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Scritto da nel Internazionale, Numero 83 - 1 Ottobre 2011 | 0 commenti

Ruggito turco

Era da un po' di tempo che il “teribbile” popolo turco non metteva il proprio piede sul palcoscenico mondiale con tanta risoluzione, per lo meno ostentata. Nell'arco di neanche sessanta giorni, la Turchia è riuscita infatti a declassare le relazioni diplomatiche con Israele, avanzare incursioni militari in Iraq contro i militanti del PKK e minacciare Cipro di militarizzare il Mediterraneo. Non necessariamente follie, ma atti che potrebbero significare un'importante virata nella politica estera del paese.

Dalla caduta dell'impero Ottomano, la penisola anatolica si è vista al centro di alcuni passaggi chiave della Storia contemporanea, ma più di sovente come pedone in una partita più grande che come giocatore. La rivoluzione kemalista – che ha riconsegnato una forte identità a una regione sgretolatasi dopo la fine dell'impero – i conflitti con la Grecia e l'invasione di Cipro nel 1974 sono stati sì momenti storici importanti, ma dalla rilevanza internazionale tutto sommato contenuta se comparati ad episodi come l'installazione sul suo territorio dei missili Jupiter della NATO, scampato casus belli mondiale del principio degli anni Sessanta.

Nell'ultimo ventennio il mondo ha però mutato assetto, e così anche la Turchia che in esso ricerca un nuova e più invitante posizione. Dopo essere stato lungo tempo soggetto ad una forte influenza militare (tre colpi di stato, 1960, 1971, 1980), con il nuovo Millennio il paese ha trovato continuità politica e una crescita economica tra le più rampanti del pianeta. Non a caso in giugno, dopo aver viaggiato per tutto il decennio a una crescita annua del 7-8%, il popolo ha legittimato per la terza volta alla guida del paese il Partito per la Giustizia e lo Sviluppo (AKP) di ispirazione islamica ed il suo leader Recep Tayyip Erdoğan. Un percorso ambizioso che ha già raggiunto notevoli traguardi democratici e che finora è stato accompagnato da una politica estera attenta e moderata: la graduale ricerca di un ruolo di potenza regionale attraverso rapporti “di buon vicinato”, così da divenire “bilanciere” nel convulso Medio Oriente, ed una più attiva partecipazione diplomatica nelle piattaforme internazionali.

Per queste ragioni, i recenti avvenimenti potrebbero segnare un momento di discontinuità nella politica del paese. La Turchia ha declassato le relazioni diplomatiche con Israele – Stato con cui mantiene rapporti di “buon vicinato” – in una escalation della diatriba riguardante la Freedom Flotilla del maggio 2010. Un atto “d'onore” necessario da parte del presidente, ma non troppo allarmante di per sé. Tuttavia, pone lo Stato sionista in una situazione alquanto delicata, trovandosi già vedovo dell'altro suo alleato regionale – l'Egitto – nell'incertezza della Primavera Araba.

Le incursioni turche nel nord dell'Iraq sono invece una risposta al riacceso attivismo del PKK (Partito dei Lavoratori del Kurdistan), responsabile dell'uccisione in agosto di numerosi soldati turchi e di sabotaggi ai gasdotti che riforniscono il paese. Con base nel nord iracheno, il PKK rivendica l'indipendenza dei territori a prevalenza curda in Turchia, Iraq, Siria ed Iran. La questione è delle più spinose del paese ed i raid, cui si sono aggiunti quelli iraniani, mostrano il taglio deciso con cui la si intende risolvere.

Infine, la querelle con Cipro si è scatenata sui giacimenti di metano che giacciono nei fondali dell'est del Mediterraneo. La loro dimensione è tale poter soddisfare ampiamente i bisogni europei. Al ritrovamento tuttavia sono conseguite le ovvie controversie sui diritti di possessione. Apertesi dapprincipio tra Libano ed Israele, hanno ora coinvolto Cipro e Turchia. Nicosia ha infatti palesato la propria volontà di trivellare le proprie acque. Un'intenzione non gradita ad Ankara che rivendica la territorialità turco-cipriota – repubblica riconosciuta dalla sola Turchia – di quelle acque. Una situazione che non ha ancora trovato uno stalle, tant'è che la prima ha cominciato le operazioni, mentre la seconda pare anch'essa pronta a trivellare, supportata da navi da guerra.

La geopolitica della regione, così come gli equilibri globali, è in rapida e continua evoluzione. Le rivoluzioni arabe e l'imperterrita crescita asiatica spostano l'attenzione sempre più ad est. Che i ruggiti turchi rappresentino un definitivo cambio di rotta?

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