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Scritto da nel Numero 66 - 1 Febbraio 2010, Politica | 3 commenti

Una piazza per Craxi o una via d'uscita per i craxiani?

Una doverosa premessa: fare qui una semplice disamina degli elementi critici e illeciti che hanno caratterizzato la vita di Craxi rischierebbe di essere inutile e ripetitivo. La gran parte dei quotidiani liberali hanno in questi giorni impegnato molte pagine in una ricostruzione storica dettagliata di quello che è stato lo scandalo di Mani Pulite e del ruolo che nel sistema di Tangentopoli svolgeva il PSI e Craxi che ne era il leader. Altri hanno mostrato i limiti della politica craxiani prima dello scoppio dello scandalo, negli anni '80. Per chi fosse interessato a questi elementi riporto in appendice a questo articolo un elenco di inchieste, editoriali, articoli di cronaca che raccontano le malefatte di Bettino Craxi in modo circostanziato e dettagliato. Il mio scopo non è quindi di aggiungere una voce flebile al lavoro già fatto con maggiore preparazione da altri. Vorrei qui piuttosto cercare di parlare a coloro che di quegli anni hanno una visione diversa, a chi vede in Craxi uno statista, e vorrebbe che l'Italia gli garantisse un riconoscimento. Sono tanti, forse non la maggioranza, ma comunque una folta congerie di uomini, di donne, di coscienze comunque civili. Per parlare ad essi si deve innanzitutto cercare di capire il perchè delle loro idee, qual'è la giustificazione profonda, emotiva, che li spinge ad avere la loro visione della Storia recente.

Vorrei partire con una metafora, che potrebbe sembrare straniante. Tutti noi sappiamo che in un rapporto di coppia ha legittimità di esistenza anche il tradimento, nel senso che nell'amore tra due partner può anche emergere il luogo (di breve o lunga durata) dell'adulterio. Tutti noi lo sappiamo, e credo che sappiamo anche che la regola non scritta in un rapporto non sia tanto quella di non tradire, quanto piuttosto quella di non rivelare al partner il proprio tradimento. Perchè se così fosse la reazione necessaria da parte del tradito sarebbe una sola: la rottura del rapporto di coppia. Eppure, nonostante necessaria, questa reazione di rottura da parte del tradito è spesso difficile. E' al punto difficile che si cerca di perdonare ciò che noi sappiamo intimamente essere imperdonabile. Ma talvolta il perdono non è una strada percorribile. Questo è il caso di coloro che si rendono conto che il loro partner li ha traditi o gli ha fatto del male a loro insaputa per lungo tempo.

Io credo che un leader politico, un leader vero, di quelli che capitano raramente, debba essere dotato di un carisma che non nasce soltanto dalle sue abilità politiche, ma da una capacità unica di creare un rapporto di amore con il proprio popolo. Questi leader sono rari, ma non rarissimi: nella nostra storia anche recente ne abbiamo conosciuti diversi. Lo era Enrico Berlinguer; lo era stato, dalla parte opposta, Benito Mussolini; lo era stato a suo modo anche Sandro Pertini; e lo è oggi Silvio Berlusconi. Negli anni '80, accanto all'ultimo Berlinguer, è emersa la figura carismatica di Bettino Craxi. E Bettino Craxi è riuscito a creare in una larga quota di Italiani un amore verso di lui, basato sul rispetto. Con lui il partito socialista ha sfondato il 14% dei voti, ma ancora di più, aldilà di coloro che lo votavano, vi era una stima ed un rispetto diffuso, che avevano consentito la sua nomina a Presidente del Consiglio.

Questo amore è vivo ancora oggi in tanti, ma per quasi tutti, esso ha convissuto per molti anni con il sentimento dell'essere traditi. E proprio per il tradimento dell'amore che il suo popolo gli aveva riservato è morto, almeno politicamente, Bettino Craxi. Non infatti è tanto per gli illeciti penali che ha commesso che è nato quel sentimento popolare che ha portato folle di persone a inveirgli contro e a lanciargli monetine. Questa rabbia è nata dall'idea che colui a cui era stata garantita fiducia aveva finito col tradirla, per motivi personali e truffaldini. Al solo fine del rafforzamento del potere personale egli aveva sostenuto e ampliato un sistema criminale che stava lentamente soffocando la vita civile ed economica italiana. Questo sistema era tangentizio nel Nord Italia, massone e papista nel Centro, e mafioso nel Sud. La presa di coscienza del ruolo di Craxi in tale sistema ha rappresentato uno shock per i suoi sostenitori.

A questo shock si è sommato l'odio di chi, invece, i caratteri di questo sistema li aveva già compresi e da tempo stava cercando di combatterlo. Tutti coloro che avevano colto nelle parole di Berlinguer (e ancora qua) un ammonimento rispetto a cosa il pentapartito stava creando, erano adesso uniti nella speranza di poter finalmente dare una scossa alla vita politica italiana. La morte nel cuore dei sostenitori di Craxi e la rabbia vociante di coloro che già lo avevano riconosciuto per ciò che era ha aperto una voragine, all'interno del quale sono caduti tanti, lui compreso. Purtroppo sappiamo com'è andata a finire: quella voragine si è rapidamente chiusa, il potere ha presto ricostituito le basi su cui poggiarsi (il potere televisivo, il populismo, i legami con la criminalità organizzata), eppure per lungo tempo i protagonisti di quell'ultimo decennio di Prima Repubblica sono rimasti chiusi all'inferno dove la coscienza collettiva li aveva messi.

Il nuovo potere, quello che si è creato all'indomani di Tangentopoli, si propone oggi di riaprire quella caverna per rialzare nell'Olimpo dei giusti molti di quegli attori del passato. E' successo con Andreotti, è successo con i vari De Mita e Martelli, e adesso sta per succedere per la più pesante delle figure che sono state condannate dalla società venti anni fa: Bettino Craxi.

Ed è naturale che oggi tanti di coloro che un tempo lo avevano sostenuto sentano il bisogno di ottenere per lui un riconoscimento, un riconoscimento che dica finalmente che Bettino Craxi non deve stare all'inferno. Si accontenterebbero anche di un Purgatorio, gli basterebbe forse mandarlo nel Limbo, solo sapere che la Repubblica Italiana non lo condanna, che loro stessi non si devono ritenere così colpevoli. Potrà sembrare paradossale cercare una ragione sentimentale alla base delle idee di molti di coloro che chiedono a gran voce un riconoscimento toponomastico.

Dialogando con alcuni di loro, qualche giorno fa, ho ricevuto la domanda provocatoria: “Che cos'è in fondo una via? Una via è stata intitolata a tante persone che sono certo state spietate, assassine, ladre. Per esempio, quante vie in Italia sono intitolate a Cavour. Pensi forse che Camillo Benso fosse una persona tanto onesta e proba? Sarà stato un politico come gli altri!” Il mio primo istinto è stato quello di cercare notizie su Cavour, e va detto che la ricerca non è stata infruttuosa: l'articolo che potete leggere a questo link mostra come in effetti Cavour fosse veramente una persona proba ed onesta, oltre ad essere un politico senza scrupoli (ma quello, diciamo, era il suo business: non commetteva reati!).

In fondo, però, il mio interlocutore aveva ragione: una strada non è niente. Non cambierà le coscienze degli individui, ed il loro eventuale rispetto per lo Stato e la Repubblica. Nè probabilmente riuscirà a far cambiare idea a chi la pensa in una maniera su Tangentopoli e a chi la pensa in un'altra: una strada non vale niente. Ma è importante per chi ha bisogno di salvare il proprio passato attraverso di essa. In verità il cuore più genuino di chi oggi chiede una strada per Craxi è nella nevrosi di sua figlia: Stefania Craxi. Una donna che ha bisogno di vedere giustizia per suo padre, perchè in realtà per lei questo sarebbe un modo per ottenere giustizia per la propria coscienza. E questo è il cuore di chi vuole intitolare una strada a Craxi. Il cuore che pulsa in tanti vecchi socialisti e tante persone che sono, per un motivo od un altro, legate alle figure della Prima Repubblica. Eppure questo cuore non è certo la maggioranza di coloro che sostengono la toponomastica craxiana. La gran parte del belare di voci in favore dell'intitolazione è in realtà mosso da altre motivazioni: è il cuore dei berlusconiani, i discepoli del nuovo leader, che vedono nella redenzione di Craxi una garanzia di nuovo potere e di maggiore predominio. Vedono ciò perchè ad opporsi a loro, così come ad opporsi ai craxiani genuini, vi sono coloro che non hanno sopportato Craxi e tantomeno sopportano oggi Berlusconi.

E proprio per evitare che i craxiani di accatto, gli opportunisti, i berlusconiani, abbiano oggi vittoria, è necessario che il popolo degli anti-craxiani sia in grado di andare aldilà degli slogan e del tifo da stadio e guardare nel cuore di coloro che si oppongono alle nostre idee e capire le loro ragioni più personali, più emotive. Solo con il dialogo e con la ragione possiamo impedire che Craxi si trasformi da malfattore conclamato a primo martire dell'era berlusconiana.

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Piccola (incompleta) bibliografia sugli anni di Craxi e la sua caduta:

Tutto Craxi, tangente per tangente – di Marco Travaglio

Le conseguenze economiche di Bettino Craxi – di Sandro Brusco

La storia di Craxi ha tanti capitoli, che non meritano un uguale giudizio – di Carmelo Palma

Bettino Craxi nella storia anche con i suoi errori – di Stefano Folli

I consigli dalla latitanza di Craxi a Berlusconi – di Leo Sisti

Tangentopoli: un tentativo di lettura strategica – di Giancarlo Leoni (interessante articolo datato 1994!)

3 Commenti

  1. Caro Francesco, mi dispiace ma ha vinto Tobia. Le sue argomentazioni sembrano valide… ma anche Tobia non mi convince del tutto, mi è sembrato di leggere l'elogio di un leader che costruiva una delle sette meraviglie del mondo, mentre i suoi collaboratori toglievano il cemento dalle fondamenta per sostituirlo con merda. Il sogno di grande tempio costruito su una mentagna fatta di merda. E' questa l'immagine che mi viene dell'Italia della prima repubblica. Stiamo ancora pagando le conseguenze di quel sistema cancerogeno… Non era colpa sua, ma era colpa di tutti. Di tutti, compresa la miriade di amministratori e politici locali, vera spina dorsale di questo sistema… C'è chi dice che bisogna fare dei distinguo… gli altri erano partiti legati all'assetto imposto dalla Guerra Fredda. La DC e il PCI non erano uguali al PSI. Non so, dopo vent'anni, non vedo tutta questa differenza. E' giusto che abbia pagato solo lui (tra i grandi)? E' vero che avrebbero dovuto pagare anche altri (come sostengono i PDLini)? Non so, non riesco a farmi un'idea precisa… sento solo una gran puzza di merda!

  2. analisi interessante. L'impatto emotivo è sicuramente un elemento da non trascurare ed è presente nella vicenda Craxi. Ma, provando a proseguire il tuo ragionamento, quando è che si innesca l'elemento emotivo? quando alla base c'è un culto della persona, ovvero una venerazione da parte dell'elettore verso la persona del politico, che poi è un tratto tipico italiano. Quando il rapporto tra elettore e politico fosse, come dire, più razionale e maturo cioè meno basato sulla stima della persona del politico ma maggiormente sull'analisi delle sue azioni e pensieri, credo che il circuito che tu hai ben elencato non si innesterebbe, ma prevarrebbe una visione razionale e un pensiero univoco da parte dell'elettore ( in questo caso pro craxiano) nel corso del tempo.
    Aggiungo considerazione sparse:
    1) sicuramente la riabilitazione di Craxi è propedeutica a Berlusconi.
    2) Craxi è stato un gran ladrone, lontano dall'essere un uomo di stato, che incarnava il peggio delle Milano da bere. posso dire una cosa buona di lui? aveva una personalità forte, era un mascalzone ma non era un servo. Craxi è quello che si da alla fuga (disdicevole sicuramente), ma non sempre meglio di quelli che si sono riciclati nella seconda repubblica e ora fanno i servi del pensiero unico?
    3) la storia di Craxi è il classico scandalo all'italiana il cui schema è ritrovabile in tantissime episodi ovvero fase 1) vengono fuori le notizie e monta l'indignazione popolare; fase 2) desiderio di giustizia da parte di tutti; fase 3) iniziano a nascere le attenuanti (si stava meglio quando si stava peggio)oppure la storia dello facevano tutti; fase 4) fase di rimozione della vicenda: fase 5) revisionismo che può portare il colpevole talvolta ad essere dichiarato vittima

  3. Rispondo con un po' di colpevole ritardo.
    Sulla questione “è giusto che abbia pagato solo lui?”, vi chiedo provocatoriamente: nella vicenda del processo Eichmann, analizzata dalla Arendt, emerge come il nazista non agisse per “natura cattiva” oppure perchè era “un mostro”. Era un uomo qualsiasi che eseguiva zelantemente gli ordini ricevuti.
    Eichmann è stato condannato a morte e giustiziato, e tanti altri servitori dello stato nazista che sono stati responsabili di simili mostruosità come lui sono invece liberi e non condannati.
    E' stato giusto condannare Eichmann? Il fatto che qualcunoo molti siano scampati riduce forse la colpa di coloro che sono stati condannati?

    Al buon Marzio invece dico che ha perfettamente ragione, eppure in quegli anni, anche se solo per un attimo, si è davvero smesso di venerare il politico. Solo che non siamo stati capaci di passare dalla venerazione al normale rispetto. Parafrasando Brecht: beati quei cittadini che non hanno bisogno di eroi.

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