Scrittori dal carcere
Avete mai provato a prendere un articolo di cronaca nera o giudiziaria, a metterlo sotto la lente d'ingrandimento e cercare la verità? Nella maggior parte dei casi scoprirete che dietro le 2500 battute d'apertura del pezzo c'è un volto, una storia, un uomo o una donna che arrivano da lontano. Anni fa mi capitò di scrivere dell'arresto di Ladu, un rumeno trovato dai carabinieri a rubare vestiti nei cassonetti della Caritas. Mi permisi non avendo saputo nulla dalle mie fonti (le forze dell'ordine) di porre ai lettori una domanda: che cosa stava cercando Ladu? Rubava forse una coperta o un cappotto per non morire di freddo? E lì che ho compreso quanto le “nostre” fonti giornalistiche spesso sono viziate di particolari in difetto. In quel momento capii quanto fosse importante dare la possibilità a chi sta in carcere d'informare. Di fare la cronaca della propria vita. Di raccontare agli italiani che prendono il quotidiano all'edicola, come arrivavano in Italia i “terribili” rumeni. A Lodi lo abbiamo fatto “mettendo sotto il naso” al lettore “Uomini Liberi”: 4 pagine di notizie dal carcere inserite nella fogliazione del quotidiano “Il Cittadino”. In questo modo anche la casalinga di Voghera ha cominciato a capire che negli istituti penitenziari italiani non si vive con champagne e caviale ma con un solo rotolo di carta igienica al mese. Da sei anni ogni mese i detenuti fanno cronaca. In Italia di giornali dal carcere se ne contano più di 60. A Padova, “Ristretti Orizzonti” diretto da Ornella Favero esiste dal 1998. Dal giornale è nata una vera e propria agenzia di stampa che ogni giorno fornisce dati preziosi ai media nazionali e locali. Nel milanese c'è “CarteBollate”. A Verona “Buona Condotta”. C'è un giornale a Piacenza, a Genova. Sono tante le redazioni dietro le sbarre. In carcere si incontrano così dei veri e propri scrittori o dei giornalisti in erba. Adrian, rumeno, è finito dietro le sbarre dopo qualche mese trascorso a clonare carte di credito. Grazie a lui abbiamo potuto raccontare ai lettori dei viaggi in treno Bucarest – Italia passando per la Germania, nascosti nei sottotetti dei vagoni. Per giorni bevevano poco e non mangiavano per affrontare il viaggio senza problemi alla vescica. Nascosti tra le lamiere per raggiungere l'Europa. Un sogno condiviso da chi parte dal Marocco. Hamed e gli altri hanno scritto di giorni e notti di viaggio, attraverso Spagna, Francia e Italia, appesi sotto gli autorimorchi. E qualcuno non ce l'ha fatta. Scrittori di drammi, di storie che nessun giornalista racconta sui quotidiani nazionali. Scrittori si diventa quando in carcere ci si trova anche a prendere in mano la penna per la prima volta. Ho visto pagine bianche raccogliere vissuti di giovani italiani semianalfabeti arrivati dai quartieri più popolari di Palermo, Napoli, Bari. E c'è chi ha ascoltato le storie dei compagni di cella per romanzarle e creare i racconti di Gigi, un ladro un po' sfigato a cui ogni volta succede qualche misfatta: deliranti e divertenti pagine scritte con la penna di chi ha scoperto di avere nel sangue la scrittura solo durante l'esperienza carceraria. Giuseppe, detto Pino, napoletano doc, detto “o malessere” tra i quartiere “spagnoli”, ha usato la penna per amore: “Ho deciso di testimoniare quest'esperienza, perché quello che è accaduto a me e mia moglie, ci ha segnato e unito profondamente nel cuore e nell'anima. Abbiamo vissuto per due anni e un giorno, lontani l'uno dall'altro. La nostra forza sono state le lettere che quotidianamente ci siamo scritti, scoprendo un amore che va al di là d'ogni immaginazione. L'amore che vince sulle avversità della vita. L'affetto che ti rende più umile e sensibile, che ti fa apprezzare le cose semplici. Quel bene prezioso che ti fa rialzare dopo l'ennesima caduta, la dolcezza di un amore che indora i bocconi più amari da mandar giù. L'amore che vince sul male! Il mio appuntamento con il destino ebbe inizio il 17/12/2004, mentre ero intento nel mio lavoro che ho tanto amato e che mi ha dato tante soddisfazioni.Fu proprio in quella mattina che la mia vita stava per cambiare…”. Pinoha raccolto tutte queste lettere e ora ha tra le mani la bozza di un libro in attesa di un editore.
Ma a scrivere dal carcere non sono solo i detenuti. Luigi Morsello, è stato un Brubaker italiano. In comune con il direttore di carceri interpretato da Robert Redford ha avuto l'umanità, il coraggio, la capacità di precorrere i tempi. E l'età, visto che Morsello è di appena un anno più giovane del grande attore statunitense. In questi giorni è uscito “La mia vita dentro. Le memorie di un direttore di carceri”. Scrive Morsello: “C'è chi conta le pecore per addormentarsi. Un direttore di carcere vede sfilare nei suoi ricordi facce, storie, divise, sbarre, manette, agenti e detenuti. Soprattutto detenuti. Come fosse una galleria di ritratti. Una mostra del passato”.
Morsello ha visto e diretto 22 penitenziari, da quelli di massima sicurezza sulle isole di Gorgona e di Pianosa a quelli “a custodia attenuata”, spesso scontrandosi con burocrazia e amministrazioni non sempre trasparenti. Perché la storia passa anche, forse in alcuni casi soprattutto, attraverso le prigioni. Attraverso le storie degli Epaminonda, dei Gianni Guido, dei Curcio, dei Sindona, dei Marco Donat-Cattin, delle guardie carcerarie col whisky, dei processi contro mafia e Brigate rosse.