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Scritto da nel Letteratura e Filosofia, Numero 77 - 1 Marzo 2011 | 0 commenti

Il senso della vergogna





Durante la guerra di Troia, quella omerica non quella di Arcore, Ettore sacrificò la sua vita per la vergogna che provava nei confronti di suo fratello Paride, che dopo aver dato origine alla guerra, era stato salvato da Afrodite durante il duello risolutivo con il cornuto Menelao, che stava per fargli la pelle. Invece di combattere e morire per la Patria, Paride corre per sette volte intorno alle mura della città, battendo ogni record di velocità e codardia, per poi ritrovarsi nel letto di Elena grazie all'intervento divino, e battendo anche lì ogni record di velocità e lussuria. Tutti lo guardavano male, eravamo nel pieno della società della vergogna, ma lui evidentemente pensava più alla società della fregna. Difficile immedesimarsi ai nostri giorni…

Ma cosa provavano i pelosi eroi greci quando tutta la loro comunità li guardava con disappunto per aver commesso infauste azioni, per esempio insegnare la filosofia ai fanciulli a colpi di minchia?

Non lo sapremo mai. Il senso della vergogna è stato infatti barattato per un più comodo senso di colpa, che dovrebbe rodere la coscienza di chi ancora ne ha una. Insomma, anche le cazzate più scellerate devono rispettare la privacy, non si può più andare in giro a dire a chicchessia: “Stai facendo una cagata memorabile e probabilmente il tuo nome diventerà un lemma nel vocabolario delle cagate”. No. Bisogna aspettare che il senso di colpa redima, attraverso un intimo dolore, le colpe di cui ci siamo macchiati.

È possibile? Come siamo arrivati a questa sorta di annichilimento del pensiero critico? Perché non posso più dare del coglione a chi mi sta spiegando senza vergogna che il ritorno al nucleare è una scelta razionale? Perché non mi aspetto più nessun suicidio riparatore, come quando i grandi personaggi del Popolo Romano si vergognavano di essere vivi e vili? Come sopravvivo io a tutto ciò?

La mia strategia è stata molto semplice: se la vergogna è stata barattata con la colpa, la mia colpa la baratto con la birra. Sembra una cagata, in parte lo è, ma non avendo colpa né vergogna, mi berrò una birra e lo dirò lo stesso. Io non mi pento e non mi vergogno! Sono alticcio e parlo di rivoluzioni bolsceviche nella riviera romagnola? Non mi vergogno! Dopo aver insultato tutte le comunità religiose incomincio a mastrurbarmi in locali pubblici, possibilmente mentre cerco di fare il galante con qualche signorina cicciotella e procace? Non mi pento! Mi sveglio nudo in una chiesa, la domenica mattina, abbracciato alla perpetua? Bevo una birra! Posso sempre dire di essere il nipote del papa. O anche il suo fidanzato.

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