Diario da Gaza – Primo e secondo giorno – 12-13/5/2011
1 giorno:
Il pulmann è partito.
Abbiamo appena abbandonato quella città così tendente al caos, il Cairo.
La meta è Gaza, passando per il valico di Rafah.
Un sogno, un progetto, un'idea?
La costruzione di una realtà possibile in quanto immaginabile. Io mi rilasso su questi sedili appuntiti e mi godo il paesaggio.
Ieri assieme ai compagni egiziani di piazza Tahrir, abbiamo ripercorso i loro progetti di lotta, le loro pratiche, desiderosi entrambi di condividere realtà cosi distanti sulla carta, ma cosi vicine nella loro progettualità.
Loro così spontanei e difettosi, noi anche.
Apprendiamo così che il 15 sarà una grande giornata di lotta, i manifesti al Cairo parlano di una terza intifida, e chi conosce bene le precedenti sa cosa aspettarsi.
Il 15 sarà il 63° anniverdsario della Nakhba, la catastrofe Palestinese dalla traduzione dall'arabo, che ha visto la cacciata di migliaia di profughi dalle proprie terre natie nel 1948.
Questo 15 Maggio sarà una giornata di grande mobilitazione nella Palestina occupata ma anche in quella parte di mondo Arabo dove le lotte disegnano i loro bisogni e i loro desideri in questa rifiorita stagione di resistenze.
La mobilitazione si sveglia sola, quando è maturo il momento.
L'assedio a Gaza e la repressione in tutta la Palestina questo 15 Maggio verranno esportati ai popoli che dal mediterraneo in là chiedono democrazia e giustizia.
L'idea sarà quella di disegnare ampi raggi di lotta e di protesta che dai confini spingono la lotta,questa volta quella umana, verso le proprie origini. Un percorso al contrario che cerca di ridisegnare una propria memoria incarcerata sotto l'assedio.
Dal Cairo partiranno 100 pulmann diretti al valico di Rafah per raggiungere una delle manifestazioni che si concentrerà al valico di Eretz, nord della striscia, dove anche noi saremo.
Il 70% dei Palestinesi che vivono nella striscia di Gaza sono rifugiati. Rifugiati dalla conquista Israeliana dei loro territtori.
Il viaggio si prolunga in una sosta nei presi di Ismailia. A lato il deserto, noi e il deserto, noi e quei militari che decideranno il nostro percorso.
Finamente raggiungiamo Rafah.
La goia è immensa, l'accoglienza anche. Ci ritroviamo tra quei confini, egiziano e dell'Autorità Nazionale Palestinese, tra un fiume di volti nuovi carichi di sorrisi e speranze. L'apprensione, l'ansia, la gioia sciolgono i nodi di una bandiera invisibile che ci lega, i colori quelli della Palestina, di una Palestina libera.
Vittorio e la Palestina decidono il corso della stroia, in quela piccola stanza, vicina alla terra assediata.
La striscia scivola come un lungo rettilineo che sembra aprire le sue braccia ai nostri occhi. Tutto si svela, tutto è svelato, le luci incorniciano il quadro di un mistero ancora difficile da cogliere nelle sue infinite sfumature. Io solo mi limito ad osservare e a sentirmi osservata, continuamente, dolcemente.
Il tragitto continua rettilineo, ed io non mi muovo.
La scorta ci guida, la sosta in un grande palazzo a 4 piani. Il buio, la polvere, le voci, la gioia diventano confusione e si lasciano confondere. Ci siamo riusciti.
Nella gioia impossibile a trattenersi stiamo insieme, insieme ai ragazzi ai compagni del GYBO, delle proteste che da Marzo in poi hanno popolato la striscia di Gaza. Stiamo insieme a Vittorio che vive nelle canzoni, nelle nostre e nelle loro, nelle parole spese in fretta, raccontate.
La notte su Gaza è buia, dentro quel palazzo non mi sembra nulla reale, mi affaccio e mi si taglia la gola, mi brucia il respiro, fuori il mare, fuori è Gaza.
13/05/2011
2 giorno:
La mattina presto ci spostiamo assieme ai compagni palestinesi di GYBO conosciuti da poche ore, ma cosi immensamente vicini.
Percorriamo le strade della città vecchia, Sidra e Sahet el Shawa, percorriamo la grande strada Salah el Din che da nord a sud percorre dritta la striscia di Gaza.
Azbet abd Rabdu, vicino al campo profughi di Jabalia, totalmente distrutto durante l'operazione ''Piombo Fuso'' (Dicembre 2008- Gennaio 2009), la distruzione è totale.
Ferraglie accatastate per il riciclaggio dei materiali che posso essere utili nella ricostruzione delle case, materiali che non sono sufficienti perchè nella striscia non può entrare nulla che non sia monitorizzato da Israele. Ricostruirsi dunque è difficile, c'è chi combatte con questo ogni giorni, c'è chi ricostruisce la propria casa due, tre, quattro volte negli anni, anche questa la chiamiamo Resistenza!
Raggiungiamo il quartiere che oggi porta il nome della famiglia Al Samoni. Una storia di dolore e distruzione. La storia di una famiglia che durante l'operazione ''Piombo Fuso'' ha perso donne uomini figli mariti mogli, 30 persone in tutto, che nella desolazione di una ricostruzione difficile e lenta vive la sua quotidianità nel ricordo di quella tragedia. Un asilo prende forma grazie al progetto Samoni. L'idea nasce dall'esigenza di una ricostruizione che assicuri dignità e futuro ai soggetti più colpiti da quella guerra: i bambini.
Un convoglio che porti materiale per la scuola è previsto dal progetto, un progetto tutto palestinese che ancora una volta deve chiedere l'aiuto al mare per raggiungere la solidarietà.
Resto un po' con Maisaa che mi scrive il suo nome sulla sabbia, io le liscio dove è più umido. Conosce un pò l'ing
lese, qualche parola.
Camminiamo insieme fino alla casa bombardata e poi ricostruita. Siamo tanti e l'energia evapora sotto un sole ustionante che non lascia spazio alle ombre.