VIAGGIARE. Come e perché.
L’essere umano per migliaia di anni non è stato un individuo stanziale, ma un nomade che, seguendo il suo istinto migratorio, si è mosso dietro la mandrie o a caccia del cibo per sopravvivere Il bisogno di girovagare è un istinto ereditato dai nostri progenitori che si perpetua in forme diverse riconducibili sempre ad un impulso primordiale. Basta pensare al dondolio che accompagna la ninna nanna che calma i neonati, molto simile al movimento del camminare.
L’essere umano, viaggiando, vuole soddisfare i bisogni profondi che sono quelli dell’avventura, del gioco, del cambiamento, della curiosità e della conoscenza, dell’incontro con gli altri, ma anche il desiderio di stabilire un contatto con le vestigie e le tracce di coloro che ci hanno preceduto e di fruire la bellezza delle opere tramandate. Il viaggiare, inoltre, richiama anche i riti di iniziazione delle società primitive perché esso implica sempre un passaggio, segreto o palese, dalla propria comunità ad un’altra comunità più allargata e più dinamica che si apre ad orizzonti nuovi. In ogni caso il viaggio è sempre associato all’avventura che porta con sé l’imprevisto, la sorpresa, l’incontro.
Qualcuno ha detto che “I nostri pensieri nel chiuso di una stanza diventano pollame: non si librano più in volo”. Per questo il viaggio è anche un gioco che ci fa entrare nella vita degli altri e ci aiuta ad entrare meglio anche nella nostra vita. Viaggiare è quindi metafora della vita, esperienza esaltante umana e culturale perché diventa appunto vita vissuta. La vita ha bisogno di conoscere e la cultura ha bisogno della vita. Viaggiare in definitiva è anche diaspora, migrazione, turismo, pellegrinaggio: forme tutte riconducibili all’istinto migratorio ancestrale. Purtroppo nelle società consumistiche e postmoderne si fanno spesso spostamenti, ma non si realizzano viaggi autentici. Così quel bisogno ancestrale viene intessuto nell’ordito delle regole consumistiche della società contemporanea.
L’industria turistica intercetta quei bisogni profondi dell’uomo e dà risposte diluite nei pacchetti <tutto incluso>. Questo fenomeno prende corpo nelle città in cui, con le ferie degli stabilimenti industriali, mezza popolazione si riversa sui monti e al mare e le vacanze vengono organizzate dai “tour operator” che, con scelte collettive e livellate, scaricano i gitanti nei ristoranti in cui si trovano tavoli già pronti, con menù a prezzo fisso, mentre la radio gracida a volume assordante e i ragazzi si isolano smaniosi con l’ Ipad. Prevalgono così mode e atteggiamenti che fanno scolorire e scomparire le esperienze culturali e le avventure, proprie del viaggiare. Spesso gli spostamenti si trasformano in comportamenti compulsivi e maniacali volti alla ricerca affannosa dei gadget e souvenir che, al ritorno a casa, diventano ricordi sbiaditi di luoghi meravigliosi. Per concludere occorre dire che la letteratura antica e moderna ha immortalato personaggi-simbolo del viaggiare:
• Ulisse. Protagonista dell’Odissea di Omero che viaggia a lungo per mare e per terra. L’eroe omerico è simbolo dell’uomo che non riesce a fermarsi perché animato da irrefrenabile ansia di conoscere. Quello di Ulisse è un viaggio di ritorno che si propone il raggiungimento di uno scopo.
• Don Chisciotte. Il cavaliere errante senza meta di Miguel de Cervantes, che viaggia alla ricerca della libertà, andando incontro ad avventure oltre il limite della fantasia e del sogno. Don Chisciotte è il personaggio simbolico e parodistico, vanamente eroico e combattivo che, al di là della parodia del romanzo cavalleresco, è sempre alla ricerca di nuove fantasiose esperienze.
Ulisse e Don Chisciotte simboleggiano l’irrequietezza dell’essere umano, sempre alla ricerca di ciò che gli manca. Perché l’uomo è ciò che è ma è anche ciò che ancora non ha.