A gingillarsi con la Cosa Pubblica
Se il principio della separazione dei poteri fonda l’effettualità di un regime di condotta democratica, è sorprendente il fatto che l’attuale presidente del Consiglio dei Ministri trascuri un concetto così basilare per la sussistenza delle grandiose ed auto-osannanti democrazie occidentali. Intervistato poche ore fa da un Fabio Fazio quanto meno accondiscendente, Enrico Letta non ha nascosto come si aspetta che gli sia consentito portare avanti il suo attuale incarico istituzionale: grazie a un Parlamento che consenta di convertire in legge i decreti di Palazzo Chigi. Esattamente come accadeva quando troneggiava Silvio Berlusconi – e così fece anche Mario Monti – la Camera e il Senato dovrebbero servire unicamente a ratificare la più creativa nullafacenza politica e il sostegno allo sfruttamento capitalistico, avallando sempre e comunque le richieste del premier e trascurando il ruolo di primaria importanza che ha l’iniziativa di legge parlamentare nella concezione di rappresentanza sancita dalla nostra Costituzione.
Essendo tuttavia improbabile che lo spirito di Montesquieu possa sfiorare gli impulsi elettrici nella scatola cranica del presidente Letta, dobbiamo confrontarci con questo atteggiamento almeno fino alla prossima legislatura. Già, perché si dia credito o meno alla bontà degli intenti che muovono le persone di PD, Scelta Civica, UdC e PdL (o quel che è) a unirsi in un governo di Große Koalition, è vero che votare ancora con il Porcellum riproporrebbe una situazione di instabilità politica più o meno identica a quella attuale. È altresì vero che tra le prime cose da fare c’era proprio la legge elettorale, ma l’accordo non è stato trovato e così i tre partiti con più peso quanto a numero di seggi si rimpallano la responsabilità del fallimento. Insomma, votare sarebbe bello ma è inutile. E con questa sacra ragione di stato – ovvero scusa becera di poltronismo – si deve almeno provare a tirare innanzi. Tirare innanzi a furia di parole; perché di provvedimenti veri se ne sono visti pochi, per la gente. Il PD ha accettato ogni ricatto politico del grande alleato, il PdL, formalizzando quella rincorsa al centro iniziata vent’anni fa (il videoclip in calce all’articolo, del 1994, sa di profezia) e dimenticando il ruolo di difensore dei più deboli che dovrebbe ben tenere a mente chi ha aspirazioni democratiche e socialiste. Spiccioli dati alle emergenze sociali, alla salute, alla scuola e alla cultura, a fronte di grandi strizzate d’occhio ai potenti e ai ricchi in difficoltà: i padroni delle grandi industrie dell’acciaio, dell’auto, dei trasporti aerei, delle telecomunicazioni, delle costruzioni. E mentre l’IVA su un paio di scarpe continua ad aumentare, la tassazione sulle rendite finanziarie non viene sfiorata, a tutto vantaggio dei Gordon Gekko de noantri.
Dov’è finito quel desiderio di equità che tanto ostentavano le pronunciazioni pubbliche dei ministri di questo governo (e anche di quello precedente, per verità)? Dov’è finita la promessa di un gran daffare nei primi cento giorni come dimostrazione che a Palazzo Chigi siede gente seria (“pensiamo a lavorare”, dicevano)? Fu fatto addirittura un mini-sito ufficiale: oggi, pur disponendo della migliore connessione a Internet, cliccando sul link la pagina non si apre. Appare sulla barra di navigazione la scritta “Errore caricamento pagina”, quindi la schermata che si vede nell’immagine d’apertura di questo articolo.
È certamente solo un caso, e i protagonisti delle larghe intese saranno in grado di esprimere con turbini di parole vacue quella che chiamano – anche a fronte di risultati scarsi o negativi – una forte azione di governo. Altrettanto certamente, non sarà un caso se a un’evoluzione politica incurante dei bisogni delle persone seguirà un’incredibile opposizione.