XXVIII – Fuga dal frutteto
Capitolo Ventottesimo
Riusciranno Zenone e lo scriba a scamparla dalla prigionia?
È quasi mattina bell'e fatta, con le luci che dal di dietro del colle schiariscono i suoi contorni boschivi e dan meno importanza allo spicchio di luna tarda a tramontarsi, e che alleggeriscono, le luci, le pene dei nostri due incarcerati, raggomitolati uno sull'altro nella soffitta della casa nel frutteto dove si consumano in un amaro dormiveglia le ore – quando Zenone si sente chiamare da una voce di donna, e ben conosciuta, e si mette in piedi d'un balzo.
Penelope? – s'arrampica alla grata a soffitto per veder fuori, fa sbucar la testa aggrappato a due ferri con le due mani e le braccia piegate al massimo dello sforzo, ed eccola lì: Penelope davvero, a fargli dei segnali di speranza.
Zeno! – i due non si vedevano da più di diec'anni. Devono però mantenersi nei bisbigli, perché il loro incontro rimanga segreto. In più: Zenone sente le braccia anchilosate ai limiti dell'anchilosi, e la sua faccia è contratta ai limiti della contrazione. E il suo linguaggio è impedito ai limiti dell'impedimento. Per cui, svenendo a terra, non ha raccolto altro che la speranza di un aiuto altolocato, speranza che regge i suoi fondamenti nel gesticolare della regina, e dall'irragionevolezza della sua presenza lì sotto a quell'ora, e senza guardie, e curando di non farsi notare da Laerte che ignaro di tutto dorme nella stanza sotto.
Lo scriba s'alza lui pure seduto: Zeno, che c'è? che fai? – Zenone, steso a terra con le braccia rigide per l'anchilosi, somiglia a uno di quegli scarafaggi burdigoni che si trovan messi sul dorso, in tutta impotenza a guardar su. Usciremo di qui, ragazzo – gli fa, ripresa un po' la forza, ma sempre steso – è venuta la regina.
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E ti ha detto come ci tira fuori?
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No, non mi ha detto come ci tira fuori… ha fatto una gesticolazione, però.
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Una gesticolazione…
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Una gesticolazione rassicurante.
Tuttavia non di molto rassicurato, lo scriba s'alza per guardar fuori: regine non ce n'è più, tira freddo nell'aria e promette pioggia.
La mattina si sente latrar di lontano. Zenone rizza le orecchie, si scrolla d'addosso quell'altro: Lo senti? – gli fa – …questo è Argo! È il cane di Penelope che ho regalato a Odisseo! … è un segno!
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Un segno?
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Un segno!
Si strizzano i vestiti indosso, zuppi della pioggia mattutina, cercano di ascoltare cosa combina Laerte al piano di sotto, attraverso il pavimento. Non si sente nulla.
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Forse non c'è.
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Forse pascola le vacche?
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Non ce n'ha più, vacche.
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Forse raccoglie la frutta?
Ma eccolo aprire la porta, e parlare.
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Penelope! È una bella sorpresa… è un po' che nessuno mi viene a visitare…
Questa è la prima volta che Laerte, in tutta la sua vita, mente su qualcosa.
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…Laerte… volevo farti vedere il sudario che ti sto tessendo, veder le misure, veder se ti piace…
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Il sudario, eh?
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Questo qui che sto tessendo, …vedi?
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Bellino, bellino,… ma adesso scusami, eh, scusami ma ho delle cose da fare…
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Eh no, ma dobbiamo provarlo..
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Mi stendo sul tavolo?
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..no no! meglio alla luce! Mettiamoci fuori, sul tavolo fuori.
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Ma è bagnato!
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Laerte, non vorrai poi trovarti con un sudario corto, coi piedi fuori proprio nel momento più delicato…. eh? su su su! Non è il momento di fare il bambinone!
E con tutta l'arte di quella che oggi chiameremmo una badante ungherese, lo convince a mettersi un paio di ciabatte e stendersi sul tavolo bagnato, nel frutteto. A quel punto lancia un fischio: Argo!! – e Argo arriva correndo. Zenone e lo scriba, ascoltato ben bene il dialogo per intero prima che i due uscissero, e preso quel fischio per un segnale, si dà da fare a veder come forzare la porta. Niente: la porta non c'è verso a forzarla. S'appendono tutti e due alla grata sul tetto, cede il legno inumidito dalla pioggia…
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Che succede?
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Giù giù, non è nulla, non è nulla… sarà uno scoiattolo
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Uno scoiattolo?!
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Sa': di quelle bestie sugl'alberi.
E mentre Penelope tien giù Laerte, coprendogli la faccia e gli occhi col sudario, con l'angolo dell'occhio guarda Zenone e lo scriba scendere dal tetto.
- Allora è giusto sto sudario?
- Non so, non so bene… c'è da vedere, c'è da far delle misure, …fermo!
Sgattaiolano nel mentre l'altri due lontano dal frutteto, infilandosi per un sentiero nel bosco. Argo, quel cane ormai vecchio dell'isola dei lupi, che Zenone aveva regalato a Odisseo, li segue nel camminare, scondinzolin scodinzolando, e con le voci di Laerte e Penelope sempre più lontane all'udito, man mano raggiungendo la casa reale:
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Giù! Fermo lì!
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Ma son tutto bagnato…
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Fermo! C'è da far delle misure…
(continua…)