Italia. Soprattutto a causa della diffusione di un fenomeno anti-culturale, il «berlusconismo», che si colloca agli antipodi del senso civico, riproducendosi con le armi della delegittimazione, della volgarità, del semplicismo. Il Movimento Cinque stelle è un altro agglomerato politico indefinito che si perde spesso nella cocciutaggine del suo leader. Il Centro è elemento inutile perché già presente in tutti gli schieramenti mentre la Sinistra è rappresentata da un partitino (Sinistra ecologia e libertà) che non ha passato né futuro, nell’eterna attesa di una (auspicabile) scissione all’interno del Pd.
Il risultato è un immobilismo clamoroso ben interpretato dal governo Letta che è una sintesi perfetta del disastro politico italiano. Non si discute di politiche, ma di decadenza di Berlusconi e sopravvivenza dell’esecutivo Letta.
Questo disgustoso scenario è reso possibile dall’assenza di fermenti culturali e sociali. La crisi economica non ha prodotto riflessioni e concreto desiderio di cambiamento, ma un unico grande lamento che, essendo generalizzato, non chiama in causa in maniera specifica le mille cause dei mille problemi. E, ancor meno, i responsabili.
Nella lingua cinese, come ripetuto in continuazione negli ultimi anni, si usa lo stesso termine per crisi ed opportunità. La crisi italiana, che è pervicace a tutti i livelli (e quello economico è solo una conseguenza degli altri), si presterebbe perfettamente a questo duplice significato: niente di meglio di un azzeramento per ricominciare, facendo tesoro dell’esperienza e degli errori commessi.
L’azzeramento dovrebbe partire dal sistema istituzionale e, forse, prima dai partiti che devono ricostruire questo sistema. Ecco, la realtà italiana è svilente proprio per questo: da un lato c’è la consapevolezza latente dell’importanza dei partiti quale democratica rappresentanza della popolazione e del loro ruolo decisivo nell’elaborare decisioni che regolino in maniera armoniosa la società, cercando il superamento delle innumerevoli problematiche che la caratterizzano. D’altronde lo spettacolo al quale si assiste ogni giorno frustra questo desiderio di cambiamento perché lo si reputa, osservando gli attori che dovrebbero implementarlo, semplicemente irrealizzabile.
Partiti coerenti e radicati, aperti ai loro rappresentati, dovrebbero indicare le strategie per migliorare la vita dei cittadini – tutelando ambiente, lavoro, coesione sociale, giustizia, economia – in maniera sussidiaria a livello amministrativo comunale, provinciale, regionale, nazionale. Proponendo chiaramente i progetti di politica energetica, industriale, ambientale, economica, sociale. Ed esplicitando per bene anche la loro idea di politica estera che ora, nel suo essere improvvisata ed indefinita, risulta praticamente assente.
Non si vuole ricadere qui nel grande calderone delle sommarie critiche alle politica. Questa è pratica diffusa, stucchevole ed inutile. Altamente deresponsabilizzante per il cittadino. Certo, è veramente inspiegabile la desolazione di questo panorama politico. Che produce situazioni assurde. Come l’intercettazione telefonica fra il Ministro Cancellieri e Ligresti. O il pasticcio di Alitalia, un’azienda fallita a causa di un nazionalismo fuori luogo e una demagogia spicciola che all’epoca hanno impedito alla compagnia di bandiera di accettare l’ottima offerta di Air France. Scelta sciagurata pagata poi dai contribuenti.
Più che dilettarsi a dare ricette per uscire da questa impasse, il cittadino ha un compito piuttosto semplice di fronte a questa politica imbalsamata contrassegnata da una dialettica che non è sostanziale ma solo un teatrino da dare in pasto a telegiornale e talk show. Fare il suo dovere. Niente miracoli, dunque, ma onestà e professionalità sul lavoro, grande consapevolezza nella veste di consumatore, attenzione nell’informarsi e partecipazione politica scevra da pregiudizi e lontana dalla solita critica generalizzata.
Soprattutto, occorre che il cittadino si faccia uomo e superi il più grande difetto dell’essere umano moderno: l’aver spezzato il rapporto con Madre Natura. Partendo dal rispetto e dall’educata valorizzazione del nostro meraviglioso territorio, così violentato dal cemento e da infrastrutture orribili ed inutili, si può ritrovare quella serenità che, accanto al succitato buon senso, porterà l’imbalsamata classe politica e dirigente a sentirsi fuori luogo e a farsi da parte. Una rivoluzione a voce bassa quindi, segnata dal senso civico e da una rinnovata e responsabile coscienza.
Diversamente, se si continuerà per inerzia ad assistere ai capricci dei governanti, attendendo grandi cambiamenti dall’alto, l’Italia continuerà a rappresentare una delle tante facce della crisi dell’umanità.