Gli Indignati
Nel mese di ottobre 2010 esce in Francia un libretto di appena 32 pagine, stampato inizialmente in ottomila copie da un'oscura Casa Editrice di Montpelier. Il titolo è “Indignez – vous !”, (“Indignatevi !”). In pochi giorni il libretto invade tutte le librerie e, attraverso il passa parola, diventa un best-seller.
L'autore, Stèphane Hessel , non è un rivoluzionario ma un vecchio signore di 93 anni, ex partigiano ed ex diplomatico. Una persona pacifica che giunto alla sua età si rende conto che i valori che ha vissuto e gli ideali per i quali ha combattuto, sono stati stravolti da una nuova arroganza del potere, quella del denaro e della dittatura dei mercati finanziari che condiziona il mondo globalizzato. “Indignatevi, non vi lasciate impressionare dall'arroganza del potere finanziario, prendete il testimone e recuperate i valori smarriti”. Così Hessel si rivolge a tutte le componenti della società francese.
Probabilmente quello di Stéphane Hessel è lo stesso stato d'animo sperimentato duemila anni addietro dal poeta satirico latino Giovenale che nella prima satira scriveva: “Si natura negat, facit indignatio versum”. (Se anche la natura si dovesse opporre è l'indignazione che induce a scrivere satira). Anche l'indignazione di Giovenale era provocata dalle consuetudini del suo tempo (2° secolo d. C.).
è una parola in cui si riassume uno stato d'animo, un vivo risentimento per tutto ciò che appare riprovevole, indecente e scandaloso.
Non è un accostamento irriverente ricordare che anche Gesù, Vero Uomo – oltre che Vero Dio -, sperimentò il sentimento dell'indignazione quando, entrando nel Tempio di Gerusalemme, vide che “la Casa del Padre” era stata trasformata in un mercato. Gesù davanti a quello scempio non rimase passivo e rassegnato, ma: rovesciò i tavoli del mercanti e li cacciò fuori dal Tempio, minacciandoli con la frusta. (Giovanni 2, 13-22)
Madrid, 15 maggio 2011 – Migliaia di giovani e meno giovani si ritrovano nello spazio pubblico di “Puerta del Sol”. Ben presto diventano spontaneamente decine di migliaia, riuniti giorno e notte. Grandi teli colorati fanno le veci di tende improvvisate.
Sono gli Indignados che dopo circa un mese vengono allontanati da Puerta del Sol, ma la storia non finisce lì.
Il 15 ottobre successivo, mediante Internet e con la diffusione di SMS, viene indetta la. Il movimento esplode. Si tengono manifestazioni a Londra, New York, Tokio, Atene, Tel Aviv ed in altre grandi città.
Chi sono gli Indignati ? Cosa vogliono ?
Gli indignati sono una galassia composita formata da giovani, pensionati, impiegati, disoccupati. Difficile descrivere il fenomeno in generale perché si coniuga a seconda dei vari contesti nazionali. Negli Stati Uniti si caratterizza come “Occupy Wall Street”, luogo simbolo del sistema finanziario mondiale. Ciò che accomuna le manifestazioni degli Indignati sono le forme di azione collettiva: occupazione di luoghi pubblici, discussioni in assemblee generali con funzionamento orizzontale. Il movimento è ispirato da una forte delusione rispetto al sistema politico rappresentativo. Il loro slogan mediatico è “Democrazia reale”. La diversità è la principale caratteristica di questo movimento che non ha ancora leader riconosciuti.
Scopo principale degli assembramenti è quello di avere risonanza mediatica. I manifestanti, per non disperdere l'entusiasmo e la passione che li caratterizza non si limitano all'occupazione fisica di luoghi emblematici, ( Wall Street), ma si affidano con successo al potere aggregante della Rete.
Le manifestazioni degli Indignati richiamano alla memoria la prima protesta di massa contemporanea che studenti ed operai fecero registrare negli anni sessanta in tutti i Paesi dell'Europa occidentale.
I “Sessantottini” però erano animati da una forte ribellione contro ogni forma di autoritarismo nelle istituzioni, oltre che nella famiglia. La matrice del movimento degli Indignati di oggi non è di natura “politica”, ha invece una connotazione prevalentemente morale. I protagonisti colorati e pacifici chiedono che le istituzioni trovino soluzioni e diano garanzie per il futuro, restituendo dignità al lavoro per uscire dalla precarietà. Nelle loro assemblee denunciano il ruolo servile della politica rispetto al potere economico e finanziario. Alla base dell'indignazione c'è, comunque, l'inquietudine, lo sconforto e la rabbia per una crisi economica che dura ormai da anni.
Quando nel 1929 si verificò in Occidente l'altra grande crisi economica, a distanza di pochi anni (1932), partendo dagli Stati Uniti, con l'avvento della Presidenza Roosevelt, fu avviato il “New Deal” (Nuovo corso): il mondo imboccò strade nuove, instaurando una visione diversa del governo dell'economia e della società. Attualmente, invece, tardano ad emergere nuove idee e nuovi programmi. Che cosa si fa per fronteggiare la crisi ? Si mira esclusivamente alla riduzione della spesa, ridimensionando il sistema di protezione sociale, determinando e alimentando il collasso della recessione. In definitiva si applicano le stesse ricette che hanno portato allo scompenso nella società e nell'economia.
Così la crisi è penetrata nel sistema ed è diventata “crisi di sistema”.
Ecco, all'interno di questa morsa drammatica è esploso il sentimento di indignazione. Il disagio manifestato dagli indignati, più che una protesta, vuole essere una denuncia, un grido di allarme. Il messaggio complessivo da essi lanciato mira a ricostruire un quadro generale delle cause e dei fattori che hanno generato la crisi con l'intento di imboccare una via di uscita. Con la denuncia conclamata nelle piazze i manifestanti si propongono di spingere i potenti allo scopo di definire le coordinate di un diverso modello di sviluppo. In questa direzione le misure economiche vanno affiancate a misure della qualità della vita. Bob Kennedy in un celebre discorso del 1968 ebbe a dire: “ Il PIL misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Su questa scia L'OCSE ha lanciato recentemente la proposta di superare e sostituire il PIL (prodotto interno lordo) con il BIL (benessere interno lo
rdo).
Questo compito complesso e impegnativo non può essere delegato solo ai circoli finanziari. Serve uno sforzo comune dei responsabili politici, economisti ed intellettuali allo scopo di intrecciare e implementare riflessioni economiche, sociali, politiche e culturali che portino ad una narrazione complessiva del fenomeno per impostare su questa base obiettivi e programmi condivisi.
Tutto questo, riferendoci in particolare al nostro Paese, presuppone una democrazia più diretta, aperta e responsabile, attraverso la rimodulazione del nostro pesante impianto istituzionale e lo snellimento del contorto, opaco e corpulento sistema dei partiti.
Ma prima ancora si avverte l'urgenza inderogabile di mettere al bando, ad ogni livello, le corruttele diffuse e insopportabili.
L'autore, Stèphane Hessel , non è un rivoluzionario ma un vecchio signore di 93 anni, ex partigiano ed ex diplomatico. Una persona pacifica che giunto alla sua età si rende conto che i valori che ha vissuto e gli ideali per i quali ha combattuto, sono stati stravolti da una nuova arroganza del potere, quella del denaro e della dittatura dei mercati finanziari che condiziona il mondo globalizzato. “Indignatevi, non vi lasciate impressionare dall'arroganza del potere finanziario, prendete il testimone e recuperate i valori smarriti”. Così Hessel si rivolge a tutte le componenti della società francese.
Probabilmente quello di Stéphane Hessel è lo stesso stato d'animo sperimentato duemila anni addietro dal poeta satirico latino Giovenale che nella prima satira scriveva: “Si natura negat, facit indignatio versum”. (Se anche la natura si dovesse opporre è l'indignazione che induce a scrivere satira). Anche l'indignazione di Giovenale era provocata dalle consuetudini del suo tempo (2° secolo d. C.).
Non è un accostamento irriverente ricordare che anche Gesù, Vero Uomo – oltre che Vero Dio -, sperimentò il sentimento dell'indignazione quando, entrando nel Tempio di Gerusalemme, vide che “la Casa del Padre” era stata trasformata in un mercato. Gesù davanti a quello scempio non rimase passivo e rassegnato, ma
Madrid, 15 maggio 2011 – Migliaia di giovani e meno giovani si ritrovano nello spazio pubblico di “Puerta del Sol”. Ben presto diventano spontaneamente decine di migliaia, riuniti giorno e notte. Grandi teli colorati fanno le veci di tende improvvisate.
Sono gli Indignados che dopo circa un mese vengono allontanati da Puerta del Sol, ma la storia non finisce lì.
Il 15 ottobre successivo, mediante Internet e con la diffusione di SMS, viene indetta la
Chi sono gli Indignati ? Cosa vogliono ?
Gli indignati sono una galassia composita formata da giovani, pensionati, impiegati, disoccupati. Difficile descrivere il fenomeno in generale perché si coniuga a seconda dei vari contesti nazionali. Negli Stati Uniti si caratterizza come “Occupy Wall Street”, luogo simbolo del sistema finanziario mondiale. Ciò che accomuna le manifestazioni degli Indignati sono le forme di azione collettiva: occupazione di luoghi pubblici, discussioni in assemblee generali con funzionamento orizzontale. Il movimento è ispirato da una forte delusione rispetto al sistema politico rappresentativo. Il loro slogan mediatico è “Democrazia reale”. La diversità è la principale caratteristica di questo movimento che non ha ancora leader riconosciuti.
Scopo principale degli assembramenti è quello di avere risonanza mediatica. I manifestanti, per non disperdere l'entusiasmo e la passione che li caratterizza non si limitano all'occupazione fisica di luoghi emblematici, ( Wall Street), ma si affidano con successo al potere aggregante della Rete.
Le manifestazioni degli Indignati richiamano alla memoria la prima protesta di massa contemporanea che studenti ed operai fecero registrare negli anni sessanta in tutti i Paesi dell'Europa occidentale.
I “Sessantottini” però erano animati da una forte ribellione contro ogni forma di autoritarismo nelle istituzioni, oltre che nella famiglia. La matrice del movimento degli Indignati di oggi non è di natura “politica”, ha invece una connotazione prevalentemente morale. I protagonisti colorati e pacifici chiedono che le istituzioni trovino soluzioni e diano garanzie per il futuro, restituendo dignità al lavoro per uscire dalla precarietà. Nelle loro assemblee denunciano il ruolo servile della politica rispetto al potere economico e finanziario. Alla base dell'indignazione c'è, comunque, l'inquietudine, lo sconforto e la rabbia per una crisi economica che dura ormai da anni.
Quando nel 1929 si verificò in Occidente l'altra grande crisi economica, a distanza di pochi anni (1932), partendo dagli Stati Uniti, con l'avvento della Presidenza Roosevelt, fu avviato il “New Deal” (Nuovo corso): il mondo imboccò strade nuove, instaurando una visione diversa del governo dell'economia e della società. Attualmente, invece, tardano ad emergere nuove idee e nuovi programmi. Che cosa si fa per fronteggiare la crisi ? Si mira esclusivamente alla riduzione della spesa, ridimensionando il sistema di protezione sociale, determinando e alimentando il collasso della recessione. In definitiva si applicano le stesse ricette che hanno portato allo scompenso nella società e nell'economia.
Così la crisi è penetrata nel sistema ed è diventata “crisi di sistema”.
Ecco, all'interno di questa morsa drammatica è esploso il sentimento di indignazione. Il disagio manifestato dagli indignati, più che una protesta, vuole essere una denuncia, un grido di allarme. Il messaggio complessivo da essi lanciato mira a ricostruire un quadro generale delle cause e dei fattori che hanno generato la crisi con l'intento di imboccare una via di uscita. Con la denuncia conclamata nelle piazze i manifestanti si propongono di spingere i potenti allo scopo di definire le coordinate di un diverso modello di sviluppo. In questa direzione le misure economiche vanno affiancate a misure della qualità della vita. Bob Kennedy in un celebre discorso del 1968 ebbe a dire: “ Il PIL misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta”. Su questa scia L'OCSE ha lanciato recentemente la proposta di superare e sostituire il PIL (prodotto interno lordo) con il BIL (benessere interno lo
rdo).
Questo compito complesso e impegnativo non può essere delegato solo ai circoli finanziari. Serve uno sforzo comune dei responsabili politici, economisti ed intellettuali allo scopo di intrecciare e implementare riflessioni economiche, sociali, politiche e culturali che portino ad una narrazione complessiva del fenomeno per impostare su questa base obiettivi e programmi condivisi.
Tutto questo, riferendoci in particolare al nostro Paese, presuppone una democrazia più diretta, aperta e responsabile, attraverso la rimodulazione del nostro pesante impianto istituzionale e lo snellimento del contorto, opaco e corpulento sistema dei partiti.
Ma prima ancora si avverte l'urgenza inderogabile di mettere al bando, ad ogni livello, le corruttele diffuse e insopportabili.