Il processo
Molti lo considerano un’opera dal significato teologico, altri gli affidano un valore politico. Sta di fatto che, da qualsiasi prospettiva lo si voglia analizzare, “Il Processo” di Kafka appare un testo pieno di sfaccettature e di implicazioni esistenziali.
La trama è molto semplice: una mattina, precisamente la mattina del suo trentesimo compleanno, Joseph K. viene arrestato. Il motivo dell’accusa è sconosciuto e rimarrà tale per tutto il resto del romanzo.
Inizialmente K. rimane sorpreso del fatto accadutogli, ma non gli affida troppa importanza poiché convinto della sua innocenza.
Col passare del tempo e con lo scorrere delle vicende, l’idea del processo diverrà di importanza fondamentale per il protagonista, tanto da costargli la carriera e perfino la vita.
Ciò che maggiormente colpisce della vicenda è il modo in cui i personaggi attribuiscano un valore superficiale al problema del processo; difatti la preoccupazione principale non deriva, come saremmo portati a pensare, dal motivo scatenante dell’arresto, ma dall’impressione che questo ha sugli altri. Ovvero, il problema di fondo è come il fatto di un processo in corso possa modificare e cambiare l’idea che la gente ha di K.
Fin dalle prime pagine possiamo percepire l’aura paradossale e improbabile delle situazioni che ci vengono descritte.
K. si ritrova improvvisamente catapultato in un mondo parallelo fatto di norme da eseguire, particolari rituali e abitudini legate a quel grande mistero che è la Giustizia.
Tutto appare talmente assurdo che non sai mai se le situazioni e i fatti vissuti dal protagonista siano semplicemente frutto della sua immaginazione.
Da un momento all’altro ci si aspetta una frase che riconduca tutto alla realtà, ma la trama continua a svilupparsi attorno a personaggi particolari, luoghi e situazioni improbabili che, tuttavia, racchiudono un significato molto preciso, profondo e assolutamente reale.
Dietro la tematica di una giustizia di dominio di pochi e sempre più corrotta, si nasconde una problematica ben più profonda ed esistenzialista.
Il destino dell’uomo è ineluttabilmente connesso alla rigida organizzazione della società. L’uomo non è più libero, è costantemente sotto processo; non ne sa il motivo, ma non è nemmeno importante saperlo dato che nemmeno l’innocenza potrebbe salvarlo. Solo il fatto di essere sotto processo, sotto il giudizio di un’entità più potente, basta a renderlo colpevole.
Tanto basta a far dell’individuo un soggetto incapace di uno sviluppo individuale, esso diviene un burattino nelle mani di pochi o, meglio, soggetto ad una burocrazia organizzata per il beneficio di chi detiene il potere. Ogni personaggio presente nel romanzo è soggetto a qualcuno più potente di lui e, a sua volta, sottomette chi gli è inferiore.
Il rispetto della norma, anche a discapito della propria morale, diventa il fulcro di ogni azione. Ogni personaggio, alienato da ogni valore etico-morale, svolge con diligenza il suo compito e il suo dovere secondo una rigida gerarchia sociale. E così troviamo avvocati che abusano del proprio potere trattando i clienti come schiavi, donne di basso rango che assolvono le richieste carnali di chi ricopre un ruolo socialmente rispettabile, funzionari di basso livello che promettono agevolazioni in cambi di favori personali.
È attraverso tali rappresentazioni, a volte talmente paradossali da sfiorare l’assurdo, che Kafka delinea il quadro della società a lui contemporanea che ci appare, purtroppo, non molto diversa da quella attuale.
La trama è molto semplice: una mattina, precisamente la mattina del suo trentesimo compleanno, Joseph K. viene arrestato. Il motivo dell’accusa è sconosciuto e rimarrà tale per tutto il resto del romanzo.
Inizialmente K. rimane sorpreso del fatto accadutogli, ma non gli affida troppa importanza poiché convinto della sua innocenza.
Col passare del tempo e con lo scorrere delle vicende, l’idea del processo diverrà di importanza fondamentale per il protagonista, tanto da costargli la carriera e perfino la vita.
Ciò che maggiormente colpisce della vicenda è il modo in cui i personaggi attribuiscano un valore superficiale al problema del processo; difatti la preoccupazione principale non deriva, come saremmo portati a pensare, dal motivo scatenante dell’arresto, ma dall’impressione che questo ha sugli altri. Ovvero, il problema di fondo è come il fatto di un processo in corso possa modificare e cambiare l’idea che la gente ha di K.
Fin dalle prime pagine possiamo percepire l’aura paradossale e improbabile delle situazioni che ci vengono descritte.
K. si ritrova improvvisamente catapultato in un mondo parallelo fatto di norme da eseguire, particolari rituali e abitudini legate a quel grande mistero che è la Giustizia.
Tutto appare talmente assurdo che non sai mai se le situazioni e i fatti vissuti dal protagonista siano semplicemente frutto della sua immaginazione.
Da un momento all’altro ci si aspetta una frase che riconduca tutto alla realtà, ma la trama continua a svilupparsi attorno a personaggi particolari, luoghi e situazioni improbabili che, tuttavia, racchiudono un significato molto preciso, profondo e assolutamente reale.
Dietro la tematica di una giustizia di dominio di pochi e sempre più corrotta, si nasconde una problematica ben più profonda ed esistenzialista.
Il destino dell’uomo è ineluttabilmente connesso alla rigida organizzazione della società. L’uomo non è più libero, è costantemente sotto processo; non ne sa il motivo, ma non è nemmeno importante saperlo dato che nemmeno l’innocenza potrebbe salvarlo. Solo il fatto di essere sotto processo, sotto il giudizio di un’entità più potente, basta a renderlo colpevole.
Tanto basta a far dell’individuo un soggetto incapace di uno sviluppo individuale, esso diviene un burattino nelle mani di pochi o, meglio, soggetto ad una burocrazia organizzata per il beneficio di chi detiene il potere. Ogni personaggio presente nel romanzo è soggetto a qualcuno più potente di lui e, a sua volta, sottomette chi gli è inferiore.
Il rispetto della norma, anche a discapito della propria morale, diventa il fulcro di ogni azione. Ogni personaggio, alienato da ogni valore etico-morale, svolge con diligenza il suo compito e il suo dovere secondo una rigida gerarchia sociale. E così troviamo avvocati che abusano del proprio potere trattando i clienti come schiavi, donne di basso rango che assolvono le richieste carnali di chi ricopre un ruolo socialmente rispettabile, funzionari di basso livello che promettono agevolazioni in cambi di favori personali.
È attraverso tali rappresentazioni, a volte talmente paradossali da sfiorare l’assurdo, che Kafka delinea il quadro della società a lui contemporanea che ci appare, purtroppo, non molto diversa da quella attuale.