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Scritto da nel Numero 59 - 1 Maggio 2009, Tempo e spazio liberi | 0 commenti

Ormai whatever, nevermind. A quindici anni dai Nirvana

Lo scorso 5 Aprile, approssimativamente, si è celebrato un “anniversario” non molto allegro, vistosamente bypassato dai principali media nazionali, perché ai suicidi, come secondo la dottrina cattolica non si accorda un funerale, anche secondo la stampa può essere inopportuno accordare un ricordo. Da Marylin Monroe in poi, anche giustamente e come in effetti comprovato da taluni episodi, i quotidiani temono l'effetto copycat, che può indurre i giovanissimi a seguire le orme di stelle bruciate. Ci prenderemo quindi la licenza di dare per scontato, come alcuni fan inconsolabili hanno a lungo voluto credere (1), che Kurt Cobain sia stato ucciso da Courtney Love, e diremo due parole sui quindici anni trascorsi dalla sua morte.

Per me e forse per qualche altro nostro lettore, quindici anni dal 1994 significano all'incirca quindici anni dall'inizio dell'adolescenza, e questo ci rende mediamente un po' troppo giovani per fare parte di quella “generazione X” che ha visto nel grunge dei Nirvana un'icona fatale e maledetta, nella migliore tradizione del rock. Certo abbiamo portato tutti le magliette con lo smiley giallo sfattone, ma le infanzie distrutte dalle metropoli alienate, il senso di costrizione di fronte a una società frustrante, i drammi dell'eroina o i rapporti vittima-carnefice erano per la maggioranza di noi qualcosa di obiettivamente incomprensibile. Si intuiva, ma ad essere sinceri era impossibile capire.

Negli Stati Uniti, in quella stessa Seattle che aveva dato vita e morte al grunge, nasceva però quasi contemporaneamente il movimento no global messo in piedi dai quasi coetanei di Cobain – gente nata negli anni '70 e non più nei '60 – che alla filosofia senza speranze del grunge ha opposto la protesta attiva per ragioni ideologiche, e non per necessità materiali (come invece sta accadendo in queste settimane con le ondate che rinascono a partire dalla Francia). Ultimo grande movimento civile del millennio, la corrente di No logo oggi sembra essersi spenta a sua volta, affossata dall'estate del 2001 con la scuola Diaz di Genova, e poi con il silenzio buonista imposto dalla onnicomprensiva “guerra al terrorismo” che è divampata, anche mediaticamente e senza raziocinio alcuno, dopo l'11 Settembre.

E la nostra, di generazione, quella definita da alcuni “e-”? E-generation come Europa, a significare certo i sempre più numerosi scambi di studio, ma tanto per farla in barba alle politiche del locale; si maligna anche “e” come ecstasy, e qui parlando di musica ricordiamo che le cose migliori ascoltate dopo i Nirvana sono provenute dall'elettronica, nata dall'interazione tra la macchina e i ritmi ripetuti dei balli fino all'alba. I Nirvana non vengono ricordati troppo spesso, nonostante il loro indiscutibile contributo alla storia del rock: troppo brutta quella faccenda, troppo fedele alla sua disperazione quel pazzo di Cobain (2); quest'anno solo L'Unità, che io sappia, ha dedicato loro un pezzo commemorativo, ma lo ha fatto il 25 Marzo, forse per tenersi una manciata di giorni lontana dallo spauracchio dell'anniversario. Penso di aver cancellato molte delle mie cassette: di lì a poco la rabbia distruttiva dei Nirvana sarebbe stata sostituita dalla disperazione oblativa dei Radiohead. Ma se Thom Yorke vaticinava “mobiles quirking, mobiles chirping”, forse l'ascolto del profondo disagio di cui Cobain si era fatto messaggero farebbe bene, come riflessione, anche alla nostra generazione, che con gli smiley oggi comunica e che domani è già pronta per Twitter.

(1) In particolare, negli anni successivi alla morte di Cobain ha ricevuto una certa attenzione mediatica la teoria cospiratoria di Tom Grant, investigatore privato assunto da Courtney Love a seguito della scomparsa del marito precedente il ritrovamento del corpo. Secondo Grant, tuttavia, fu la stessa Love – da lui definita una “personalità psicopatica” -, forse d'accordo con il “babysitter” della figlia Michael Dewitt, a ordinare l'omicidio di Cobain: il movente sarebbe stata la volontà del marito di divorziare, escludendo la Love dal testamento. I dubbi di Grant nascono principalmente dalle sue impressioni personali riguardo allo strano comportamento di Courtney Love, e i suoi maggiori sospetti si concentrano sulla “lettera d'addio”, ritenuta nelle sue ultime righe un falso, e sulla quantità di eroina presente nel sangue del cantante al momento della morte, considerata troppo alta per permettere anche ad un tossicodipendente con alti livelli di tolleranza di imbracciare e fare funzionare un fucile. Nessuna delle teorie di Grant sembra però essere stata dimostrata da prove effettive. Fonte: www.cobaincase.com

(2) Anche se l'argomento è già stato trattato, sottolineo che sfogliando le biografie di Kurt Cobain sembra emergere che al cantante sia stato diagnosticato, da ragazzino, un disturbo da deficit di attenzione, curato come consuetudine con il farmaco Ritalin. Courtney Love, a sua volta “bambina Ritalin” e futura eroinomane, in più di un'occasione ha dichiarato che la dipendenza dalle droghe è una diretta conseguenza dell'abuso di psicofarmaci durante l'infanzia. Nelle sue parole: “quando sei un bambino e ti danno questa droga che ti dà questa sensazione, in cos'altro puoi trasformarti quando diventi adulto? Quando eri bambino ti sentivi euforico – e quel ricordo non resterà sempre con te?”
Per un ulteriore approfondimento sulla relazione tra uso di psicofarmaci durante l'infanzia e tendenze depressive o suicide, rimandiamo al primo numero cartaceo dell'Arengo, in uscita nei prossimi mesi.

Fonti:
- “No way out”, articolo pubblicato su “People” il 25 Aprile 1994:
http://www.people.com/people/archive/article/0,,20107919,00.html
- “Bipolar vs. ADHD”, pubblicato su Bipolar-Lives.com alla pagina:
http://www.bipolar-lives.com/bipolar-vs-adhd.html

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