Ma quel limite è invalicabile?
La cautela, come in occasione del primo annuncio, è d' obbligo, trattandosi di verifiche particolarmente complesse su misure infinitesimali.
Non a caso gli stessi ricercatori del Gran Sasso hanno sempre tenuto un atteggiamento molto prudente.
Per cercare di dissipare i dubbi è stato deciso di ripetere l' esperimento. Il prossimo maggio dal CERN di Ginevra partirà un nuovo fascio di neutrini con destinazione i laboratori abruzzesi.
Più veloci della luce o no, i neutrini impiegheranno meno di un attimo, non più di 2,4 millesimi di secondo a percorrere i 730 chilometri che separano i due centri di ricerca.
Emesse dalle stelle in quantità industriali, queste particelle subatomiche sono le più diffuse nel cosmo dopo i fotoni.
Tanta abbondanza è compensata da una grande timidezza, i neutrini, interagendo pochissimo con la materia ordinaria, sono quasi inafferrabili.
Tappa fondamentale nel loro studio fu il 23 febbraio 1987, quando nella Grande Nube di Magellano,a 160.000 anni luce di distanza dalla Terra, esplose una stella supernova. L' esplosione proiettò nello spazio una marea di neutrini, alcuni dei quali furono catturati da tre rilevatori piuttosto distanti tra loro, uno nei laboratori sotto il Monte Bianco, il secondo a Tokio e il terzo negli Stati Uniti, in Michigan.
Un piccolo dato numerico rende bene l'idea della difficoltà di scovare questi fantasmi cosmici. Lo sciame di neutrini che investì il nostro pianeta il 23 febbraio del 1987 era quantificato in 10 miliardi per centimetro quadrato, i tre rilevatori ne individuarono complessivamente 21.
L' osservazione di quella manciata di particelle non fugò il dubbio se avessero una massa, per quanto minima, ma fornì l' indicazione, pur in assenza degli strumenti di misura attuali, che la loro velocità doveva rasentare quella della luce.
Nel corso dell' esperimento Opera, avviato nel 2006, sono state sostanzialmente ricreate le stesse condizioni. Dal Cern di Ginevra vengono lanciati miliardi di neutrini verso i laboratori del Gran Sasso, di questi non sono più di una ventina quelli che giungono a destinazione.
A rendere ancora più complicato vedere questa particella ci si mette il suo trasformismo. Di neutrini in natura ne esistono di tre tipi: muonici, elettronici e tachionici (tau) e sembra che durante il loro viaggio i primi possano cambiare la loro forma, o sapore come lo chiamano gli scienziati, convertendosi negli ancora più inafferrabili tau, al Gran Sasso ne è stato catturato uno dall' inizio dell' esperimento.
Il fenomeno, noto come oscillazione del neutrino, era stato teorizzato nel 1969 dal fisico italiano Bruno Pontecorvo.
Se confermata questa mutazione implicherebbe che il neutrino sia dotato di massa, per quanto minima. Una scoperta in grado di aprire nuovi scenari nello studio della materia oscura, di cui i neutrini potrebbero essere una componente significativa.
Non a caso gli stessi ricercatori del Gran Sasso hanno sempre tenuto un atteggiamento molto prudente.
Per cercare di dissipare i dubbi è stato deciso di ripetere l' esperimento. Il prossimo maggio dal CERN di Ginevra partirà un nuovo fascio di neutrini con destinazione i laboratori abruzzesi.
Più veloci della luce o no, i neutrini impiegheranno meno di un attimo, non più di 2,4 millesimi di secondo a percorrere i 730 chilometri che separano i due centri di ricerca.
Emesse dalle stelle in quantità industriali, queste particelle subatomiche sono le più diffuse nel cosmo dopo i fotoni.
Tanta abbondanza è compensata da una grande timidezza, i neutrini, interagendo pochissimo con la materia ordinaria, sono quasi inafferrabili.
Tappa fondamentale nel loro studio fu il 23 febbraio 1987, quando nella Grande Nube di Magellano,a 160.000 anni luce di distanza dalla Terra, esplose una stella supernova. L' esplosione proiettò nello spazio una marea di neutrini, alcuni dei quali furono catturati da tre rilevatori piuttosto distanti tra loro, uno nei laboratori sotto il Monte Bianco, il secondo a Tokio e il terzo negli Stati Uniti, in Michigan.
Un piccolo dato numerico rende bene l'idea della difficoltà di scovare questi fantasmi cosmici. Lo sciame di neutrini che investì il nostro pianeta il 23 febbraio del 1987 era quantificato in 10 miliardi per centimetro quadrato, i tre rilevatori ne individuarono complessivamente 21.
L' osservazione di quella manciata di particelle non fugò il dubbio se avessero una massa, per quanto minima, ma fornì l' indicazione, pur in assenza degli strumenti di misura attuali, che la loro velocità doveva rasentare quella della luce.
Nel corso dell' esperimento Opera, avviato nel 2006, sono state sostanzialmente ricreate le stesse condizioni. Dal Cern di Ginevra vengono lanciati miliardi di neutrini verso i laboratori del Gran Sasso, di questi non sono più di una ventina quelli che giungono a destinazione.
A rendere ancora più complicato vedere questa particella ci si mette il suo trasformismo. Di neutrini in natura ne esistono di tre tipi: muonici, elettronici e tachionici (tau) e sembra che durante il loro viaggio i primi possano cambiare la loro forma, o sapore come lo chiamano gli scienziati, convertendosi negli ancora più inafferrabili tau, al Gran Sasso ne è stato catturato uno dall' inizio dell' esperimento.
Il fenomeno, noto come oscillazione del neutrino, era stato teorizzato nel 1969 dal fisico italiano Bruno Pontecorvo.
Se confermata questa mutazione implicherebbe che il neutrino sia dotato di massa, per quanto minima. Una scoperta in grado di aprire nuovi scenari nello studio della materia oscura, di cui i neutrini potrebbero essere una componente significativa.