Quale crisi nel Partito Democratico
Il partito che più è uscito malconcio dall’indegna situazione manifestatasi nel Parlamento nel corso dell’elezione del Presidente della Repubblica è sicuramente il Partito Democratico.
Quello che si è evidenziato in quella sede non è niente di inaspettato, le anime di quel partito sono sempre state eccessivamente conflittuali. Il conflitto fra due anime profondamente diverse che negli anni hanno sempre ritardato un confronto serio ed aspro, cercando di fare coesistere come separati in casa aspetti più difficilmente conciliabili, ha portato ad una situazione che, nell’arco di quarantott’ore, ha reso inqualificabile l’operato di persone elette non più tardi di due mesi fa, la maggior parte delle quali sono state selezionate dagli elettori stessi a seguito delle primarie indette alla fine dello scorso anno. Le due proposte in campo, tra loro molto diverse, si sono palesate nel corso dei primi scrutini. Infatti, da una posizione di ricerca di un consenso più ampio, che aveva portato alla candidatura del Franco Marini rispetto alla quale si era costruito un dialogo con le altre forze presenti in Parlamento, si è in modo repentino virato verso una posizione di chiusura a qualsiasi dialogo, candidando una personalità importante del PD. Una personalità ritenuta però di rottura da alcune forze politiche e senza che vi fosse alcun accordo con nessuno dei Partiti presenti in Parlamento. Si è arrivati quindi a proporre una personalità riconosciuta per un ruolo importante senza il dovuto ampio consenso, priva di alcuna garanzia rispetto ai numeri occorrenti per poter essere eletta.
L’epilogo di quella spiacevole situazione ormai è cronaca e il gruppo dirigente del partito si è dimesso. Si aprirà quindi una situazione molto difficile che dovrà portare al salvataggio di quel partito ed a scongiurare qualsiasi spinta alla scissione. Sarà importante costruire un nuovo percorso che dia un senso e una struttura politica forte a una realtà che si è frantumata al primo serio momento di assunzione di responsabilità.
Riprendendo il tema di questo numero de l’Arengo, sentimenti di pazienza e costanza dovranno animare il percorso di rinnovamento di un Partito che ancor oggi rappresenta un terzo del Parlamento. Dalle prime esternazioni di alcuni esponenti importanti, si ha l’impressione che non si sia capita l’enormità ed il livello di problematica venuta alla luce. Ciò di cui si sta parlando infatti non è un problema di persone ma di metodo e di contenuti. Per troppi anni si è operato per costruire un’alternativa alle forze di centrodestra che non fossero incentrata sulle proposte per il governo dell’Italia, ma semplicemente si lavorava ad un’alternativa di principio. Conseguentemente è stata allevata una classe politica in questi vent’anni, sia sulla scena nazionale sia su quella locale, schiava del consenso, incapace di essere un attore del cambiamento. Oggi queste forze non sono capaci di interpretare le esigenze del Paese, di tutto il Paese, ma si fanno orientare solo dal proprio elettorato, senza confrontarsi con le esigenze dei cittadini, esigenze sulle quali costruire un’alternativa di governo.
Questa crisi affonda le radici in anni passati, negli anni in cui un giusto moto sui temi della questione morale è stato male interpretato e derubricato a semplice moralismo. Alla luce dei grandi cambiamenti internazionali e sociali intercorsi dagli anni ottanta ad oggi, si sarebbe dovuto rispondere con un adeguato ripensamento del modo di fare Politica e dei contenuti della proposta da sottoporre all’elettorato. Invece si è proseguito nel più semplice percorso di radicalizzazione, di ricerca continua del nemico pubblico sul quale tentare di aggregare un consenso strutturalmente di parte, dimenticandosi che in questo modo, in considerazione dell’orientamento politico di massima dell’elettorato italiano, si sarebbe fatto un piacere al centrodestra.
La traversata nel deserto che porterà a una forza politica moderna ed europea, che prenda le mosse da quella che è l’esperienza della sinistra in tutti le moderne democrazie, sarà lunga e complessa. Nel contempo bisognerà cercare di sfruttare al meglio il lavoro di Napolitano per evitare una scadenza elettorale a breve che potrebbe mettere in seria difficoltà qualsiasi spinta al rinnovamento, aggravando anzi le tensioni interne.