Silvio o Lazzaro?
“Dimesso un Papa se ne fa un altro”. Suona quasi meglio del motto originale, non fosse altro perché risulta meno sinistro. Non è però una quisquilia, una sorpresina da uovo di Pasqua del discount, che Ratzinger si sia dimesso e che si sia dovuto eleggere un nuovo Papa, eppure, in questo villaggio globale multimediatico che è diventata la nostra società, ormai digeriamo nello spazio di ventiquattro ore qualsiasi notizia. Potrebbero persino venirci a raccontare che dei cittadini normali, onesti, appassionati, hanno invaso Montecitorio, che non faremmo una piega ed il giorno dopo, scrollando le spalle, diremmo: “ah! bene…vabbè… tanto dallo stesso portone da cui hanno fatto irruzione prima o poi usciranno”. In una deriva senza fine potrebbero passarci sopra a cavallo di minotauri che ci tireremmo su mezzi intontiti e continueremmo a gingillarci con i nostri affanni quotidiani come nulla fosse. Quando le notizie si tramandavano lente, di contea in contea, di città in città, tutto destava scalpore, anche se la marchesa saltava un ciclo mestruale ed oggi invece pare di vivere in un impastatore vorticoso di fatti, dove si mescolano anni, luoghi geografici, realtà virtuali, personaggi di caratura indecifrabile ai posteri, intendendo per posteri gli astanti del mese successivo.
Quindi anche la “bomba” delle dimissioni dal pontificato ci scuote il giusto. Al più ci interroga sulla presunta contraddizione fra un gesto di umiltà così dirompente (qualcuno potrebbe obiettare di viltà) e l’immaginario relativo alla tenacia ed asperità del carattere teutonico. In fondo non se l’aspettava nessuno l’abbandono e quindi un po’ di meraviglia c’è stata ma, al netto dello scarto di alfabetizzazione mondiale, sono convinto che ci fu più dibattito quando si dimisero Celestino V o Gregorio XII. Oggi chi ha tempo e voglia di fermarsi a ragionare? A ricordare? A sviscerare gli eventi? Oggi i fatti si vivono e ciò ci basta. Oggi se vedessimo Lazzaro alzarsi dal suo letto di morte non salteremmo più dalle sedie impagliate per andare a strillare per strada “miracolo… miracolo” ma gli chiederemmo “come va vecchio?”.
Del resto siamo così svampiti e disincantati che da più di un ventennio assistiamo senza colpo ferire alla resurrezione di ben altro malato; un malato di soldi, di successo e di sesso, uno che alla fine rappresenta e sublima le nostre stesse malattie, più o meno nascoste.
Soldi, successo, sesso…Silvio. Già, con tutte quelle esse chi sennò? Quante volte è resuscitato e senza nemmeno l’ausilio di Gesù? Personalmente ne ho perso il conto, così come tutti coloro che ne hanno scavato la fossa con i badili per poi tranciare l’aria a ritroso in un inutile operazione di movimento terra. Che se poi fosse il cavaliere il problema! Stiamo parlando di un anziano cabarettista invecchiato male, minato nella salute fisica e mentale. Un bel salvacondotto giudiziario e non se ne parli più, un condono tombale ad personam sui reati pregressi e financo un incarico di prestigio quale ambasciatore del made in Italy nel mondo. Del resto perché si dovrebbe avere livore per un virus, una volta isolato e classificato? Non si dovrà piuttosto combattere l’epidemia che ha innescato? Ecco, appunto, questo sì che non si è fatto abbastanza o comunque non lo si è fatto in modo efficace ed anche quando ci sembra che si possa sconfiggere per sempre, il berlusconismo risorge dalle ceneri.
Era spacciato un anno e mezzo fa. Un fenomeno in disfacimento da cui prendevano le distanze tutti o quasi, compresi capomastri e grancasse, da Ferrara a Belpietro, lasciando il melanconico Bondi da solo al reparto lisciatura del pelo. Eppure non c’è niente da fare per il centrosinistra o per qualunque schieramento volesse proporsi come alternativo all’ideale berlusconiano di società: quando il suo leader pare ormai inghiottito dalla melma delle sabbie mobili trova nella sua creatura gli appigli che gli permettono di risorgere. E’ il modello di società che ha plasmato già dagli anni 80 con le novelas di Rete 4 e gli show di Canale 5 che si ridesta e gli corre in soccorso perché peraltro non fa che salvare sé stesso ed autoassolversi. Per lavare le coscienze cosa c’è di meglio che dimenticare il prima possibile? Cosa può giovare più di un incessante rovescio d’acqua che tutto ripulisce e tutto riazzera?
Inoltre per alimentare l’operazione di rimozione continua delle scorie e dei sedimenti mnemonici possono risultare utili dei pretesti. Ed in effetti di alibi di lusso è infarcita la storia d’Italia dell’ultimo ventennio; basti dire della pochezza morale, ideologica e di programma delle sinistre moderate, o dello scollamento con la base e della rissosità delle sinistre radicali, o della magica e ciclica apparizione dei fenomeni da “botto elettorale”: la Lega prima, i radicali ogni tanto, il Movimento 5 Stelle oggi. Tutto giova alla resurrezione di Silvio-Lazzaro e della sua masnada di cortigiani e tutto giova soprattutto alla oligarchia che, tenendo per le palle questa casta putrefatta di ex democristiani ed ex socialisti, di massoni e speculatori, di nani e ballerine, sguazza nell’impunità e nella certezza che le proprie rendite di posizione non verranno mai scalfite. Insomma fra pochi giorni è Pasqua, soprattutto per chi è abituato a ritornare in gloria; invece per i comuni mortali è sempre la solita Via Crucis.
Mi si dirà che ho già detto spesso di questa incapacità della nostra società di volgere i ricordi all’indietro e di relativizzare anche realtà e verità incontrovertibili. E’ probabile. Ma se tutti dimenticano tutto così velocemente perché mai solo io dovrei ricordarmi di aver già dibattuto tali argomentazioni?
Venendo all’altra defunta in attesa di resurrezione, ossia alla bella stagione, dobbiamo subito dire che erano davvero molti anni che non si faceva attendere così a lungo; o comunque da tempo non si ostinava a nascondersi in maniera così scrupolosa. Il bilancio del mese di marzo testimonia come si sia trattato in realtà di un periodo di prolungamento della stagione invernale, in quanto oltre alle temperature rigide, la sua anomalia è consistita nella prevalenza di cieli grigi, per giorni e giorni, su gran parte del paese. Quasi si manifestasse la tendenza ad un ritorno agli anni ‘70 e ’80, quando le stagioni intermedie, oltre che apportatrici di acqua, specie al Settentrione finivano per avere connotati scarsamente estivi come invece è accaduto negli ultimi due decenni.
Ancora aprile partirà all’insegna dell’Atlantico, della variabilità, delle piogge alternate a schiarite, con esigue possibilità di consolidamento del tepore primaverile. In particolare il nord rimarrà sotto l’influenza di una circolazione ciclonica, con caratteristiche peraltro fredde, che la farà da padrona per una decina-quindicina di giorni su tutta l’Europa centrale, dopo le sfuriate nevose che hanno imperversato, per tutto marzo, dal Belgio, alla Svizzera, alla Serbia, ed ovviamente alle latitudini più settentrionali, dove peraltro si tratta di fenomeni già meno clamorosi. Al meridione al contrario non vi saranno più incursioni fredde come quelle dell’ultima decade, difficilmente si scenderà sotto i 12°-13° sulle coste e le pianure e ci sarà spazio per più sole ma non si potrà parlare, nemmeno in tali regioni, di un’accelerata della bella stagione.
Se ci aspettiamo un cambio di circolazione, con l’affacciarsi degli anticicloni che donano stabilità, dobbiamo pazientare almeno fino alla metà del mese quando potremmo passare improvvisamente a temperature nettamente più consone al periodo; e lo sconfinamento nell’eccesso opposto non dovrebbe meravigliarci visto quanto accade ultimamente, con le spiagge già affollate per le feste della Liberazione e del Primo Maggio.
Per ora procediamo con cautela, non scopriamoci e sopportiamo con rigoroso spirito pasquale le bizze di questo inizio di primavera, un po’ con lo stesso animo con cui seguiamo le sorti delle nostre istituzioni governative. Arriverà il momento di gettar via i panni sporchi dell’inverno.