L'opportunità del voto per il cittadino anti-sistema
Le primarie del centrosinistra hanno innescato un desiderio di dibattito politico che sembrava essere sprofondato per non tornare più, tarchiato dalle risposte secche senza possibilità di discussione formulate dai rappresentanti del Movimento Cinque Stelle, dai discorsi asettici dei membri del Governo tecnico e dalla generale e sconfortante incapacità della classe politica. Ora, qualche cenno di risveglio si può riscontrare nei confronti politici e nei bar le discussioni animate non riguardano più solamente il calcio di rigore non assegnato alla squadra del cuore la domenica passata ma può capitare di assistere ad accesi battibecchi fra sostenitori di Bersani e simpatizzanti di Renzi.
Addirittura, grazie a questa competizione elettorale e con l'emergere di questioni di importanza straordinaria (ad esempio le modalità dell'indispensabile risanamento dell'Ilva o i nuovi focolai di guerra scoppiati in Medio Oriente) è possibile individuare tracce di contenuti nei frenetici dibattiti che fervono in televisione e sulla stampa, che invogliano quasi a immergersi nuovamente a capofitto nell'arena, sfogliando avidamente diversi quotidiani al giorno e attendendo la trasmissione di Santoro con la stessa foga con la quale si assapora l'inno della propria nazionale di calcio prima di una partita dei mondiali.
Da contrappeso a questo nuovo grande desiderio di politica, s'insinuano però segnali inequivocabili d'insofferenza da parte del potere: le manifestazioni contro l'austerity in tutta Europa hanno evidenziato nella maggior parte dei casi una reazione isterica e violenta delle forze dell'ordine alle sfilate di operai, studenti e disoccupati. E, in Italia in particolare, alcuni episodi (lacrimogeni dal Ministero della Giustizia, accanimenti selvaggi su manifestanti sanguinanti a terra) sono apparsi decisamente inquietanti. Per non parlare degli ultimi arresti dei manifestanti no-tav che hanno fatto irruzione nella sede della ditta Geovalsusa, dipinti dalla maggior parte degli organi di stampa e dai governanti come facinorosi e violenti quando in realtà si è trattato di una pacifica occupazione durata solamente un'ora senza alcun contrasto coi lavoratori dell'azienda.
In questo contesto, appare problematica la scelta dell'atteggiamento di chi è consapevole che il sistema vada stravolto in quanto basato in gran parte sulla menzogna, sulla distruzione della Natura e sulla tendenza a ipnotizzare i vari strati della società, specie quelli economicamente più svantaggiati (che sono quindi la maggior parte). In sostanza, coloro i quali non condividono la struttura del sistema nel quale viviamo, è opportuno o no che partecipino alle più «sane» articolazioni del sistema stesso, quali possono essere ad esempio le elezioni democratiche ad ogni livello (primarie, amministrative o politiche)?
La riflessione qualunquistica «i politici sono tutti uguali» è da deprecare. Rappresenta una semplificazione pigra che il cittadino usa come giustificazione del proprio disinteresse verso le dinamiche sociali e politiche che, di fatto, lo riguardano direttamente. L'astensione di chi vuole contrastare «diversamente» il sistema è d'altronde condivisibile, anche se la non partecipazione politica comporta la rinuncia alla battaglia per l'ottenimento di piccoli risultati che, magari, vanno nella direzione della giustizia sociale piuttosto che della difesa dell'ambiente o ancora dell'affermazione dei diritti civili. Occorre anche aggiungere che spesso risulta sempre più complicato individuare un partito che rappresenti non interamente, ma almeno in parte, il proprio pensiero politico.
In questa fase, forse è saggio recarsi comunque alle urne per esprimere la propria preferenza per il meno peggio, per favorire l'avvento al potere di governanti più ragionevoli che possono anche prendere dei provvedimenti migliorativi della società, magari accanto ad altri non condivisibili. Ciò non comporterebbe un tradimento della propria indole anti-sistema, ma rappresenterebbe un forte segnale di presenza che ha effetti non trascurabili. In attesa di essere protagonisti di auspicabili stravolgimenti più incisivi e concreti e senza rinunciare mai alla protesta.
Addirittura, grazie a questa competizione elettorale e con l'emergere di questioni di importanza straordinaria (ad esempio le modalità dell'indispensabile risanamento dell'Ilva o i nuovi focolai di guerra scoppiati in Medio Oriente) è possibile individuare tracce di contenuti nei frenetici dibattiti che fervono in televisione e sulla stampa, che invogliano quasi a immergersi nuovamente a capofitto nell'arena, sfogliando avidamente diversi quotidiani al giorno e attendendo la trasmissione di Santoro con la stessa foga con la quale si assapora l'inno della propria nazionale di calcio prima di una partita dei mondiali.
Da contrappeso a questo nuovo grande desiderio di politica, s'insinuano però segnali inequivocabili d'insofferenza da parte del potere: le manifestazioni contro l'austerity in tutta Europa hanno evidenziato nella maggior parte dei casi una reazione isterica e violenta delle forze dell'ordine alle sfilate di operai, studenti e disoccupati. E, in Italia in particolare, alcuni episodi (lacrimogeni dal Ministero della Giustizia, accanimenti selvaggi su manifestanti sanguinanti a terra) sono apparsi decisamente inquietanti. Per non parlare degli ultimi arresti dei manifestanti no-tav che hanno fatto irruzione nella sede della ditta Geovalsusa, dipinti dalla maggior parte degli organi di stampa e dai governanti come facinorosi e violenti quando in realtà si è trattato di una pacifica occupazione durata solamente un'ora senza alcun contrasto coi lavoratori dell'azienda.
In questo contesto, appare problematica la scelta dell'atteggiamento di chi è consapevole che il sistema vada stravolto in quanto basato in gran parte sulla menzogna, sulla distruzione della Natura e sulla tendenza a ipnotizzare i vari strati della società, specie quelli economicamente più svantaggiati (che sono quindi la maggior parte). In sostanza, coloro i quali non condividono la struttura del sistema nel quale viviamo, è opportuno o no che partecipino alle più «sane» articolazioni del sistema stesso, quali possono essere ad esempio le elezioni democratiche ad ogni livello (primarie, amministrative o politiche)?
La riflessione qualunquistica «i politici sono tutti uguali» è da deprecare. Rappresenta una semplificazione pigra che il cittadino usa come giustificazione del proprio disinteresse verso le dinamiche sociali e politiche che, di fatto, lo riguardano direttamente. L'astensione di chi vuole contrastare «diversamente» il sistema è d'altronde condivisibile, anche se la non partecipazione politica comporta la rinuncia alla battaglia per l'ottenimento di piccoli risultati che, magari, vanno nella direzione della giustizia sociale piuttosto che della difesa dell'ambiente o ancora dell'affermazione dei diritti civili. Occorre anche aggiungere che spesso risulta sempre più complicato individuare un partito che rappresenti non interamente, ma almeno in parte, il proprio pensiero politico.
In questa fase, forse è saggio recarsi comunque alle urne per esprimere la propria preferenza per il meno peggio, per favorire l'avvento al potere di governanti più ragionevoli che possono anche prendere dei provvedimenti migliorativi della società, magari accanto ad altri non condivisibili. Ciò non comporterebbe un tradimento della propria indole anti-sistema, ma rappresenterebbe un forte segnale di presenza che ha effetti non trascurabili. In attesa di essere protagonisti di auspicabili stravolgimenti più incisivi e concreti e senza rinunciare mai alla protesta.