Epilogo
Dove questo romanzo si conclude una volta per tutte
Quel giorno, qualche ora prima dell'arrivo di Zenone trafelato a Itaca, lo scriba di Babilonia s'era messo all'ombra di un ciliegio, nel frutteto, con l'idea di segnarsi le storielle che Odisseo racconta ossessivamente: l'isola di Calipso, Polifemo col suo occhio sulla fronte, Circe, le sirene, e tutta la guerra a Troia. Fatto è che, una frase seguendo un'altra, il pennino sul papiro lo porta lì dove nemmeno s'aspettava d'arrivare: « …e per tutta la notte - scrive - avvolto nella morbida lana di pecora, Telemaco pensa in cuor suo al viaggio che gli ha suggerito la dea: la Pallade Atena, dagli occhi di civetta.» – rileggendo quest'ultima frase di quello che poteva essere un primo canto d'un lungo poema lo scriba sente un brivido, e si ricorda dell'indovino e delle sue parole: “Ecco come riconoscerai quel giorno: all'ombra di un ciliegio, nel frutteto, sarai impegnato a scriver il principio di una nuova opera: quella sarà l'opera che ti renderà indimenticato per sempre, lungo i millenni. Quel giorno in cuor tuo rileggerai gli ultimi versi appena scritti e ne sarai così innamorato che capirai che quello è l'inizio della tua Opera, il vero inizio, e ti ricorderai il nostro incontro di oggi: prendi allora i tuoi papiri e corri alla Baia delle Baccanti senza voltarti indietro, prendi la barca e vattene lontano.”
Quel giorno,eh? Ma cos'è che doveva pur succedere, quel giorno? – si chiede lo scriba. Sta un po' lì a grattarsi il mento, non si ricorda più. Sia quel che sia, raccoglie i suoi papiri, scende alla Baia delle Baccanti, trova la barca proprio come gli aveva detto l'indovino, e prende il mare. L'ultimo ricordo che avrà di Itaca, sarà il vederla piccola piccola, lì lontana, bruciare incendiata.
A questo punto m'immagino vorrete sapere qual è stata la fine di certi personaggi e soprattutto della gentaglia come Agamennone o Menelao. Allora ve lo dico:
fine di Agamennone: scampato a una violenta tempesta e sbarcato nella sua città, si china per baciare il suolo, piangendo di gioia. Sua moglie Clitennestra allora, dopo avergli preparato un bagno caldo, lo fa pugnalare, castrare, spellare vivo dal suo amichetto Egisto, che negli anni della guerra, mentre Agamennone era lontano da casa, era stato il suo amante. Una volta pugnalato e castrato e spellato vivo, Clitennestra lo decapita, ed ecco fatto per Agamennone, il re più re di tutti i re.
Fine di Menelao: tornando da Troia, naufraga in una tempesta e perde tutta la flotta. Si ritrova sulle coste dell'Egitto, dove rimane per vari anni, vestendosi delle pelli di coccodrillo del Nilo.
Fine di Bellerofonte: dopo essersi fatto notare dal grande pubblico per una serie di grandi imprese, perfeziona la sua macchina da guerra in modo da poter lanciare in volo non soltanto il fuoco ma anche se stesso. Al primo tentativo precipita però in un roveto. Tale roveto, si dà anche il caso che fosse un roveto sacro. Vaga allora per lunghi anni, zoppo da un piede, solo e maledetto, evitando le strade battute dagli uomini, finchè la morte lo coglie.
Fine di Penelope: Dopo il ritorno di Odisseo, vedendolo invecchiare e imbacucchirsi, si ritira nel bosco. Lì riprende a far accoppiare i lupi e i cani. Di lei si dice che abbia generato un figlio mostruoso metà uomo e metà bestia, ma non si può affermare con certezza che sia vero.
Troia: pochi anni dopo la ricostruzione Achea, la nuova città viene distrutta da un terremoto.
Lo scriba: con la su barchetta gironzola ancora a lungo, fino a raggiungere le cosiddette Colonne d'Ercole, dove viene fatto prigioniero. Riuscirà poi a sfuggire e a terminare cinque grandi poemi, di cui tre sono andati perduti. All'età di cinquantaquattro anni lascia la poesia e si occupa di pugilato e di religione. Viene ucciso da alcuni zingari seguaci di Mosé, per una questione di principio.