Congetture internazionali
Il rito civile dei mondiali è quello durante il quale sono le donne ad accendere la televisione, a gridare davanti allo schermo le indicazioni al ct, ad inveire ed esaltarsi per un gol. E' un momento di partecipazione civile, di adesione collettiva ai colori della propria Nazione. C'è chi sostiene che sia il primo specchio della società di oggi e che possano leggervisi in controluce i trend storici: ma queste sono congetture.
D'altra parte è troppo semplicistico, oppure troppo arzigogolato, leggere le vicende nazionali e perchè no internazionali fra le righe dello schermo deformante delle notti magiche.
Quello in Sud Africa si presenta come il primo mondiale extra-europeo sintonizzato sul nostro medesimo fuso orario, e per festeggiare l'evento le compagnie telefoniche lo rendono il primo paese extra-europeo ad essere inserito tra le offerte tariffarie. Come se fosse il posto al sole per i nostri concittadini, campioni del mondo in carica.
Ma l'Italia che si presenta ai blocchi di partenza non assomiglia a quella di quattro anni prima: è bolsa, tronfia della sbornia del precedente alloro, carica di polemiche per l'esclusione del talento di turno, guidata da un CT che si è precedentemente rivelato arrogante e impopolare invitando i tifosi a chiedere scusa ai suoi campioni. Il campionato prima, campioni, dopo la festa, come dice la rima.
L'italia politica degli ultimi due anni – sarà un caso? – non è molto diversa, e all'arroganza del vincitore piglia-tutto fanno da contraltare le infinite polemiche degli esclusi e il contorno delle lamentele generali. Tanto per capirci, questa volta il Ministro Scajola si è già dimesso in anticipo, senza dover attendere la bruciante sconfitta come 8 anni prima. Tutto il resto invece è come immobile, come se il Paese aspettasse il verdetto degli Dei del calcio per capire che cosa combinare.
La competizione mondiale, checchè ne dica la nostra televisione che non trasmette più di una partita al giorno in chiaro, si svolge come una lotta tra potenze coloniali e il Paese di Mandela non si rivela altro che il solito palcoscenico per il Vecchio Continente: chi cambia è il conquistatore, secondo la regola che dice che il calcio può cambiare il corso degli eventi e gettare nella polvere il potente e incoronare sull'altare lo sconfitto secondo le imperscrutabili volontà della sfera di cuoio.
Viene eliminata l'Inghilterra che dopo 44 anni rende alla Germania il gol-non-gol che l'aveva incoronata nel 1966, viene eliminata la Germania che si mostra come potenza di secondo piano, viene sconfitta l'Olanda che, nonostante la caparbietà nel cercare la rivincita, si arrende di fronte al disinteresse della colonia di Orange che intenta a lavorare la terra manca ancora una volta l'appuntamento con la vittoria sudafricana.
Non è neanche l'occasione delle potenze emergenti, purtroppo. Il Ghana si condanna con le proprie mani, stampando sulla traversa il rigore al 120esimo, mentre l'Argentina di Maradona non utilizza il campione d'Europa Diego Milito dal quale ci si poteva aspettare il bis. Anche il Brasile si piega e i pluri decorati verdeoro abdicano di fronte allo scenario neo-coloniale.
L'Italia non si fa vedere, il che in certi contesti internazionali non è affatto strano.
Chi sarà mai a vincere la guerra coloniale, se non proprio lei, la prima potenza, quella che per prima ha sottomesso gli ampi spazi del Continente sudamericano, quella sul cui Impero non tramontava mai il sole e sui cui ragazzi splende all'alba del nuovo millennio l'alloro dei campioni del mondo. Vince la Spagna, che con un guizzo si prende la rivincita sulla crisi economica generata dalle eccessive spese per l'assistenza sociale: spese, conquistò e vinse, parafrasando i latini.
Mentre dalle nostre parti, che sarà un caso?, pochi giorni dopo la crisi degli Azzurri si apre la crisi del Popolo della Libertà. Dapprima le dimissioni di Brancher che rinuncia, dopo pochi giorni (e in tempo per l'uscita dell'Arengo) la scissione del Pdl.
Certamente è una congettura l'allusione secondo la quale Fini e Berlusconi sarebbero ancora nello stesso partito se il Mondiale lo avessero vinto trionfalmente gli azzurri di Lippi, forse perchè nelle more dei festeggiamenti non si sarebbero trovate la voglia e l'energia per precipitare gli eventi e discettare di legalità. D'altra parte è successo veramente, anche questa volta, che a seguito di un Mondiale andato a male la politica abbia esarcebato la sua crisi.
Ma forse la congettura che interpreta la verità fuori dai criteri tradizionali, non è altro che un'altra battaglia contro un altro mulino a vento.