Il prosciutto sugli occhi
È la pazienza che fa i forti, dice il proverbio; è la loro virtù più importante. E un grande esercizio di pazienza è richiesto a chi guarda le evoluzioni politiche di una legislatura, la diciassettesima della Repubblica Italiana, apparentemente incapace di autogestirsi, tanto da chiedere a gran voce e per cortesia la rielezione del garante supremo. Vittorio Emanuele II era sovrano per grazia di Dio e per volontà della nazione; oltre alla volontà della nazione, oggi Giorgio Napolitano è presidente per disgrazia dello stallo politico. A lui si sono rivolti politici di centrodestra e di centrosinistra, costituendo di fatto con quel voto (ma era già successo con la presidenza del Senato) una maggioranza politica del tutto discosta da quanto annunciato al corpo elettorale prima del – e in cerca del – voto alle scorse elezioni. Lo sbocco naturale di tale scelta, peraltro perfettamente legittima, è stato l’altrettanto legittimo avallo del governo Letta, che dovrà accompagnare il Paese lungo un percorso difficile. La Grosse Koalition all’italiana consegna certamente all’estero un’immagine della politica nostrana più forte di quanto non sia, ma risulta anche come uno schiaffo a chi predicava la morte dei partiti. Ecco il pugno di ferro del palazzo, ecco il leon piagato a morte che ruggendo fa tremare di paura il cacciatore che l’ha ferito.
Si è detto che il governo Letta è democristiano, ma è più complesso di così: è un governo con elementi di varia estrazione a cui è richiesto di attuare politiche mai in linea, volta per volta, con larga parte dell’elettorato rappresentato dalle figure che ne fanno parte. Un’accozzaglia litigiosa formata con un metodo inusuale data la legge elettorale che abbiamo in vigore; ma a ben vedere, più in basso di così non si può arrivare. Ricapitoliamo. Dopo tanti anni di berlusconismo e di sgoverno del Paese, tocca all’esperienza montiana. A palazzo Chigi va un tecnico, uno sopra le parti (vedi “The pursuit of happiness”, n. 85, e “L’inganno delle riforme”, n. 91) che dopo aver macellato la socialità si presenta alle elezioni mostrando che sopra le parti non era. Il suo sogno non si avvera; riceve meno voti di quelli che sperava, forse perché in effetti in un anno e mezzo è riuscito a mettere in atto diverse politiche così iperliberistiche, e perciò illiberali, che nemmanco Berlusconi era riuscito a farle approvare dai suoi. Il problema è che si verifica una situazione per cui il parlamento è composto da tre grandi blocchi, ciascuno fermo sulle sue posizioni: per la formazione del governo, il PDL vuole dialogare col PD ma il PD non vuole; il PD vuole dialogare con il M5S ma il M5S non vuole; il M5S vuole governare ma non vuole dialogare con nessuno. Poi arriva il momento dell’elezione del presidente della Repubblica. Qui il PD vuole dialogare con se stesso ma se stesso non vuole; il M5S vuole dialogare col PD ma il PD non vuole (neanche con la promessa di un appoggio governativo); il PDL vuole presiedere ma non vuole dialogare con nessuno. A quel punto, Bersani e Berlusconi salgono al Quirinale accompagnati da Monti, chiedendo a Napolitano di restare al suo posto: poi faranno quel che vuole. Ma sanno bene cosa vuole Napolitano (e ammetto che secondo me, nel presidente, c’è sempre la buona fede di un uomo anziano che cerca il male minore per il Paese); così accettano il governo di tutti. A me sembra una gran presa per i fondelli, ma staremo a vedere.
Non posso far finta di niente se Alfano è vicepresidente del consiglio e Mauro è ministro della Difesa. Non posso far finta di niente se Letta è premier. Si tratta delle persone che insieme hanno portato l’Italia in queste condizioni, salvo poi dividersi promettendo alle elezioni un cambio di marcia. Dov’è il cambio di marcia, chiedo al PD? Ci ricordiamo che il ministro della Difesa esultava per il prestito agevolato della BCE alle banche italiane? Quei miliardi di euro prestati all’1% dovevano servire per far ripartire le piccole e medie imprese, cominciando a concedere nuovi mutui agevolati. E invece puf! In un batter d’occhio, i banchieri avevano investito tutto in BOT, facendo indebitare ancor più lo Stato. È questo il ruolo di un governo equo? E come possiamo fidarci di questa gente? Come possiamo accettare che si parli di alte figure istituzionali? Come si può avere ancora il prosciutto sugli occhi e accettare che centinaia di bugiardi, ignoranti e arrampicatori sociali ricoprano ruoli esecutivi che non competono loro?
Caro Enrico Letta, questa è l’ultima occasione. O dimostrerete qualcosa facendo qualcosa, o l’incartocciamento che mostrate vi avvilupperà e questi piccoli colpi di mano non avranno più seguito. Del resto, io spero che ogni governo di ogni parte politica (anche uno di tutte le parti politiche tranne la Sinistra, come questo) possa agire per il bene del suo paese. Mostrateci che siete brave persone! Abbracciate la concretezza e date effetto alle parole che pronunciate da troppo tempo! E volentieri ammetteremo di aver avuto torto a temervi; e saremo sempre pronti a smettere di dire che siete una lozza banda di farabutti, cambiando l’idea che ci eravamo fatti. Perché, come diceva il buon Torquato, “nel mondo mutabile e leggiero, costanza è spesso il variar pensiero”.