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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 95 - 1 Dicembre 2012 | 0 commenti

Il regalo dei magi

Traduzione di Iacopo Sequi

Un dollaro e ottantasette centesimi. Era tutto. E sessanta di quei centesimi erano in monetine da uno. Monetine messe da parte una o due alla volta, contrattando col droghiere e coll'ortolano e col macellaio fino a bruciarsi le guance per la sottintesa imputazione di tirchieria che tanta insistenza implicava. Tre volte li contò, Della. Un dollaro e ottantasette centesimi. E l'indomani sarebbe stato Natale.

Non c'era chiaramente niente da fare se non lasciarsi cadere sul logoro divanetto e ululare. E Della lo fece. Il che istiga la riflessione morale che la vita è fatta di singhiozzi, tirate su di naso e sorrisi, con una certa predominanza di tirate su di naso.

Mentre la signora della casa scala gradatamente dal primo al secondo stadio, dai un'occhiata alla casa. Un appartamento ammobiliato per otto dollari alla settimana. Non va esattamente al di là di ogni descrizione, ma certamente basta per non dover stare in guardia dalla squadra dei mendicanti giù al piano di sotto.

All'ingresso, giù da basso, c'era una cassetta della posta nella quale nessuna lettera voleva entrare, e un pulsante elettrico che nessun dito mortale avrebbe potuto convincere a fare un suono di campanello. Dell'arredamento faceva parte anche un biglietto che riportava il nome James Dillingham Young.

Il Dillingham aveva ondeggiato alla brezza in un precedente periodo di prosperità, quando il suo proprietario era pagato trenta dollari alla settimana. Ora, che il reddito si era ridotto a venti, le lettere di Dillingham sembravano confuse, come se stessero seriamente pensando di contrarsi in un modesto e senza pretese D. Ma ogni volta che il signor James Dillingham Young tornava a casa si sentiva chiamare Jim e veniva splendidamente abbracciato dalla signora James Dillingham Young, che vi ho già presentato come Della. Il che è cosa molto buona.

Della aveva smesso di piangere e accudiva alle sue guance col piumino della cipria. Stava ritta davanti alla finestra e guardava monotonamente fuori un gatto grigio che camminava su una staccionata grigia in un cortile grigio. Domani sarebbe stato Natale, e lei aveva solo un dollaro e ottantasette con il quale comprare un regalo a Jim. Aveva risparmiato ogni centesimo per mesi, con questo risultato. Venti dollari alla settimana non son proprio un granché. Le spese erano state superiori a quelle che aveva calcolato. Sempre stato così. Solo un dollaro e ottantasette per comprare un regalo a Jim. Il suo Jim. Aveva passato così tante ore a pensare a qualcosa di carino per lui. Qualcosa di bello, di raro, di altissima qualità – qualcosa che solo potesse avvicinarsi vagamente al rendersi degna dell'onore di essere posseduta da Jim.

C'era uno specchio a muro tra le finestre della stanza. Forse avrete visto uno specchio a muro in un qualche appartamento da otto dollari. Una persona molto magra e molto agile, osservandosi riflessa in una rapida sequenza di strisce longitudinali, ottiene un'idea discretamente accurata delle sue fattezze. Della, che era slanciata, ci riusciva a meraviglia.

D'un tratto scattò via dalla finestra e si piazzò davanti allo specchio. I suoi occhi risplendevano brillanti, ma il suo viso aveva perso il colore negli ultimi venti secondi. Con un gesto rapido si sciolse i capelli e li lasciò cadere giù, in tutta la loro lunghezza.

Ora, c'erano due cose che possedevano i Dillingham Young delle quali entrambi andavano estremamente orgogliosi. Una era l'orologio d'oro di Jim, un cipollone che era stato prima di suo padre e prima ancora di suo nonno. L'altra erano i capelli di Della. Se la regina di Saba avesse abitato nell'appartamento di là dal condotto di ventilazione, Della avrebbe sporto la testa fuori dalla finestra ad asciugare i suoi capelli per sminuire il valore dei gioielli e dei doni di Sua Maestà. Se il re Salomone fosse stato il portiere, con tutti i suoi tesori accatastati in portineria, Jim avrebbe tirato fuori il suo orologio ogni volta che gli sarebbe passato di fronte, solo per vederlo strapparsi la barba dall'invidia.

Insomma adesso i capelli di Della la cingevano tutta, ondulati e splendenti come una cascata di acque brune. Le arrivano più giù delle ginocchia e le facevano quasi da indumento. E poi se li legò di nuovo, nervosamente e di scatto. Esitò un minuto, ferma in piedi, mentre una lacrima o due gocciolavano sullo sciupato tappeto rosso.

Dopo si mise la sua vecchia giacca marrone; dopo si mise il suo vecchio cappello marrone. In un mulinello di gonne e con un luccichio brillante ancora negli occhi svolazzò fuori dalla porta e giù per le scale, in strada.

Dove si fermò l'insegna recava: Madame Sofronie. Tutti i tipi di taglio, acconciature, parrucche. Salì le scale al volo e si rassettò, ansimando. Madame, grossa, troppo bianca, tremolante, non assomigliava granché alla Sofronie.

“Vuole comprare i miei capelli?” chiese Della.

“Li compro, i capelli” rispose Madame. “Levati il cappello e diamo un'occhiata a quel che sono.

La cascata bruna si srotolò giù.

“Venti dollari” disse Madame, soppesando quella selva con mano esperta.

“Me li dia, presto” disse Della.

Oh, e le due ore seguenti volarono su ali di rosa. Ma lasciate perdere questa metafora trita e ritrita. Lei stava mettendo sottosopra i negozi per il regalo di Jim.

Alla fine lo trovò. Era stato sicuramente fatto apposta per Jim e per nessun altro. Non c'era niente di simile in nessun altro negozio, e li aveva rivoltati tutti da cima a fondo. Era una catena da taschino di platino, semplice e casta, che proclamava propriamente il suo valore solo con la sua sostanza, e non con vistosi ornamenti – come tutti gli oggetti ben fatti dovrebbero. Era sicuramente degna de L'Orologio. Appena la vide seppe che doveva essere di Jim. Era come lui. Fievolezza e valore – la descrizione valeva per entrambi. Ventun dollari le presero, e lei corse a casa con gli ottantasette centesimi. Con quella catena sul suo orologio Jim avrebbe potuto adeguatamente preoccuparsi dell'orario. Grandioso com'era l'orologio, alle volte lui lo guardava quasi alla chetichella, per via della striscia di cuoio che usava al posto della catena.

Quando Della fu a casa, la sua ebbrezza lasciò strada a un po' di prudenza e di ragione. Tirò fuori il suo arricciacapelli, accese il gas e si mise a porre riparo alla devastazione generata dall'unione di generosità e amore. Il che è sempre un'impresa immensa, cari amici – un'impresa grande quanto un mammut.

Nel giro di quaranta minuti la sua testa era riscoperta di fitti ricciolini che la facevano incredibilmente somigliare a uno scolaretto che ha appena marinato la scuola. Guardò il suo riflesso nello specchio a lungo, con attenzione, con occhio critico.

“Se Jim non mi uccide” si disse “prima di darmi una seconda occhiata, dirà che assomiglio a una ballerina del luna park. Ma che potevo fare – oh! Che potevo fare con un dollaro e ottantasette centesimi?”.

Alle sette in punto il caffè era fatto e la padella era dietro la stufa, calda e pronta a cuocere le braciole.

Jim non faceva mai tardi. Della arrotolò la catena da taschino nella sua mano e si sedette all'angolo del tavolo, vicino alla porta dalla quale lui entrava sempre. Poi udì il suo passo sulla scala, in fondo alla prima rampa, e per un momento impallidì. Aveva l'abitudine di recitare silenziosamente qualche piccola preghiera sulle cose più semplici di tutti i giorni, e ora sussurrava: “Per favore Dio, fa' che lui pensi che sono ancora carina”.

La porta si aprì e Jim entrò e la chiuse. Sembrava debole e molto serio. Poveraccio, aveva solo ventidue anni – e avere una famiglia a carico! Aveva bisogno di un nuovo soprabito ed era senza guanti.

Jim stava fermo sulla soglia, immobile come un setter che ha fiutato una quaglia. I suoi occhi erano fissi su Della, e in essi c'era un'espressione che lei non riusciva a leggere, e che la terrorizzava. Non era rabbia, non sorpresa, non disapprovazione, non orrore, nessuno dei sentimenti a cui lei si era preparata. Semplicemente la guardava fisso, con quella particolare espressione sul volto.

Della si divincolò via dal tavolo e corse da lui.

“Jim, caro” piangeva “non guardarmi così. Mi sono tagliata i capelli e li ho venduti perché non avrei sopportato di passare il Natale senza darti un regalo. Cresceranno di nuovo – non ti dispiace, vero? Lo dovevo fare, tutto qui. I miei capelli crescono a una velocità pazzesca. Di' Buon Natale, Jim, e siamo felici. Non sai che bel – che meraviglioso regalo ti ho preso”.

“Ti sei tagliata i capelli?” chiese Jim laboriosamente, come se non ci fosse ancora arrivato nonostante un grosso sforzo mentale.

“Tagliati e venduti”, disse Della. “Non ti piaccio lo stesso, comunque? Sono io anche senza i miei capelli, no?”.

Jim si guardò intorno curiosamente.

“Mi vuoi dire che i tuoi capelli non ci sono più?” disse con un'aria praticamente da idiota.

“Non c'è bisogno che tu li cerchi” disse Della. “Li ho venduti, te l'ho detto – venduti e andati, via. E' la vigilia di Natale, ragazzo. Sii carino con me, perché sono andati per te. Forse i capelli che avevo in testa si potevano contare” continuò con un'improvvisa dolcezza seriosa “ma nessuno potrà mai calcolare il mio amore per te. Butto le braciole, Jim?”.

Uscito dalla trance, Jim sembrò svegliarsi rapidamente. Abbracciò la sua Della. Per dieci secondi cerchiamo di essere discreti e di guardare un oggetto che non c'interessa da un'altra parte. Otto dollari alla settimana o un milione di anni – qual è la differenza? Un matematico o un uomo di spirito vi darebbe la risposta sbagliata. I magi portarono doni di valore, ma questo non era tra quelli. Questa oscura asserzione sarà illuminata più in là.

Jim tirò fuori un pacchetto dalla tasca del cappotto e lo buttò sul tavolo.

“Non ti sbagliare, Dell” disse “sul mio conto. Non penso che ci sia nulla nel tipo di taglio di capelli o in una rasatura o in uno shampo che potrebbe farmi piacer meno la mia ragazza, in nessun modo. Ma se scarterai quel pacchetto potrai vedere come mai poco fa ero rimasto un po' così”.

Dita bianche e svelte dilaniarono lo spago e la carta. E poi un estatico urlo di gioia; e poi, ahimè! Un repentino cambio femminile in lacrime isteriche e gemiti, che necessitavano l'immediato intervento di tutti i poteri di conforto del signore dell'appartamento.

Perché lì dentro c'erano I Pettini – un set intero di pettini da testa, di tutti i tipi, che Della aveva venerato a lungo davanti a una vetrina di Broadway. Splendidi pettini da crocchia, in vera tartaruga, coi bordi tempestato di gioielli – della tinta ideale da mettere sui suoi capelli scomparsi. Erano pettini costosi, lo sapeva, e il suo cuore li aveva desiderati e bramati senza la minima speranza di possederli. E ora erano suoi, ma le trecce che avrebbero dovuto adornare gli ambiti ornamenti non c'erano più.

Ma li strinse al seno, e alla fine poté alzare lo sguardo, con occhi confusi e con un sorriso, e dire: “I miei capelli crescono così veloce, Jim!”.

Poi Della salto su come un gatto che si è scottato, e pianse, “Oh, oh!”.

Jim non aveva ancora visto il suo bel regalo. Lei glielo porse aprendo entusiasticamente il palmo della mano. Il prezioso metallo opaco sembrò risplendere di un riflesso del suo luminoso e appassionato spirito.

“Non è qualcosa di magnifico, Jim? Ho girato tutta la città per trovarlo. Adesso dovrai guardare che ore sono cento volte al giorno. Dammi l'orologio. Voglio vedere come ci sta”.

Invece di obbedirle, Jim crollò sul divano e incrociò le mani sulla nuca e sorrise.

“Dell” disse “mettiamo via i nostri regali di Natale e dimentichiamoli per un po'. Sono troppo belli per usarli così, ora. Ho venduto l'orologio per comprarti i pettini. E ora suppongo che tu possa metter su le braciole”.

I magi, come sapete, erano uomini saggi – uomini meravigliosamente saggi – che portarono dei doni al Bambinello nella mangiatoia. Loro inventarono l'arte di fare regali a Natale. Essendo saggi, i loro regali erano senza dubbio saggi, probabilmente recavano il privilegio di essere cambiati, nel caso di doppioni. E qui vi ho imperfettamente raccontato la cronaca senza avvenimenti di rilievo di due ragazzini scervellati in un appartamento che in maniera molto insensata sacrificarono l'un l'altra i più grandi tesori della loro casa. Ma in un'ultima parola, ai saggi dei giorni d'oggi, lasciate che si dica: di tutti coloro che fanno regali, loro due furono i più saggi. Di tutti quelli che fanno e ricevono regali, per quel che possono valere, loro sono i più saggi. Ovunque loro sono i più saggi. Loro sono i magi.

Per gentile concessione della casa editrice Fermento – tutti i diritti riservati – www.fermento.net


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