L'Ape assassina
E' usanza dell'ape assassina di riunirsi in enormi, neri sciami e di attaccare i luoghi isolati, fattorie, insediamenti umani di poche unità, i cui abitanti si trovano improvvisamente circondati da nuvole di feroci, rumorosi insetti. Quando sperano di essersi salvati vedono inorriditi e paralizzati la nera nuvola che entra dai comignoli ed invade la casa fino ad allora serena e silenziosa.
Questo l'argomento di alcuni racconti, films e leggende rustico-metropolitane.
L'ape assassina non esiste. Il dorato, organizzato, generoso insetto può anche assalire, in poche unità, l'essere umano, ma solo se l'organismo alveare, la famiglia, si sente attaccata, fatto comunque estremamente raro. In tale occasione l'imprudente individuo può rimediare al massimo poche dolorose punture (pericolose invero per le persone allergiche al veleno d'ape) , sempre che non si sia opportunamente protetto.
Vero che l'ape può anche uccidere, ma quest'umana attività è rivolta solo ad alcune farfalle e altri insetti che penetrano nell'alveare per fare provvista della dolce sostanza; una volta eliminato l'intruso, le api pulitrici lo spingono fuori dall'alveare e così se ne liberano.
Temerari frequentatori dell'alveare, a scopo di ricovero e saccheggio, sono il topolino di campagna ed il toporagno, minuscolo mammifero di 4/5 centimetri di lunghezza. Essi penetrano nell'alveare d'inverno, quando le api sono agglomerate al caldo nella parte alta della loro casetta mentre la fessura di entrata, in basso ed al freddo, è incustodita. Proprio quest'inverno ho visto un musino di topo sporgersi un attimo mentre ero in visita alle api; penso gli sia andata bene: se fosse entrato prima dell'inverno, con le api in attività, o fosse rimasto anche all'epoca del risveglio primaverile, avrei trovato sul fondo un cadaverino propolizzato: le api possono anche uccidere il piccolo mammifero intruso, ma non sono in grado poi di trasportarlo all'esterno. Il corpo viene quindi coperto di propoli, sostanza gommosa raccolta dalle api sulle gemme e sulle parti resinose delle piante. Propoli, sostanza antisettica naturale usata anche nell'antico Egitto per la mummificazione dei corpi (e fino ad oggi per vari altri scopi: tra i tanti anche per produrre le magiche vernici per i violini di Stradivari, Amati, Guarneri); la propolizzazione impedisce la putrefazione dell'intruso non allontanabile, che se avvenisse in casa sarebbe catastrofica per la famiglia.
Non v'è istinto assassino nelle api, ma può darsi che una momentanea improvvisa follia assalga il tranquillo insetto: è il saccheggio, che rappresenta una delle perdite più temute dall'apicoltore. Va detto che le famiglie delle api, pur distanti tra loro solo pochi centimetri, non si conoscono, si ignorano; anche se quasi sempre, per motivi legati all'origine ed alla fecondazione delle regine, sono tra loro cugine, ogni famiglia ha un diverso odore, e ad esso è fedele; odore prodotto dalla regina madre ed è solo quello che l'ape riconosce come familiare; viene diffuso dalla regina alle altre api grazie all'attività delle cosiddette api leccatrici. Può al massimo succedere che qualche ape sbagli indirizzo e penetri in una casetta non sua, quella vicina (fenomeno chiamato deriva). In questo caso, se è carica di miele, viene bene accolta anche se ha un odore estraneo; se non porta nulla invece viene brutalmente cacciata. I guai di quartiere cominciano se il periodo è siccitoso e c'è assenza di importazione di nettare per carenza di fiori: accade allora che improvvisamente una famiglia forte ed affamata con un rumoroso, rutilante assalto attacchi la vicina più debole famiglia, uccida le sue simili, distrugga l'alveare e rapini tutto il miele colà stivato, portandoselo a casa: ecco che avviene il saccheggio. Lo spettacolo è impressionante: in un attimo l'apiario, una fila di casette tranquille ed operose, si trasforma in un chiassoso, confuso campo di battaglia per la repentina, folle furia di una sola famiglia, per ritornare, subito dopo il fattaccio, ad una situazione di calma bucolica.
Questo l'argomento di alcuni racconti, films e leggende rustico-metropolitane.
L'ape assassina non esiste. Il dorato, organizzato, generoso insetto può anche assalire, in poche unità, l'essere umano, ma solo se l'organismo alveare, la famiglia, si sente attaccata, fatto comunque estremamente raro. In tale occasione l'imprudente individuo può rimediare al massimo poche dolorose punture (pericolose invero per le persone allergiche al veleno d'ape) , sempre che non si sia opportunamente protetto.
Vero che l'ape può anche uccidere, ma quest'umana attività è rivolta solo ad alcune farfalle e altri insetti che penetrano nell'alveare per fare provvista della dolce sostanza; una volta eliminato l'intruso, le api pulitrici lo spingono fuori dall'alveare e così se ne liberano.
Temerari frequentatori dell'alveare, a scopo di ricovero e saccheggio, sono il topolino di campagna ed il toporagno, minuscolo mammifero di 4/5 centimetri di lunghezza. Essi penetrano nell'alveare d'inverno, quando le api sono agglomerate al caldo nella parte alta della loro casetta mentre la fessura di entrata, in basso ed al freddo, è incustodita. Proprio quest'inverno ho visto un musino di topo sporgersi un attimo mentre ero in visita alle api; penso gli sia andata bene: se fosse entrato prima dell'inverno, con le api in attività, o fosse rimasto anche all'epoca del risveglio primaverile, avrei trovato sul fondo un cadaverino propolizzato: le api possono anche uccidere il piccolo mammifero intruso, ma non sono in grado poi di trasportarlo all'esterno. Il corpo viene quindi coperto di propoli, sostanza gommosa raccolta dalle api sulle gemme e sulle parti resinose delle piante. Propoli, sostanza antisettica naturale usata anche nell'antico Egitto per la mummificazione dei corpi (e fino ad oggi per vari altri scopi: tra i tanti anche per produrre le magiche vernici per i violini di Stradivari, Amati, Guarneri); la propolizzazione impedisce la putrefazione dell'intruso non allontanabile, che se avvenisse in casa sarebbe catastrofica per la famiglia.
Non v'è istinto assassino nelle api, ma può darsi che una momentanea improvvisa follia assalga il tranquillo insetto: è il saccheggio, che rappresenta una delle perdite più temute dall'apicoltore. Va detto che le famiglie delle api, pur distanti tra loro solo pochi centimetri, non si conoscono, si ignorano; anche se quasi sempre, per motivi legati all'origine ed alla fecondazione delle regine, sono tra loro cugine, ogni famiglia ha un diverso odore, e ad esso è fedele; odore prodotto dalla regina madre ed è solo quello che l'ape riconosce come familiare; viene diffuso dalla regina alle altre api grazie all'attività delle cosiddette api leccatrici. Può al massimo succedere che qualche ape sbagli indirizzo e penetri in una casetta non sua, quella vicina (fenomeno chiamato deriva). In questo caso, se è carica di miele, viene bene accolta anche se ha un odore estraneo; se non porta nulla invece viene brutalmente cacciata. I guai di quartiere cominciano se il periodo è siccitoso e c'è assenza di importazione di nettare per carenza di fiori: accade allora che improvvisamente una famiglia forte ed affamata con un rumoroso, rutilante assalto attacchi la vicina più debole famiglia, uccida le sue simili, distrugga l'alveare e rapini tutto il miele colà stivato, portandoselo a casa: ecco che avviene il saccheggio. Lo spettacolo è impressionante: in un attimo l'apiario, una fila di casette tranquille ed operose, si trasforma in un chiassoso, confuso campo di battaglia per la repentina, folle furia di una sola famiglia, per ritornare, subito dopo il fattaccio, ad una situazione di calma bucolica.