La Russia traina l'Italia verso Bric e Mikt
ITALIA-RUSSIA |
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Import (mln euro) |
Export (mln euro) |
Interscambio (mln euro) |
2008 |
16.088,76 |
10.468,88 |
26.557,64 |
2009 |
12.141,51 |
6.431,89 |
18.573,40 |
2010 |
13.053,40 |
7.908,03 |
20.961,43 |
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Import (%) |
Export (%) |
Interscambio (%) |
2009 |
-24,5% |
-38,6% |
-30,1% |
2010 |
7,5% |
23,0% |
12,9% |
Dopo un'eccezionale ondata di caldo, la Russia torna ad essere un mercato interessante per il Made in Italy. Tra i settori più interessati dalla ripresa dei rapporti commerciali ci sono sicuramente la meccanica strumentale e il tessile abbigliamento, ovvero quei due comparti grazie ai quali la Russia ha potuto da sempre rappresentare, almeno fino al 2008, il mercato quantitativamente più rilevante e qualitativamente più interessante per l'Italia.
Con una crisi economica che ha duramente colpito Mosca e i consumi dei russi abbienti, da sempre innamorati del Made in Italy, nel 2009 l'export italiano in Russia ha fatto segnare una battuta d'arresto del 38,6% rispetto all'anno precedente, ma per fortuna oggi è in atto una ripresa incoraggiante. Nel corso del 2010 l'interscambio commerciale tra Italia e Russia ha superato i 20 miliardi di euro, segnando una crescita importante del 12,9%, dopo che nell'anno precedente lo stesso dato aveva fatto registrare un preoccupante crollo di oltre il 30%. Lo shock temporaneo nei rapporti commerciali tra Italia e Russia è stato superato grazie soprattutto alla velocità di ripresa delle esportazioni italiane in Russia, che nel 2010 si sono attestate quasi a 8 miliardi di euro, con un aumento del 23% rispetto all'anno precedente. Tra i sistemi produttivi italiani, la regione Marche continua a fare da regina per valore percentuale delle merci esportate in Russia (6,6%), seguita dall'Emilia-Romagna (3,2%) e dal Veneto (2,8%), ma quasi solo relativamente a tipologie merceologiche relative al Made in Italy tradizionale (meccanica e tessile). Dalla Somacis pcb industries, realtà industriale di Castelfidardo (AN) che opera da più di trent'anni sul mercato globale producendo circuiti stampati ad elevato contenuto tecnologico, il Presidente e Amministratore Delegato, Giovanni Tridenti, fa sapere come «la domanda di elettronica proveniente dalla Russia è tendenzialmente di fascia medio-bassa, mentre quella a più alto valore aggiunto non è ancora intercettabile in quanto soddisfatta da propri circuiti di offerta a stampo militare». E questo è solo un esempio di barriera all'entrata riscontrabile in un settore ad alto valore tecnologico, perché dalla Savelli Ascensori di Fermo, che dal 1976 opera nella costruzione e montaggio degli ascensori e affini, confermano come «per questo tipo di produzioni risulta più facile operare in Europa, perché in territori extra comunitari, come la Russia, vengono richieste delle conformità e delle certificazioni di prodotto, come il certificato GOST, molto costose per una Pmi italiana».
Tra le aree emergenti – che oltre ai classici Bric (Brasile, Russia, India e Cina) oggi dovrebbero comprendere anche i cosiddetti Mikt (Messico, Indonesia, Corea del Sud e Turchia) – la Russia è uno dei Paesi, insieme alla Turchia e alla Cina, dove il Made in Italy sta sicuramente dando buone soddisfazioni, ma è da segnalare come non sia è ancora riusciti a ritornare sui livelli pre-crisi, quando l'Italia riusciva a vendere in Russia 10,5 miliardi dei suoi prodotti. Una differenza ancora di circa 2,5 miliardi per raggiungere quel livello che certamente può essere spiegata dalla forte crisi economica che ha colpito l'ex Unione Sovietica, e forse potrebbe essere opportuno, anche se forse velleitario, chiedersi se siano stati più bravi i russi a ritrovare la forza di consumare o le nostre imprese a presidiare incessantemente alcuni mercati.
Perché se ormai è assodato che il futuro è sui mercati emergenti, è un fatto che le nostre imprese giocano ancora troppo in casa. Non è tanto una pigrizia di fondo o uno scarso coraggio a bloccare i nostri imprenditori sui mercati tradizionali, quanto piuttosto una dimensione d'impresa troppo piccola per penetrare sulle aree emergenti, una distanza rilevante dai nuovi mercati di sbocco e un contesto istituzionale ritenuto dagli operatori ancora frammentario per interloquire con i nuovi giganti. Nel 2010 il valore dell'export italiano in tutto il mondo si è attestato a 337,6 miliardi di euro, ma oltre la metà (57,2%) ha riguardato i mercati di sbocco dell'Europa allargata e solo il 7,1% % i Paesi Bric. Una quota in graduale crescita rispetto agli anni scorsi, ma considerata ancora troppo esigua di fronte allo scenario in cui la ripartenza dei nuovi ordinativi arriverà soprattutto da questi Paesi e il cuore dell'economia mondiale pulserà soprattutto fuori dall'Europa.
Per tutta l'area del Centro e Nord Italia, i due mercati con cui le imprese del territorio hanno intrapreso i maggiori rapporti commerciali negli ultimi anni sono stati Russia e Cina, dove il peso dell'export in entrambe è risultato pari al 2,9%, mentre Brasile e India restano ancora due mercati difficili e lontani dove lo stesso dato si è attestato rispettivamente all'1,1% e all'1,0%. E colpisce, per esempio, come nonostante l'intensificarsi negli ultimi anni degli sforzi congiunti e missioni istituzionali in Cina, l'export delle nostre regioni nel “Regno di Mezzo” non arrivi a pesare il 3% sul quello mondiale. Speriamo che l'anno della cultura e della lingua italiana in Russia non sortisca gli stessi effetti per i nostri rapporti commerciali.