Scienza e Vita
La vita è il fondamento di tutti i beni dell’uomo perché è sorgente e condizione di ogni attività umana e di ogni convivenza civile.
“La vita di ciascuno è un bene di tutti e tutti diventano più poveri quando viene usata violenza ad una sola persona”. [1]
I problemi che scaturiscono dagli attentati quotidiani contro la vita sono molti e sono da imputare, in gran parte, alla mancanza di rispetto per la vita.
Queste criticità sono sotto gli occhi di tutti : il degrado ambientale , il caos climatico, le crisi energetiche, la distribuzione ineguale delle risorse, le manipolazioni del patrimonio zootecnico e vegetale, l’uso di sostanze nocive che avvelenano l’acqua e “bucano l’ozono”. L’elenco potrebbe continuare. In ogni caso questi problemi, come dicevo, hanno tutti come matrice la mancanza di rispetto per la vita.
Albert Schweitzer, premio Nobel per la pace (1952), ha lanciato per primo l’allarme della mancanza di “Rispetto per la vita”[2]. Rispetto che, secondo l’illustre filantropo francese, si articola su tre dimensioni: la vita fisica, la vita psichica e la vita spirituale della persona. Sono tre livelli speculari che tormentano la nostra epoca: la droga, l’alcool, l’uso delle armi, l’intolleranza razziale e religiosa, i fondamentalismi di vario colore.
Il rispetto per la vita si riassume e si esalta nell’impegno di aiutare l’altro ad essere se stesso. L’atteggiamento di rispetto e di godibilità verso la vita deve essere necessariamente sostenuto ed alimentato da una corrente di cuore di partecipazione di benevolenza verso la vita e la natura.
I grandi soprusi verso la vita, perpetrati nel secolo scorso ed in quello attuale, hanno ormai incrinato l’ingenuo ottimismo scientista, germinato nell’epoca rinascimentale, sviluppato nel secolo dei lumi e portato a maturazione dal positivismo.
Nell’appassionato dibattito attuale sul tema del rapporto tra scienza ed etica almeno due acquisizioni appaiono largamente condivise. La prima si può rappresentare con l’allegoria dello “Apprendista stregone”: una volta innescato il sortilegio può sfuggire il controllo del processo quando resta assente il maestro stregone. Uscendo della metafora, bisogna convenire che le forze della natura restano ancora oggi in gran parte sconosciute e non si può giocare con esse a proprio piacere, ma si devono trattare con rispetto e grande oculatezza, secondo i principi e le regole che sono proprie della natura, “iusta propria principia” (Telesio).
La seconda verità riguarda il definitivo abbandono della presunta neutralità della scienza. La scienza non è sganciata dagli altri valori umani; essa, soprattutto quando è applicata, è ambivalente: a volte costruisce la vita, a volte prepara la morte.
Il filosofo Nicola Abbagnano esplicita in modo efficace questo concetto: “L’uomo dispone oggi più che mai di mezzi indispensabili per fronteggiare i pericoli che la vita presenta, ma la condizione di successo è l’uso adeguato di tali mezzi …. Si tratta non solo di conoscere le cose, ma di saperne valutare i limiti e usarle nel modo migliore e più vantaggioso. …. Gli strumenti che oggi l’uomo possiede si sono enormemente moltiplicati e accresciuti nella loro potenza. Si sono perciò moltiplicate anche le tentazioni di servirsene per il proprio egoismo, per il vantaggio e il predominio personale”.[3]
Nella storia recente e recentissima la scienza e la tecnica hanno dispensato innumerevoli benefici all’umanità, ma hanno portato anche un accumulo inverosimile di soprusi e di ordigni distruttivi. Occorre avere coscienza di ciò per agire in modo coerente nel rispetto della vita.
Erick Fromm afferma che ci vuole fede per la vita: “Ci vuole fede per allevare un bambino, ci vuole fede per prendere sonno, ci vuole fede per cominciare qualunque lavoro”.[4]
Un atteggiamento così complesso e costruttivo di amore per vita (la vita propria, quella dell’altro e della natura) dà senso alla vita sia individuale che plurale. Ma tale comportamento solidale e prosociale non è un punto di partenza: è un traguardo e una conquista di impegno costante.
Su questo impegno convinto e solidale si fonda l’auspicio di un domani migliore da consegnare ai nostri figli. Un domani che ci trascende, ma che per questo impegno ci appartiene già.
Il poeta francese Paul Celan, che nel 1970 ha voluto finire i suoi giorni nella Senna, ha scritto: “Ah ! potessimo essere noi senza di noi” [5] Un’ affermazione che esprime un desiderio impossibile, un <non senso> che nasconde la condanna assurda del poeta. Una scelta funesta che non si può imputare al destino. Tutto è scelta, sia l’amore che il suo contrario.
“Potessimo essere noi senza di noi”.
Non è possibile: la vita in noi ha bisogno di noi.