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Scritto da nel Numero 84 - 1 Novembre 2011, Scienza | 0 commenti

Manifestazioni d'autunno

Alla fine l’autunno si è manifestato. E lo ha fatto purtroppo anche con una certa dose di spavalderia e di aggressività. Dalle auto in fiamme in via Labicana a Roma alle terribili immagini di fango e distruzione, provenienti da quell’angolo incantato d’Italia che sono le Cinque Terre, il minimo comune denominatore è la furia cieca degli eventi. Si possono fermare queste esplosioni di violenza? Probabilmente no; vanno invece prevenute e/o convogliate sui giusti binari.
Il discorso è complesso e forse lo è maggiormente per le manifestazioni sociali che per quelle naturali. Alla base vi è però in entrambi i casi un accumulo, di tensione o di calore. E sempre una certa superficialità nel non approntare rimedi a monte e a valle che possano evitare le deflagrazioni più clamorose che poi, per loro natura, arrecano danno a tutti e tutto.
Partendo dalla manifestazione d’autunno meteorologica diciamo pure che era nell’aria. In questo caso non occorrevano servizi segreti e intelligenze particolari per capire che potenzialmente si profilava la devastazione. Poi certamente, e per fortuna, non sempre a determinate precondizioni il disastro accade…non vi sono meccanismi automatici ed equazioni logiche nella meteo che producano sempre il medesimo risultato. Detto ciò la siccità che si protraeva da almeno 3 mesi, la persistenza di una bolla di calore, financo alla metà di ottobre, sui bacini mediterranei ed il conseguente non raffreddamento del mare, non potevano che essere detonatori per la prima vera irruzione atlantica di stampo autunnale. E così è stato. A farne le spese una delle zone più piovose d’Italia, ossia il Levante ligure e la Lunigiana. L’accumulo di calore, oltre ad una disposizione perniciosa dei venti, hanno permesso la riproduzione continuata sul Tirreno settentrionale di celle temporalesche che hanno riversato quantitativi impressionanti d’acqua, fino a 500 mm in mezza giornata in Val di Vara, ossia quanto piove di solito in un anno a Roma (che peraltro aveva avuto il suo bel nubifragio, qualche giorno prima, con punte di 250-300 mm in alcuni quartieri). Dunque l’evento è stato davvero eccezionale e però, come sempre in questi casi, sorge una domanda spontanea: che si poteva fare per evitare almeno le vittime? Mah…direi poco dal punto di vista della prevenzione dell’accidente meteorologico perché la natura non si ferma; tanto per quanto concerne la limitazione del danno. Evacuazione delle aree interessate? L’hanno fatto Obama ed il sindaco di New York in una metropoli, credo si possa prendere in esame anche per zone a minor densità demografica, come quelle italiche. Quando si approssima la perturbazione e le certezze sono quasi definitive è però forse tardi per evacuare. Bisogna dunque che scienziati ed amministratori si mettano ad un tavolo per fare delle “pensate” circa il giusto compromesso temporale e circa l’assunzione della responsabilità di fare un eventuale flop (come in parte è accaduto negli Usa).
Inoltre giusto un cenno sulla litania ormai imparata a memoria da tutti noi italiani e specialmente da noi (ma non solo da noi, basti ricordare New Orleans, sempre per rimanere nell’ambito delle grandi nazioni): senza la drastica ed immediata riduzione della cementificazione e senza un’operazione su vasta scala di bonifica ambientale non si riusciranno mai a evitare le catastrofi. Occorre fermare subito la politica affaristica dove tutto è in funzione dello stramaledetto guadagno, quand’anche questo fosse collettivo e non privatistico come invece accade, perché su alcuni fronti, quale quello della tutela ambientale e del territorio, si è ad un passo dal baratro se non si torna ad una dimensione di maggiore “naturalità”.
Dalla manifestazione d’autunno meteorologica a quella sociale il passo è breve, sebbene a ritroso. Il 15 ottobre doveva essere una solare giornata di protesta verso un sistema inetto, iniquo e ormai incancrenitosi nei suoi meccanismi essenziali. Le banche e la finanza mondiale producono il crac, l’economia reale, o quel poco che ne resta, collassa, la politica è succube e impotente, quando non collusa o comunque in sintonia d’interessi. La ricetta è quella classica: far pagare tutti per salvare i pochi e paradossalmente per salvare proprio chi ha creato il danno. Roba da rivoltare non solo le piazze ma anche gli stomaci. Che si può fare per interrompere il circuito? Che si può fare per costringere la politica a tornare a fare politica e a mettere un vero riparo alla crescita delle diseguaglianze? Non credo che in questo momento sia possibile e possa servire la presa d’autunno (tutto torna) dei palazzi del potere, anche se davvero in essi si asserragliano i loschi.
C’è bisogno di tempo, per far crescere il movimento, affinchè esso venga compreso ed adottato dalle masse e per mettere a punto dei progetti dal basso alternativi agli attuali. Le avanguardie tumultuose, se non capite, spaventano ed allontanano la gente; i falò inutili, gli sfregi su vetrine super assicurate (così si alimenta uno dei loro principali filoni di ricchezza) e la volontà di punire le polizie, che pure avrebbero bisogno di una bella ripulita in senso democratico, divertono i parolai che non vedono l’ora di alimentare la sindrome di Genova mettendo in cattiva luce le proteste e impediscono che si apra un serio dibattito mondiale su come superare il capitalismo. Poi se non vi sarà ascolto, filtro e mediazione (che non significa annacquamento) da parte delle organizzazioni sociali, la protesta e la lotta si misurerà con le contingenze del momento e nella storia nessuno ha mai saputo predire quali possano essere gli scenari di rivolta e soprattutto in quali forme si attueranno. Ad oggi credo che le violenze si potrebbero prevenire, a monte, cambiando registro, politico, di sistema ed anche di sviluppo dei meccanismi della democrazia (ecco la differenza con l’ineluttabilità dell’evento climatico) e poi, a valle, emarginando gli “er Pelliccia”, che francamente esprimono più un disagio esistenziale che non sociale, e provando a stabilire un contatto ed una mediazione con coloro che, spinti da rabbia, disperazione o impostazione ideologica, pensano sia arrivato il momento della resa dei conti.
Ma l’autunno meteo continuerà a manifestarsi? Si direbbe proprio che ne abbia tutta l’intenzione. Non solo si è ormai aperta la porta alle perturbazioni atlantiche, dopo settimane di alta pressione azzorriana stazionante sulla penisola iberica che ne impedivano l’ingresso, ma in aggiunta si è consolidato una gigantesco anticiclone sull’est europeo, il che creerà una condizione di blocco alle medesime. Se al momento esso copre anche il nord  e l’est dello stivale e il brutto tempo è relegato alle nostre due isole maggiori e al sud della Calabria, a causa della presenza di una falla basso pressoria fra le coste africane e l’Italia, con la prima spallata, che ci sarà già nel corso della settimana, l’anticiclone si sposterà di
là dall’Adriatico e fungerà da gendarme all’avanzamento delle piogge verso est. Queste di conseguenza potrebbero concentrarsi sull’Italia e lo scenario complessivo, con l’alimentazione delle correnti meridionali di scirocco, potrebbe risultare nuovamente nefasto specie sulle regioni esposte. E vale a dire, regioni prealpine, e nello specifico la fascia pedemontana fra Vicenza e Udine, la zona che va dal Biellese e l’Ossola ai laghi lombardi ed ancora una volta la Liguria orientale e l’alta Toscana. Grande attenzione deve essere prestata anche per la Sardegna che in una prima fase sarà quella più coperta dalle nubi. Poi lentamente tutto il sistema scivolerà sulle regioni adriatiche e meridionali, che in un primo momento, grazie al richiamo caldo, staranno all’asciutto e con temperature nuovamente da maglietta. Ma intanto ci vorranno giorni per la traslazione verso levante e si sarà arrivati a metà mese, quando forse, seppure in un ambito di stabilità specie al settentrione, giungeranno i primi veri freddi, il tutto condito, sia prima che dopo, da una certa persistenza di foschie dense in Valpadana che ricorderanno, a chi la vorrebbe nazione, quali records mondiali di “pallosità” raggiungerebbe il suo clima autunnale e invernale.

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