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Scritto da nel Internazionale, Numero 66 - 1 Febbraio 2010 | 0 commenti

Zittire le critiche: uno sguardo alla situazione dei diritti umani nelle Filippine.

Mentre stava pranzando in un supermercato a Manila, Jonas Burgos è stato rapito da tre uomini ed una donna non ben identificati, spinto dentro un veicolo e portato via. Jonas non è solo un contadino che gestisce un'azienda agricola familiare di 12 ettari a Bulacan, nel Nord delle Filippine, egli è anche un membro di un'associazione di contadini che chiede una nuova riforma agraria. Si è successivamente scoperto che il veicolo usato era in possesso del 56esimo Battaglione delle Forze Armate delle Filippine, fatto che ha rivelato il ruolo dei militari dietro al rapimento.

Sono passati due anni da quel giorno e di Jonas non vi sono ancora tracce. Dopo aver tentato tutte le vie legali in patria, Edita Burgos, la madre sessantaseienne di Jonas sta cercando giustizia all'estero. Ad un convegno al Centro Zonarelli di Bologna, il 14 Novembre scorso, ha parlato a nome dell'organizzazione dei familiari dei Desaparecidos filippini. Con voce dolce ma decisa, ha spiegato come la pressione internazionale può portare a ritrovare i loro cari, e aiutare a fermare la catena di abusi di diritti umani nel Paese.

Jonas non aveva nemici conosciuti, dice, l'unico motivo del suo rapimento era la volontà di zittirlo e di fermare la sua attività sociale. Suo figlio stava insegnando ai piccoli coltivatori i metodi organici di coltura, per renderli meno dipendenti dai fertilizzanti e pesticidi commerciali. Una notte, si ricorda la madre, era tornato a casa vestito di stracci, perchè aveva dato i suoi vestiti ad un contadino povero. I militari, però, hanno definito l'organizzazione di Jonas, l'Alleanza dei Contadini di Bulacan, insieme ad altre organizzazioni civili, come un fronte del movimento comunista armato, l'Esercito del Nuovo Popolo, rendendo lui e gli altri attivisti degli obiettivi legittimi per operazioni militari.

Un terribile quadro per i diritti umani

Il programma anti-insurrezionale che colpisce i civili sulla base dell'assunto falso ed infondato che essi facciano parte del movimento armato ha dato ai militari la licenza per commettere abusi dei diritti umani con la più totale impunità. Negli scorsi otto anni, da quanto il Presidente Gloria Arroyo è stata eletta, i casi di violazioni dei diritti umani sono cresciuti con proprzioni allarmanti. Durante questo periodo le trattative di pace sono state sospese in favore di una soluzione militare che, sfortunatamente, ha fatto vittime solo tra i civili. Alla fine del 2008, l'organizzazione per i diritti umani Karapatan ha registrato 201 casi di sparizioni forzate ed involontarie. Ancora peggiore è il numero di esecuzioni extra-giudiziali, che ha raggiunto I 991.

Le uccisioni sono avvenute in modo spudorato. Due specialisti di diritti umani, Eden Marcellana e Edwin Gumanoy, sono stati ammazzati dopo che degli uomini armati hanno fermato il loro veicolo mentre andavano in missione. In un altro caso, la macchina del Vicesindaco Juvy Magsino e di un altro esperto di diritti umani sono state crivellate di colpi da due motociclisti, uccidendo entrambi sull'istante. Un vescovo protestante è stato ammazzato a colpi di pistola nella sua casa. Gli obiettivi sono leader della società civile, attivisti e giornalisti, con l'ovvio obiettivo di spargere paura tra le file della parte più progressista e militante della popolazione.

La situazione è già finita all'attenzione della comunità internazionale. Le Nazioni Unite hanno mandato il Rappresentante Speciale Philip Alston per investigare sugli omicidi, i rapimenti ed i casi di tortura. In un rapporto inviato all'Assemblea Generale dell'ONU l'anno scorso, Alston raccomandava che il governo filippino fermasse le esecuzioni extra-giudiziali, utilizzate da esso come operazioni anti-insurrezionali, e che venissero smantellate tutte le istituzioni che legittimano tali atti. Una di queste istituzioni che è diventata presto famigerata è rappresentata da gruppi paramilitari che sevono come unità ausiliarie civili per le forze armate, e che non hanno alcuna chiara legittimità di azione. Un'altra è costituita da task force speciali che sembrano avere poteri civili, giudiziari e militari.

Il rapporto chiedeva inoltre al governo filippino di ordinare ai militari di smettere di fare proclami pubblici in cui si legano le associazioni della società civile con l'insurrezione armata. I compiti di indagine ed i proclami politici, affermava, devono rimanere nelle mani delle autorità civili. Il rapporto ricordava inoltre che le Filippine avevano firmato la Convenzione Internazionale per i Diritti Civili e Politici, le Convenzioni di Ginevra, nonchè il Secondo Protocollo Aggiuntivo: il governo è dunque tenuto ad osservarne gli obblighi.

Una promessa di democrazia non avverata

Per il resto del mondo, il terribile quadro della tutela dei diritti umani nelle Filippine potrebbe apparire incomprensibile. Dopo tutto la dittatura di Marcos non è finita nel 1986? Edita si è forse chiesta la stessa domanda. Suo marito, Jose, era stata una figura chiave nella lotta contro la legge marziale ed era stato nominato dall'International Press Institute uno dei 50 Eroi della Stampa Libera del Secolo. Era un editorialista famoso ed aveva diretto due giornali indipendenti che avevano mostrato gli abusi e gli eccessi della dittatura. Anche lei aveva conosciuto bene cosa si prova ad essere vessati dalla polizia e dai militari. Suo marito era stato incarcerato ed il suo ufficio devastato. Mai però si sarebbe aspettata che la sua famiglia avrebbe sofferto lo stesso trauma dopo la caduta di Marcos. Questa volta la vittima è suo figlio.

Zittire le critiche

Dopo due decenni dal People Power, l'insurrezione pacifica che aveva spodestato Marcos, una genuina democrazia rimane un sogno inafferrabile nel Paese. La povertà rimane un serio problema, con il 50% della popolazione che vive con soli 1,3 euro al giorno. La disuguaglianza rimane elevata con il 10% più ricco della popolazione che effettua il 32% dei consumi nazionali. Sebbene alcune riforme politiche siano state effettuate, come l'imposizione di limiti al protrarsi ed al rinnovarsi delle cariche elettive, l'elite che governa è riuscita ad eludere tali politiche per perpetuare le dinastie, facendo eleggere mogli, figli o parenti. Anche il programma di riforma agraria, del resto, conteneva norme che consentivano ai proprietari terrieri di evitare la redistribuzione. In un tale contesto, non è sorprendente che i settori più marginali della società avrebbero espresso insoddisfazione, e che i membri delle organizzazioni che li rappresentano sarebbero cresciuti di numero. La risposta corretta da parte del governo sarebbe stato affrontare le questioni sociali alla base, attaccando alla radice la povertà. Invece, il governo ha scelto di zittirle.

La serie di scandali di corruzione e frodi elettorali che ha colpito l'amministrazione della Arroyo l'ha resa impopolare anche tra i grandi industriali, la chiesa e molte fazioni dell'elite al potere. In passato, tale isolamento politico aveva portato ad un'alleanza de facto tra la sinistra, la destra, il ceto medio, la chiesa ed i grandi industriali che aveva portato al rovesciamento di due presidenti (Marcos ed il suo successore Estrada) attraverso una rivolta popolare. Sembrerebbe che questo è ciò che la Arroyo tenti adesso di evitare. Insicura del suo potere, si è basata sempre più sulla forza bruta per sostenerlo. Ed è proprio la convenienza politica a spingerla in primis verso quegli obiettivi che hanno meno potere politico.

 

Traduzione di Francesco Manaresi

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Riferimenti bibliografici

2008 Year-End Report on the Human Rights Situation in the Philippines, KARAPATAN (Alliance for the Advancement of People's Rights) (

 

Report of the Special Rapporteur on extrajudicial, summary or arbitrary executions- Mission to the Philippines (A/HRC/8/3/Add.2), Philip Alston. 16 April 2008. (

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