Pages Menu
RssFacebook
Categories Menu

Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 90 - 1 Giugno 2012 | 0 commenti

Il silenzioso canto delle sirene

E se le sirene stessero in silenzio? La domanda se la pose Franz Kafka all'interno di una personale rivisitazione del mito Omerico sull'incontro di Ulisse con le sirene, episodio considerato come il capostipite letterario delle storie sulle sirene. Nel mito Omerico, Ulisse, giunto in un' isola nei pressi di Scilla, riuscì a superare indenne, grazie al suo noto ingegno coadiuvato all'aiuto della maga Circe, il pericolo delle sirene. Il fulcro centrale dell'episodio non è tanto la conferma di sagacia nel brillante espediente di Ulisse per riuscire ad oltrepassare indenne l'area, né tantomeno l'aspetto delle sirene verso cui, peraltro, Omero non fa cenno. Il punto focale del racconto sono le voci delle sirene, il melodioso canto che soggioga la volontà, immobilizza i sensi e attira colui che lo ascolta presso di sé, quale aspettativa del piacere e conseguentemente presso la morte.
Per gli antichi il mutismo delle sirene rappresentava la speranza di vittoria sul pericolo mortale da esso rappresentato per i mortali. Per Kafka, il silenzio delle sirene, non era che l'arma estrema del loro fascino; le melodie non cantate, non udite, infiammavano l'orgoglio di colui, Ulisse, che credendo di averle udite riteneva inconsapevolmente di aver trionfato su di esse.
L'elemento canoro come tratto distintivo associato all'immagine della sirena è attestato fin dall'antichità nelle più disparate versioni del mito: come simbolo funebre o come simbolo della trasformazione da giovani donne ad essere ibridi. Una voce, un canto spontaneo e irrazionale, tentatore e menzognero, spesso narrato in antitesi al soave canto offertoci dalle muse.
Nel mito omerico, l'espediente studiato da Ulisse e dai suoi uomini per opporsi all'ascolto del canto delle sirene, ne rappresenta la fonte di salvezza per loro ma la morte per le sirene. Sembrerebbe quindi che, nonostante le implicazioni negative per gli ascoltatori, il canto rappresenti la linfa vitale delle sirene che, se private della voce, della potenzialità di esprimersi e farsi udire, non rimane per esse che la morte.
In un altro racconto, assai noto al grande pubblico, la relazione tra le sirene e la propria voce ne è il principio essenziale; stiamo parlando di una favola del 1836 scritta dallo scrittore danese Hans Christian Andersen: La sirenetta. La protagonista del racconto, una giovane sirenetta, innamoratasi di un principe rinuncia, tra le altre cose, alla propria voce pur di ottenere la possibilità di camminare e recarsi sulla terra ferma ove risiede il suo amato. Proprio l'incapacità di potersi esprimere a parole la rende, agli occhi del suo amato, null'altro che una buona amica e confidente. Alla giovane, privata della voce, prima, poi dell'amore, non resta che abbandonarsi alla morte. Al di là della finzione narrativa si deduce come l'elemento della privazione vocale appaia ancora una volta emblematico della negazione dell'identità della sirena.
Il mito di Ulisse e la favola di Andersen hanno ancora molto in comune da dirci circa le sirene. In entrambi gli episodi le sirene periscono se private dalla possibilità di poter far ascoltare la propria voce, ovvero se private dalla possibilità di comunicare. Ogni atto di comunicazione presuppone un rapporto tra due parti, ma in ambedue gli episodi l'interlocutore, sottrattosi all'ascolto spezza il legame comunicativo. Ulisse nel mito di Omero era fisicamente in grado di ascoltare ma, legatosi all'albero della propria nave si era volontariamente sottratto dal poter rispondere alla voce che lo chiamava a sé; ovvero si era parzialmente negato al proprio ruolo di ascoltatore.
Differente è la situazione del principe nella fiaba di Andersen in quanto la sua sirena è priva di voce avendola barattata in cambio della possibilità di poter stare con lui sulla terra ferma. Possibilità che il principe “rifiuta” essendo innamorato di un'altra ragazza. Ritornando all'interrogativo di Kafka, sono le sirene a non cantare o è forse l'uomo a non voler o saper ascoltare? Il alcuni miti riguardanti l'origine delle sirene si narra che il loro aspetto ibrido sia stato loro inflitto da Afrodite come punizione per aver ripudiato gli uomini preferendo una vita di castità. Proprio a causa della modificazione del loro aspetto vengono meno le potenzialità riproduttive non permettendo alla sessualità della donna di venir incanalata verso quella, che nell'età antica era considerata preponderante tra le funzioni sociali della donna, ovvero l'essere madre.
La voce, il canto, per le sirene è un tratto peculiare distintivo, prerogativa della seduzione e tramite ciò orgogliosa difesa della femminilità. Ma, come ricordato in precedenza, la voce deve es-sere udita per svolgere appieno la sua funzione; quasi a voler ridurre l'essenza femminile a una pu-ra voce soltanto, che spetta all'uomo saper riconoscere e ascoltare. Se l'uomo non ascolta nega, in una sorta di parallelo, l'identità femminile. Da ciò si origina una psicosi effetto di una rottura co-municativa tra le parti più profonde di sé e con gli altri. Nel mito di Ulisse e nella favola di Andersen tale psicosi viene visivamente esplicitata attraverso l'immagine della sirena morente. È giunto il momento per le sirene di imparare a gridare, di farsi ascoltare e di riprendersi la propria identità.

Scrivi un commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>