Angeli nell'Inferno di Dante
Parlare di figure angeliche presenti nell'Inferno di Dante può sembrare al lettore un'affermazione antitetica a se stessa. Questo perché l'Inferno è culturalmente conosciuto come luogo caratterizzato da estremo dolore, enorme disperazione ed eterno tormento entro i cui confini, qui appena abbozzati, rientra sicuramente anche l'Inferno descritto da Dante nella prima cantica della Commedia. Il testo dantesco è ricco di vivaci quanto dettagliatamente atroci descrizioni che ne avvalorano la tesi di luogo terrificante. Proprio per questo motivo sembra difficile pensare e collocare figure angeliche in un luogo come l'Inferno. Eppure tali entità, diverse per ruolo, aspetto e funzione sono presenti in diversi canti, ma ciò che colpisce veramente è la sottilissima linea di confine tra natura angelica e natura diabolica.
Discipline quali la demonologia e l'angelologia nel medioevo erano considerate delle vere e proprie scienze e, come tali erano studiate con estrema passione e precisione da teologi e filosofi. Esse, rivestivano un'importante ruolo, nel sapere e nell'immaginario popolare. Inoltre, la presenza di figure angeliche, all'interno dell'Inferno, si configura come un percorso attraverso cui Dante testimonia il proprio approdo culturale, per quel che concerne sia l'angelologia sia la demonologia.
Il grande interesse rivolto a queste due discipline, sviluppatesi all'interno di due bacini del sapere così in netto contrasto, fu un forte elemento d'impulso a Dante per introdurre e combinare assieme elementi attinti sia dal pensiero scientifico, in materia di angeli e diavoli, sia dalle credenze e dalle raffigurazioni popolari. Dante, nella creazione del proprio universo infernale, fece ampio uso di idee ed elementi ereditati da differenti scuole di pensiero, pur spingendosi ulteriormente in una propria rielaborazione autonoma per mezzo di invenzioni personali. Ciò avvenne nel terzo canto con l'invenzione dell'Antiferno così come con l'aggiunta di nuovi elementi inseriti nella descrizione di Lucifero; questo, solo per citare due esempi strettamente legati al nostro discorso. A questo punto è bene suggerire un ulteriore dettaglio; a queste figure “angelico-diaboliche” Dante alluse sia direttamente ma ancor più spesso indirettamente per mezzo di similitudini, metafore e perifrasi pur dedicando a ciascuna di esse un adeguato spazio all'interno del testo.
L'insieme di queste ragioni rende assai interessante lo studio e l'analisi, all'interno dei versi della prima cantica, dei singoli rimandi a tali figure pur tenendo in considerazione i rimandi alle altre due cantiche, nonché l'imprescindibile rapporto che le lega alle fonti dantesche.
Per meglio capire il ruolo rivestito dalle presenze angeliche come anche il discorso che andremo ad analizzare è bene richiamare alla mente, anche solo momentaneamente, quella che è la loro funzione nell'arco dell'intera Commedia. Figure e presenze angeliche sono infatti disseminate all'interno di tutte e tre le cantiche; differente e a tratti perfino contrastante, ne è la rappresentazione esteriore, così come la riproduzione delle funzioni in relazione al ruolo de esse svolto all'interno del testo e del luogo ove esse risiedono.
Partendo dal Paradiso, luogo d'origine nonché luogo di principale residenza degli angeli, questi sono presenti in un determinato posto nella scala celeste, ossia nella rappresentazione immaginifica del cielo, quali potenze spirituali di pura luce. Dante, pur seguendo la tradizione giudaico-cristiana li rappresenta suddivisi in schiere, secondo determinate gerarchie dalle quali traggono proprie caratteristiche peculiari.
Nel Purgatorio la percezione che abbiamo delle figure angeliche muta, esse assumono una propria fisionomia ed una consistenza quasi umana, continuando a mantenere un infinito splendore, elemento di legame con la loro vera e reale essenza. Gli angeli del Purgatorio non sono mere presenze di contorno, ma rivestono importanti ruoli e funzioni all'interno della società punitivo-salvifica del Purgatorio. Nel Purgatorio Dante incontra svariate figure angeliche: dal nocchiero che trasporta le anime, ai difensori della valletta dei principi, al custode della porta fino ai guardiani delle singole cornici. Ogni macro sezione nell'organizzazione del Purgatorio possiede come nell'Inferno un proprio custode. Qui a differenza del luogo infernale esso non ha natura demoniaco-diabolica, bensì angelica. Precisamente: l'angelo dell'umiltà, della misericordia, della mansuetudine, della sollecitudine, della giustizia, dell'astinenza e della castità. In ogni cornice, inoltre, gli espianti hanno sotto gli occhi esempi del loro vizio punito e della virtù opposta. Ulteriori presenze angeliche vedono coinvolti l'angelo posto dinnanzi all'ingresso nell'Eden e gli angeli che accompagnano Beatrice. Questa loro presenza, sul monte del Purgatorio, costituisce una fondamentale novità introdotta da Dante. Sostituendo gli angeli ai demoni, che tradizionalmente erano i custodi e spesso gli aguzzini del Purgatorio, secondo una consolidata tradizione popolare e colta, Dante contribuisce potentemente ad allontanare il Purgatorio dall'Inferno a cui era precedentemente simile e addirittura spesso contiguo.
Anche all'interno della prima cantica, l'Inferno, s'individuano tracce di presenze d'origine angelica. Dietro il mistero circa la reale identità del Messo celeste che, venuto in soccorso a Dante e Virgilio, apre loro le porte della città di Dite, è possibile individuare la presenza di un probabile angelo. Il Messo, è protagonista di un epico scontro, in cui si affrontano due schiere contrapposte: da un lato Virgilio, che rivendica il passaggio e l'ingresso nella città di Dite per mezzo della ragione; dall'altro una folta schiera di diavoli che vi si oppongono con aspra durezza, imprecazioni e grida feroci. Se la ragione, da sola, non è abbastanza forte per poter vincere, la fede, a discapito della ragione, tutto può. Ecco giungere così d'un tratto il Messo Celeste, probabilmente è un angelo o comunque una figura che detiene il pieno sostegno del Creatore. Si ripete l'antico scontro originale in cui al bene, a Dio, si oppone la schiera dei diavoli, gli angeli ribelli, coloro che erano le creature più perfette atte a nutrirsi della luce e della conoscenza divina; sono ora divenute, a causa della loro superbia, una schiera di mostri brutali e terrificanti. Tutto è ormai svanito, scomparso dal loro essere originario, nulla hanno più in comune con l'inviato celeste che dinnanzi a loro si pone. Esso rappresenta ciò che erano e ciò che ora temono di più, dinnanzi al messo e al sostegno divino che lo accompagna essi indietreggiano fino a ritirarsi, lasciando libero accesso ai due pellegrini. Ancora una volta gli angeli ribelli, i diavoli, escono sconfitti dallo scontro contro Dio e la sua autorità. Ebbene, indipendentemente dal sostegno concessogl
i da Dio, se accogliamo tale ipotesi per cui esso sia veramente un angelo, si tratterebbe dell'unico vero angelo presente nell'Inferno.
Massicciamente presenti sono invece coloro che voltarono le spalle al Creatore e alla condizione angelica. Dante ci introduce, con sostanziale novità, la schiera degli angeli neutrali, imbelli. Questi, durate la ribellione luciferina, si rifiutarono sia di difendere Dio cosi come di schierarsi con gli angeli ribelli. Senza alcuna attenuante vennero naturalmente sconfitti e sottratti dello stato di creature celesti al pari degli angeli ribelli. Ulteriori presenze infernali ci rimandano, per via delle loro origini all'angelologia infatti, nella teologia, era diffusa la credenza che un numero imprecisato di angeli, corrotti dalla superbia, furono rinnegati da Dio e quindi, scacciati dal Paradiso, divennero creature malefiche genericamente note con l'appellativo di diavoli: angeli decaduti ma anche angeli ribelli. Assieme agli angeli ribelli essi precipitarono dall'Empireo e vennero accolti nell'Inferno che pure, dinnanzi alla loro viltà li rifiutò, relegandoli in una zona grigia, l'Antinferno, posta al di fuori dell'Inferno vero e proprio. Ci troviamo qui nel pieno del pensiero dantesco per cui, l'essere passivi e inermi dinnanzi alle scelte e alle decisioni di vita, rappresenta una colpa e un peccato gravissimo. Dante, nel presentarci e nel trattare la sorte di questa categoria angelica, ci introduce se stesso, il suo modo d'essere e di agire; uomo integro che agì sempre e comunque secondo coscienza, accettandone ripercussioni e conseguenze. La morale, se di morale possiamo parlare in questo contesto, riguarda l'importanza d'aver il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. Perfino gli angeli ribelli, che scelsero di agire contro la divinità, appaiono, in questo frangente, premiati attraverso la collocazione all'interno dell'Inferno, un luogo maggiormente degno di rispetto se confrontato all'Antinferno.
Dei diavoli Dante tratterà ampiamente evidenziandone la negativa quanto distruttiva metamorfosi; essi giacciono ora nell'Inferno più basso, eternamente sconfitti, condannati non solo nell'aspetto ma anche nel profondo a provar un'angosciante e perpetua invidia verso ciò che erano in principio e verso ogni creatura divina prima tra tutte l'umanità. Ormai giunto alla quinta bolgia dell'ottavo cerchio Dante può direttamente constatare da vicino la metamorfosi attraverso l'incontro ravvicinato con un gruppo di diavoli. Può vederne e studiarne i cambiamenti fisici, la parodizzazione del loro originale aspetto angelico; così come può osservarne il decadimento intellettuale, non più creature dotate dell'intelligenza divina ma un manipolo di diavoli maldestri, poco intelligenti, suscettibili ed ingannabili. Notiamo qui la bravura, nonché la capacità dantesca, di convincere il lettore unendo elementi tratti dalla tradizione con altri prettamente desunti dalla cultura popolare. L'unione non solo risulta convincente ma ulteriormente ci induce ad osservare come sia priva di bellezza, sia esteriore che interiore, la vita di coloro che scelgono di non agire secondo la retta via: della giustizia e del rispetto divino.
A Lucifero, principe dei demoni, viene dedicato, all'ultimo canto dell'Inferno, un ampio spazio: la sua rappresentazione segue e ricalca con qualche novità quella emersa anche nelle raffigurazioni pittoriche e letterarie del tempo secondo l'immaginario comunemente diffuso all'epoca. A Dante interessò soprattutto sottolinearne la colpa, il peccato che ne condussero alla caduta così come era studiato già precedentemente dai teologi. Lucifero, la più bella e alta creatura di Dio, commise peccato di superbia contro il creatore, come si legge nell'Apocalisse, trascinando con sé gli angeli che con lui si erano ribellati. Si osserva come la parodia raggiunga il suo picco massimo all'interno del poema. Lucifero, come i diavoli incontrati in precedenza entro le mura di Dite, appartiene al folto gruppo degli angeli che si ribellarono a Dio; non solo Lucifero fu uno di loro ma fu colui che era capo della ribellione. Creatura angelica più perfetta, diede inizio alla ribellione; scintilla istigatrice, non solo precipitò nella voragine infernale ma ne rappresenta, seppur vinto e sconfitto, il punto più estremo, il male assoluto. Dal riepilogo qui effettuato degli incontri angelici infernali, di cui abbiamo trattato in questo breve riassunto, osserviamo come Dante abbia tracciato, sulla scia della ribellione iniziale operata dal gruppo angelico, una parabola ascendente al fine di mostrarci quale sorte sia accaduta a quest'ultimi. Tutto inizia con gli angeli neutrali, solamente accennati, nulla ci vien detto circa il loro aspetto o il loro carattere, volutamente ignorati da Dante così come loro scelsero di ignorare gli eventi che li vedono personalmente coinvolti. Essi sono collocati all'inizio del viaggio dantesco, nel vestibolo infernale, ancor prima del vero Inferno. Seguendo i passi di Dante e Virgilio vediamo una parte delle legioni ribelli, ad essi, come categoria, il testo dantesco riserverà uno spazio maggiore e più dettagliato. L'accuratezza descrittiva, la maggior caratterizzazione anche di singole figure si sviluppano attorno a più episodi nell'arco di più canti. Nel nono canto un'imponente schiera, numericamente elevata, si affaccia sulla scena, apparendo nella sua moltitudine come un unico grande personaggio; fin dall'entrata in scena i diavoli appaiono sia a Dante sia a noi, tramite le parole di Dante, come gruppo. Appena cominciata la scia delle descrizioni diaboliche, ecco apparire un Messo Celeste dinnanzi ai diavoli, a ricordarne e ribadirne l'eternità della loro condizione di sconfitti e subalterni sottoposti al potere divino. Nei canti XXI, XXII, XXIII, i diavoli riappaiono in gruppo, meno numerosi; maggiore è l'attenzione prestata da parte di Dante nel raccontarceli come singole identità, di ognuno di loro carpiamo qualche informazione circa la loro personalità e il loro aspetto. Nell'ultimo canto, interamente dedicato a Lucifero, l'attenzione rivolta a caratterizzare il singolo personaggio ne diviene il motivo e lo sfondo principale su cui si esaurisce l'intera vicenda.
L'angelologia si occupa quindi sia delle gerarchie angeliche così come di quelle diaboliche, come pure delle singole personalità di angeli e demoni; discipline apparentemente distanti e contrastanti eppure strettamente legate l'una all'altra da profondi vincoli.
Discipline quali la demonologia e l'angelologia nel medioevo erano considerate delle vere e proprie scienze e, come tali erano studiate con estrema passione e precisione da teologi e filosofi. Esse, rivestivano un'importante ruolo, nel sapere e nell'immaginario popolare. Inoltre, la presenza di figure angeliche, all'interno dell'Inferno, si configura come un percorso attraverso cui Dante testimonia il proprio approdo culturale, per quel che concerne sia l'angelologia sia la demonologia.
Il grande interesse rivolto a queste due discipline, sviluppatesi all'interno di due bacini del sapere così in netto contrasto, fu un forte elemento d'impulso a Dante per introdurre e combinare assieme elementi attinti sia dal pensiero scientifico, in materia di angeli e diavoli, sia dalle credenze e dalle raffigurazioni popolari. Dante, nella creazione del proprio universo infernale, fece ampio uso di idee ed elementi ereditati da differenti scuole di pensiero, pur spingendosi ulteriormente in una propria rielaborazione autonoma per mezzo di invenzioni personali. Ciò avvenne nel terzo canto con l'invenzione dell'Antiferno così come con l'aggiunta di nuovi elementi inseriti nella descrizione di Lucifero; questo, solo per citare due esempi strettamente legati al nostro discorso. A questo punto è bene suggerire un ulteriore dettaglio; a queste figure “angelico-diaboliche” Dante alluse sia direttamente ma ancor più spesso indirettamente per mezzo di similitudini, metafore e perifrasi pur dedicando a ciascuna di esse un adeguato spazio all'interno del testo.
L'insieme di queste ragioni rende assai interessante lo studio e l'analisi, all'interno dei versi della prima cantica, dei singoli rimandi a tali figure pur tenendo in considerazione i rimandi alle altre due cantiche, nonché l'imprescindibile rapporto che le lega alle fonti dantesche.
Per meglio capire il ruolo rivestito dalle presenze angeliche come anche il discorso che andremo ad analizzare è bene richiamare alla mente, anche solo momentaneamente, quella che è la loro funzione nell'arco dell'intera Commedia. Figure e presenze angeliche sono infatti disseminate all'interno di tutte e tre le cantiche; differente e a tratti perfino contrastante, ne è la rappresentazione esteriore, così come la riproduzione delle funzioni in relazione al ruolo de esse svolto all'interno del testo e del luogo ove esse risiedono.
Partendo dal Paradiso, luogo d'origine nonché luogo di principale residenza degli angeli, questi sono presenti in un determinato posto nella scala celeste, ossia nella rappresentazione immaginifica del cielo, quali potenze spirituali di pura luce. Dante, pur seguendo la tradizione giudaico-cristiana li rappresenta suddivisi in schiere, secondo determinate gerarchie dalle quali traggono proprie caratteristiche peculiari.
Nel Purgatorio la percezione che abbiamo delle figure angeliche muta, esse assumono una propria fisionomia ed una consistenza quasi umana, continuando a mantenere un infinito splendore, elemento di legame con la loro vera e reale essenza. Gli angeli del Purgatorio non sono mere presenze di contorno, ma rivestono importanti ruoli e funzioni all'interno della società punitivo-salvifica del Purgatorio. Nel Purgatorio Dante incontra svariate figure angeliche: dal nocchiero che trasporta le anime, ai difensori della valletta dei principi, al custode della porta fino ai guardiani delle singole cornici. Ogni macro sezione nell'organizzazione del Purgatorio possiede come nell'Inferno un proprio custode. Qui a differenza del luogo infernale esso non ha natura demoniaco-diabolica, bensì angelica. Precisamente: l'angelo dell'umiltà, della misericordia, della mansuetudine, della sollecitudine, della giustizia, dell'astinenza e della castità. In ogni cornice, inoltre, gli espianti hanno sotto gli occhi esempi del loro vizio punito e della virtù opposta. Ulteriori presenze angeliche vedono coinvolti l'angelo posto dinnanzi all'ingresso nell'Eden e gli angeli che accompagnano Beatrice. Questa loro presenza, sul monte del Purgatorio, costituisce una fondamentale novità introdotta da Dante. Sostituendo gli angeli ai demoni, che tradizionalmente erano i custodi e spesso gli aguzzini del Purgatorio, secondo una consolidata tradizione popolare e colta, Dante contribuisce potentemente ad allontanare il Purgatorio dall'Inferno a cui era precedentemente simile e addirittura spesso contiguo.
Anche all'interno della prima cantica, l'Inferno, s'individuano tracce di presenze d'origine angelica. Dietro il mistero circa la reale identità del Messo celeste che, venuto in soccorso a Dante e Virgilio, apre loro le porte della città di Dite, è possibile individuare la presenza di un probabile angelo. Il Messo, è protagonista di un epico scontro, in cui si affrontano due schiere contrapposte: da un lato Virgilio, che rivendica il passaggio e l'ingresso nella città di Dite per mezzo della ragione; dall'altro una folta schiera di diavoli che vi si oppongono con aspra durezza, imprecazioni e grida feroci. Se la ragione, da sola, non è abbastanza forte per poter vincere, la fede, a discapito della ragione, tutto può. Ecco giungere così d'un tratto il Messo Celeste, probabilmente è un angelo o comunque una figura che detiene il pieno sostegno del Creatore. Si ripete l'antico scontro originale in cui al bene, a Dio, si oppone la schiera dei diavoli, gli angeli ribelli, coloro che erano le creature più perfette atte a nutrirsi della luce e della conoscenza divina; sono ora divenute, a causa della loro superbia, una schiera di mostri brutali e terrificanti. Tutto è ormai svanito, scomparso dal loro essere originario, nulla hanno più in comune con l'inviato celeste che dinnanzi a loro si pone. Esso rappresenta ciò che erano e ciò che ora temono di più, dinnanzi al messo e al sostegno divino che lo accompagna essi indietreggiano fino a ritirarsi, lasciando libero accesso ai due pellegrini. Ancora una volta gli angeli ribelli, i diavoli, escono sconfitti dallo scontro contro Dio e la sua autorità. Ebbene, indipendentemente dal sostegno concessogl
i da Dio, se accogliamo tale ipotesi per cui esso sia veramente un angelo, si tratterebbe dell'unico vero angelo presente nell'Inferno.
Massicciamente presenti sono invece coloro che voltarono le spalle al Creatore e alla condizione angelica. Dante ci introduce, con sostanziale novità, la schiera degli angeli neutrali, imbelli. Questi, durate la ribellione luciferina, si rifiutarono sia di difendere Dio cosi come di schierarsi con gli angeli ribelli. Senza alcuna attenuante vennero naturalmente sconfitti e sottratti dello stato di creature celesti al pari degli angeli ribelli. Ulteriori presenze infernali ci rimandano, per via delle loro origini all'angelologia infatti, nella teologia, era diffusa la credenza che un numero imprecisato di angeli, corrotti dalla superbia, furono rinnegati da Dio e quindi, scacciati dal Paradiso, divennero creature malefiche genericamente note con l'appellativo di diavoli: angeli decaduti ma anche angeli ribelli. Assieme agli angeli ribelli essi precipitarono dall'Empireo e vennero accolti nell'Inferno che pure, dinnanzi alla loro viltà li rifiutò, relegandoli in una zona grigia, l'Antinferno, posta al di fuori dell'Inferno vero e proprio. Ci troviamo qui nel pieno del pensiero dantesco per cui, l'essere passivi e inermi dinnanzi alle scelte e alle decisioni di vita, rappresenta una colpa e un peccato gravissimo. Dante, nel presentarci e nel trattare la sorte di questa categoria angelica, ci introduce se stesso, il suo modo d'essere e di agire; uomo integro che agì sempre e comunque secondo coscienza, accettandone ripercussioni e conseguenze. La morale, se di morale possiamo parlare in questo contesto, riguarda l'importanza d'aver il coraggio di assumersi le proprie responsabilità. Perfino gli angeli ribelli, che scelsero di agire contro la divinità, appaiono, in questo frangente, premiati attraverso la collocazione all'interno dell'Inferno, un luogo maggiormente degno di rispetto se confrontato all'Antinferno.
Dei diavoli Dante tratterà ampiamente evidenziandone la negativa quanto distruttiva metamorfosi; essi giacciono ora nell'Inferno più basso, eternamente sconfitti, condannati non solo nell'aspetto ma anche nel profondo a provar un'angosciante e perpetua invidia verso ciò che erano in principio e verso ogni creatura divina prima tra tutte l'umanità. Ormai giunto alla quinta bolgia dell'ottavo cerchio Dante può direttamente constatare da vicino la metamorfosi attraverso l'incontro ravvicinato con un gruppo di diavoli. Può vederne e studiarne i cambiamenti fisici, la parodizzazione del loro originale aspetto angelico; così come può osservarne il decadimento intellettuale, non più creature dotate dell'intelligenza divina ma un manipolo di diavoli maldestri, poco intelligenti, suscettibili ed ingannabili. Notiamo qui la bravura, nonché la capacità dantesca, di convincere il lettore unendo elementi tratti dalla tradizione con altri prettamente desunti dalla cultura popolare. L'unione non solo risulta convincente ma ulteriormente ci induce ad osservare come sia priva di bellezza, sia esteriore che interiore, la vita di coloro che scelgono di non agire secondo la retta via: della giustizia e del rispetto divino.
A Lucifero, principe dei demoni, viene dedicato, all'ultimo canto dell'Inferno, un ampio spazio: la sua rappresentazione segue e ricalca con qualche novità quella emersa anche nelle raffigurazioni pittoriche e letterarie del tempo secondo l'immaginario comunemente diffuso all'epoca. A Dante interessò soprattutto sottolinearne la colpa, il peccato che ne condussero alla caduta così come era studiato già precedentemente dai teologi. Lucifero, la più bella e alta creatura di Dio, commise peccato di superbia contro il creatore, come si legge nell'Apocalisse, trascinando con sé gli angeli che con lui si erano ribellati. Si osserva come la parodia raggiunga il suo picco massimo all'interno del poema. Lucifero, come i diavoli incontrati in precedenza entro le mura di Dite, appartiene al folto gruppo degli angeli che si ribellarono a Dio; non solo Lucifero fu uno di loro ma fu colui che era capo della ribellione. Creatura angelica più perfetta, diede inizio alla ribellione; scintilla istigatrice, non solo precipitò nella voragine infernale ma ne rappresenta, seppur vinto e sconfitto, il punto più estremo, il male assoluto. Dal riepilogo qui effettuato degli incontri angelici infernali, di cui abbiamo trattato in questo breve riassunto, osserviamo come Dante abbia tracciato, sulla scia della ribellione iniziale operata dal gruppo angelico, una parabola ascendente al fine di mostrarci quale sorte sia accaduta a quest'ultimi. Tutto inizia con gli angeli neutrali, solamente accennati, nulla ci vien detto circa il loro aspetto o il loro carattere, volutamente ignorati da Dante così come loro scelsero di ignorare gli eventi che li vedono personalmente coinvolti. Essi sono collocati all'inizio del viaggio dantesco, nel vestibolo infernale, ancor prima del vero Inferno. Seguendo i passi di Dante e Virgilio vediamo una parte delle legioni ribelli, ad essi, come categoria, il testo dantesco riserverà uno spazio maggiore e più dettagliato. L'accuratezza descrittiva, la maggior caratterizzazione anche di singole figure si sviluppano attorno a più episodi nell'arco di più canti. Nel nono canto un'imponente schiera, numericamente elevata, si affaccia sulla scena, apparendo nella sua moltitudine come un unico grande personaggio; fin dall'entrata in scena i diavoli appaiono sia a Dante sia a noi, tramite le parole di Dante, come gruppo. Appena cominciata la scia delle descrizioni diaboliche, ecco apparire un Messo Celeste dinnanzi ai diavoli, a ricordarne e ribadirne l'eternità della loro condizione di sconfitti e subalterni sottoposti al potere divino. Nei canti XXI, XXII, XXIII, i diavoli riappaiono in gruppo, meno numerosi; maggiore è l'attenzione prestata da parte di Dante nel raccontarceli come singole identità, di ognuno di loro carpiamo qualche informazione circa la loro personalità e il loro aspetto. Nell'ultimo canto, interamente dedicato a Lucifero, l'attenzione rivolta a caratterizzare il singolo personaggio ne diviene il motivo e lo sfondo principale su cui si esaurisce l'intera vicenda.
L'angelologia si occupa quindi sia delle gerarchie angeliche così come di quelle diaboliche, come pure delle singole personalità di angeli e demoni; discipline apparentemente distanti e contrastanti eppure strettamente legate l'una all'altra da profondi vincoli.