Dogane e Questure: l'unità al di là della legalità
L'Unità d'Italia è stata la diffusione in tutto il paese della struttura amministrativa dello stato sabaudo, tipicamente centralista.
Attualmente, prendendo in esame le modalità di comportamento di due importanti uffici dislocati sul territorio nazionale, è possibile osservare come ad una apparente unità nazionale corrisponda invece un differente trattamento dei cittadini nelle diverse province.
Se per un verso la norma è universale e valida per tutti, Il punto critico riguarda i meccanismi di interpretazione che ne individuano la differente applicazione da parte dei soggetti tenuti a farla rispettare.
A scuola abbiamo studiato che il potere legislativo fa le leggi, l'esecutivo le applica, il giudiziario controlla: osserviamo che in base a come le norme sono applicate, si possa verificare una distanza tra la legittimità procedurale, la legalità formale e sostanziale. In sintesi, se il lavoro dell'amministrazione periferica è quello di applicare la legge, starà nella sua facoltà decidere come e pertanto la sua attività sarà legittima, ma un'errata interpretazione potrebbe renderla non conforme alla legge. E' il caso in cui l'esecutivo non ottempera al suo compito costituzionale.
L'Agenzia delle Dogane si occupa dell'esazione e del controllo di alcune imposte indirette e dei documenti che le imprese devono produrre per commercializzare alcuni prodotti sul territorio italiano. La legge regola, per esempio, le tipologie di consumi che rendono il medesimo assoggettato o esente da imposte. La questione non è secondaria, essendo la materia fiscale particolarmente rilevante sia nel rapporto giuridico tra cittadino e stato, sia per la realizzazione della politica economica. Così un moderno governo si trova ad affrontare un trade-off: quanto più la normativa sarà intricata dagli sviluppi dell'economia e quanto più giustamente verranno decentrate le responsabilità dell'ufficio territoriale, tanto più il medesimo comma potrà essere applicato in maniera diversa, rendendo ineguale il rapporto tra i cittadini e il fisco.
La Dogana riporta così alla mente le dogane dell'Italia pre-unitaria e pre-moderna, ricordando come – secondo il tratto di strada percorso – il viaggiatore e il commerciante si trovasse alla mercé del balzello stabilito dal detentore del potere in quello specifico ambito.
In questo senso, la soluzione efficiente e giusta sarebbe quella di un forte coordinamento centrale in grado di uniformare la lettura da parte dei funzionari (come successo per esempio con l'Agenzia delle Entrate): ovvero al decentramento corrisponde un diverso lavoro per il centro, che dovrebbe in tal senso ricollocare il proprio personale. Questo consentirebbe anche di ridurre il carico sui ricorsi per via giudiziaria.
Caso altrettanto sensibile, nei rapporti tra cittadino e Stato, è quello dell'ordine pubblico. Questa, d'altra parte, era una delle preoccupazione che con maggiore delicatezza affrontarono i nostri costituenti, che in un contesto di uscita dallo stato di polizia fascista, di amnistia verso i gerarchi e di codice penale Rocco cercavano di istituire un sistema democratico nella nostra martoriata penisola. In tal senso si inquadrano le prescrizioni costituzionali sul diritto di esistenza delle forme associative, sul valore pubblico della condivisione delle libertà personali all'interno delle organizzazioni sociali, nel lavoro, nell'istruzione, nella vita. In nome di questo alto e nobile compromesso, i primi decenni della nostra Repubblica hanno sviluppato l'affrancamento della condizione di cittadino da quella di suddito, fino a raggiungere l'apice con le riforme Bassanini delle autocertificazioni e della supremazia dell'individuo sulla procedura amministrativa che da concessione si trasforma in servizio.
Tale enunciazione di principio vive diverse traversie nella gestione dell'ordine pubblico.
Più attuale degli altri, in questi mesi, è la condizione d'illegalità nella quale versano gli stadi italiani e le situazioni di abusi che i cittadini spettatori devono vivere per assistere dal vivo a una partita di calcio.
Può, infatti, capitare di recarsi a un varco per l'accesso all'impianto (come capitato al sottoscritto) e di vedersi respinti dallo steward e dal poliziotto in base alla propria provincia di residenza o di nascita. Tale limitazione della libertà dipenderebbe da un ordine della Questura, che applicherebbe i suggerimenti dell'organo preposto dal ministero degli Interni (il fantomatico Casms). Insomma, una limitazione della libertà interamente dipendente da un atto amministrativo scollegato da qualsiasi disposizione di legge, alla quale lo spettatore non può che piegarsi e rinunciare a vedere la partita e perdendo i soldi del biglietto e le spese sostenute per raggiungere l'impianto. Se si trattasse di una legge che stabilisse queste limitazioni, essa verrebbe abrogata dalla Corte Costituzionale in quanto in contrasto con la libertà di movimento di un cittadino onesto e completamente innocente. Tale sistema di gestione dell'ordine pubblico impedisce al cittadino l'esercizio di un proprio diritto costituzionale (la libertà di movimento) e la sicurezza del contratto stipulato con la società organizzatrice tramite il possesso del tagliando, mentre un tutore dell'ordine pubblico, svolgendo il compito assegnatogli dalla propria questura, si trova dover compiere una discriminazione illegale dei cittadini in base alla condizione esistenziale di residenza o di nascita. Tale comportamento, pur legittimo da parte di chi esegue un ordine, è illegale e configura evidentemente un abuso della polizia: ci si trova a vivere una situazione nella quale l'accesso a un luogo pubblico non è un diritto personale ma una concessione dell'autorità amministrativa.
Sorge il dubbio che rendere legittimo un abuso verso un cittadino sia una provocazione per costringere il cittadino a trovare in una reazione violente l'unica risposta possibile di fronte al potere: a far rimpiangere un modello americano ultra-repubblicano, dove ogni cittadino ha il diritto di essere armato di fronte ad un uso illegale della forza da parte dello Stato.
Dunque, quale unità d'Italia è possibile, se nel luogo dove maggiore è l'aggregazione popolare la legge e la costituzione sono disposizione personale di uno steward o di un poliziotto?
Quale unità è possibile, se neppure uniforme è la possibilità di accedere allo stadio e di pagare le imposte?
Quella italiana è un'unità politica che si realizza ancora come la vittoria di un potere su un altro, sulla repressione della maggioranza sulla minoranza, sull'incapacità di trasformare quello staterello sabaudo in una repubblica forte e coesa, giusta e liberale. Così è stato nella storia dei plebisciti e dell'annessione del Regno delle Due Sicilie, così è stato durante il fascismo, così è purtroppo ancora in alcune teste che ci governano.
In questi momenti bui, tenere accesa la luce della nostra coscienza, che ci accompagnerà per tutta la vita, è la risposta di un paese democratico: non cedere alla violenza, continuare a pagare le imposte e continuare ad andare allo stadio.