Gol in contropiede su Repubblica Bologna
Gentile Direttore,
la ringraziamo per lo spazio che Repubblica Bologna di ieri ha dedicato alle idee progettuali presentate per il Piano Strategico Metropolitano e, in particolare, per aver selezionato il “Fondaco Industriale” di fairAffair tra quelle più incomprensibili e astruse persino agli autori stessi.
Vorremmo rassicurare i lettori che il progetto è molto chiaro ai suoi proponenti, così come a chi non si sia fermato ad una scorsa dell’abstract diffuso on line, che non può fare altro che riassumere la documentazione inviata al Comune e alla Provincia di Bologna.
L'abstract ha solo la funzione di incuriosire e questa vostra menzione è sicuramente indice di successo. I cittadini avranno il tempo adeguato e le capacità giuste per leggere il materiale, valutare il grado di “vaghezza” del progetto e farsi un’idea su chi abbia le idee poco chiare.
Chi vi scrive può certamente soffrire di “gioventù”, che però risponde proattivamente alla chiamata di una città che rischia di lasciare il futuro alle spalle, ma non soffre di quella “sprovvedutezza” di chi pensa che al rilancio di Bologna servano delle semplici “pensate” o della “superbia” di chi scrive che serve un corso per aiutare i proponenti a rendere comprensibili le proprie idee. Nel caso specifico, l’idea di fairAffair è stata ampiamente vagliata e discussa con alcuni importanti attori istituzionali della città di Bologna, che hanno stimolato la stesura del progetto senza nascondere le difficoltà di fattibilità legate alle inerzie di un sistema pubblico pigro nel mettere sistema le sue risorse.
Il “fondaco industriale” rappresenta uno dei modi per raggiungere gli obiettivi del Piano Strategico e propone di internazionalizzare il nostro territorio non solo in termini di export e marketing territoriale, ma attraverso la realizzazione di investimenti diretti esteri e la costruzione di reti globali utili ad intercettare la “domanda reale” di servizi pubblici dove essa si manifesta.
Sarebbe opportuno, ad esempio, sfidare Hera a fare all’estero quello che già sta facendo sul territorio: investimenti nello smaltimento rifiuti, nelle distribuzioni a rete e quant’altro a contatto con i bisogni quotidiani. Sarebbe la testa di ponte per sollecitare il nostro sistema a partecipare in maniera coordinata alla competizione globale, in uno sforzo di ripensamento strategico e di progettualità dove è necessaria una mobilitazione di una pluralità di risorse presenti sul territorio: istituzioni, business community, società civile.
Non potendo più contare su dei processi spontanei tipici dello sviluppo così come lo abbiamo conosciuto, per agganciare le nuove traiettorie di sviluppo globale è essenziale l’attivazione di un soggetto catalizzatore che metta in rete e ottimizzi le pratiche. Nel Novecento le istituzioni e le imprese bolognesi hanno accumulato un prezioso capitale economico e civile che sarebbe vigliacco, oltre che miope, non mettere al servizio delle esigenze del nuovo secolo e del nuovo mondo in via di sviluppo.
Questa è la scelta politica che proponiamo al Comune e alla Provincia, perché si ricordi che non c’è riformismo senza internazionale.
Grazie per l’attenzione e l’occasione di chiarimento.
Tobia Desalvo
Marco Marcatili
la ringraziamo per lo spazio che Repubblica Bologna di ieri ha dedicato alle idee progettuali presentate per il Piano Strategico Metropolitano e, in particolare, per aver selezionato il “Fondaco Industriale” di fairAffair tra quelle più incomprensibili e astruse persino agli autori stessi.
Vorremmo rassicurare i lettori che il progetto è molto chiaro ai suoi proponenti, così come a chi non si sia fermato ad una scorsa dell’abstract diffuso on line, che non può fare altro che riassumere la documentazione inviata al Comune e alla Provincia di Bologna.
L'abstract ha solo la funzione di incuriosire e questa vostra menzione è sicuramente indice di successo. I cittadini avranno il tempo adeguato e le capacità giuste per leggere il materiale, valutare il grado di “vaghezza” del progetto e farsi un’idea su chi abbia le idee poco chiare.
Chi vi scrive può certamente soffrire di “gioventù”, che però risponde proattivamente alla chiamata di una città che rischia di lasciare il futuro alle spalle, ma non soffre di quella “sprovvedutezza” di chi pensa che al rilancio di Bologna servano delle semplici “pensate” o della “superbia” di chi scrive che serve un corso per aiutare i proponenti a rendere comprensibili le proprie idee. Nel caso specifico, l’idea di fairAffair è stata ampiamente vagliata e discussa con alcuni importanti attori istituzionali della città di Bologna, che hanno stimolato la stesura del progetto senza nascondere le difficoltà di fattibilità legate alle inerzie di un sistema pubblico pigro nel mettere sistema le sue risorse.
Il “fondaco industriale” rappresenta uno dei modi per raggiungere gli obiettivi del Piano Strategico e propone di internazionalizzare il nostro territorio non solo in termini di export e marketing territoriale, ma attraverso la realizzazione di investimenti diretti esteri e la costruzione di reti globali utili ad intercettare la “domanda reale” di servizi pubblici dove essa si manifesta.
Sarebbe opportuno, ad esempio, sfidare Hera a fare all’estero quello che già sta facendo sul territorio: investimenti nello smaltimento rifiuti, nelle distribuzioni a rete e quant’altro a contatto con i bisogni quotidiani. Sarebbe la testa di ponte per sollecitare il nostro sistema a partecipare in maniera coordinata alla competizione globale, in uno sforzo di ripensamento strategico e di progettualità dove è necessaria una mobilitazione di una pluralità di risorse presenti sul territorio: istituzioni, business community, società civile.
Non potendo più contare su dei processi spontanei tipici dello sviluppo così come lo abbiamo conosciuto, per agganciare le nuove traiettorie di sviluppo globale è essenziale l’attivazione di un soggetto catalizzatore che metta in rete e ottimizzi le pratiche. Nel Novecento le istituzioni e le imprese bolognesi hanno accumulato un prezioso capitale economico e civile che sarebbe vigliacco, oltre che miope, non mettere al servizio delle esigenze del nuovo secolo e del nuovo mondo in via di sviluppo.
Questa è la scelta politica che proponiamo al Comune e alla Provincia, perché si ricordi che non c’è riformismo senza internazionale.
Grazie per l’attenzione e l’occasione di chiarimento.
Tobia Desalvo
Marco Marcatili
Ecco i link all'articolo di Repubblica e alla replica di fairAffair.