Pensiamo a un problema come il cambiamento climatico.
Il suo arresto non potrà avere luogo se non attraverso un processo di cooperazione internazionale che vincoli i Paesi responsabili del surriscaldamento globale al raggiungimento di obiettivi di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra.
A un impegno politico globale deve contestualmente fare seguito un’azione concreta e legata al territorio, capace di coinvolgere, responsabilizzandole, le realtà locali che partecipano al rilascio delle emissioni. È il nostro sistema economico e sociale che, partendo dai colossi nazionali di generazione elettrica e produzione industriale, si dirama in maniera capillare attraverso i cavi ad alta tensione, viaggia su camion nelle autostrade, imbocca enormi gasdotti ed oleodotti sotterranei, fino ad arrivare nelle nostre case, abitate da interruttori, termosifoni, rubinetti, sacchi della spazzatura.
Dal generale al particolare, gli spazi aperti delle politiche internazionali e le strettoie frammentate delle politiche territoriali locali dovrebbero essere percorse da una stessa visione politica, coerente ed integrata.
La complementarietà di queste due facce di un’unica medaglia a forma di terra è insegnamento prezioso di uno dei principi cardine dell’ambientalismo, riassumibile con lo slogan pubblicitario Think globally, act locally.
II – L’Italia nel mondo, e in Italia
Il giusto bilanciamento tra micro e macro è condizione necessaria affinchè i buoni propositi in tema ambientale non rimangano tali: senza un intervento concreto sulle realtà territoriali gli accordi internazionali non andranno oltre il popolato universo delle chiacchiere.
E oggi, in Italia, a che punto siamo?
Nel 2002 L’Italia ratifica assieme all’Europa intera il Protocollo di Kyoto, con cui si impegna a ridurre entro il 2012 le proprie emissioni di gas serra del 6,5% sotto il livello del 1990. In questi anni però, le emissioni italiane, invece di avvicinarsi all’obiettivo prefissato, si allontanano sempre più. Nel 2006 le nostre emissioni sono superiori del 9,9% rispetto al 1990 (16% al di sopra dell’obiettivo). Crescono le emissioni provenienti dal settore dei trasporti, e quelle che, direttamente o indirettamente, provengono dalle nostre abitazioni: riscaldamento invernale, aria condizionata estiva, consumi elettrici e via dicendo.
Agli impegni presi a livello internazionale non è corrisposto un impegno proporzionale nelle politiche pubbliche nazionali. Per onorare il Protocollo ratificato, il governo italiano dovrà nei prossimi anni varare una piccola finanziaria ambientale dell’ammontare superiore al miliardo di euro annuo. Soldi che usciranno dall’Italia e a cui non corrisponderà alcuna opportunità di cambiamento.
E dire che, con un po’ di coerenza e lungimiranza, gli stessi fondi potevano essere investiti nel territorio nazionale. L’ennesima occasione perduta.
Ma non tutto è perduto, possiamo ancora peggiorare. In Europa viene infatti approvato nel dicembre 2008 l’ambizioso Pacchetto Clima-Energia con cui ci si impegna a ridurre le emissioni di gas serra del 20% rispetto al 2005 e di produrre il 20% della domanda finale di energia con fonti rinnovabili.
Stiamo dando di matto? Non riusciamo a correre i 100 metri, e ci iscriviamo alla maratona olimpica. Eppur qualcosa è cambiato. C’è stata la crisi economica, che ha messo in luce i limiti del nostro sistema economico, suggerendone un ripensamento. E poi c’è la svolta americana, con un Obama intenzionato a cavalcare l’onda della green economy, a casa sua e sulla scena internazionale.
Ecco quindi che, ancor prima dell’incontro di dicembre, durante il quale le potenze mondiali cercheranno a Copenaghen un accordo internazionale post-Kyoto, la decisione di spostare strategicamente il G8 di luglio a L’Aquila, la città da ricostruire, acquista un’importanza politica e simbolica davvero unica.
III – Una proposta per rilanciare L’Aquila (e tutta l’Italia)
L’Aquila dovrebbe costituire il km zero della politica energetica e ambientale italiana, quell’anello di congiunzione tra gli impegni internazionali e le politiche territoriali locali che fino ad oggi è mancato.
Ricostruire L’Aquila in armonia con il Pacchetto Clima-Energia che l’Italia ha recentemente ratificato: quale migliore occasione per ridisegnare le proprie politiche e confermare in maniera credibile i propri impegni internazionali?
L’Aquila città a impatto zero: un obiettivo ambizioso, la cui realizzazione richiede che l’emergenza presente sia affrontata proiettandosi nel lungo termine, definendo una mappatura dei problemi esistenti e individuando le possibili soluzioni capaci di trasformare la tragedia del terremoto in un’occasione di ripensamento e rinascita della città.
Se da un lato restituire a L’Aquila i luoghi storici dell’identità cittadina permetterà alla popolazione di recuperare la continuità con il proprio passato, dall’altro l’idea di una città a impatto zero è il ponte verso il futuro, capace di creare il difficile connubio tra la identità storica e una dimensione contemporanea, costituendo un precedente di notevole importanza e quindi un modello esemplare per l’Italia e l’Europa intera.
Purtroppo, nel leggere le proposte avanzate per la ricostruzione, non sembra emergere in modo decisivo la volontà politica di fare de L’Aquila una nuova città, tentando di invertire la rotta rispetto alle decisioni prese (o non prese) fino ad ora per far fronte al problema del cambiamento climatico.
Esistono sì spunti interessanti: nell’articolo 2 della Bozza del Decreto Legge 23 aprile 2009, contenente gli interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici in Abruzzo, si prevede, fra l’altro, la redazione di un “piano di intervento” per la costruzione di alloggi di “durevole utilizzazione” ad alto contenuto tecnologico dal punto di vista della protezione dalle azioni sismiche, ma anche per l’utilizzo di tecniche costruttive secondo i criteri del risparmio energetico e della sostenibilità ambientale.
Nella Bozza si parla di una pianificazione degli interventi, che però sembra esaurirsi in interventi di urgenza, identificabili nella costruzione di nuove abitazioni per offrire alla popolazione sfollata la possibilità di trasferirsi al più presto in alloggi dignitosi e abbandonare altri tipi di realizzazioni di emergenza. Parallelamente vengono promosse delle agevolazioni fiscali e finanziarie per permettere ad un’altra fetta di popolazione di acquistare un’abitazione definitiva o di ristrutturare la propria casa.
Si tratta di interventi probabilmente indispensabili per far fronte all’eccezionale situazione critica contingente, ma ciò che sembra assente è un dato altrettanto importante alla luce di quanto detto fino a qui, cioè una riorganizzazione che parta da un punto di vista più ampio e coordinato per ricostruire il nuovo sistema economico e sociale e che si basi sul concetto di preservare o addirittura migliorare la qualità della vita della popolazione.
Architetture ecosostenibili. Un sistema di trasporto pubblico efficiente. Un riequilibrio della struttura urbana che sappia tener conto delle complessità di un sistema territoriale così radicato e storicizzato. Un modello di raccolta differenziata di rifiuti mutuato dagli esempi europei.
L’obiettivo è creare una nuova struttura della città e del suo interland che presupponga innanzitutto il rispetto per il territorio su cui si va ad intervenire e che investa molti ambiti: il sistema dei trasporti, l’edilizia, la gestione dei rifiuti, la produzione di energia attraverso fonti rinnovabili, ma anche l’agricoltura, la produzione industriale. In una sola parola: sostenibilità.
Quello che si vuole qui proporre è un piano di interventi che faccia de L’Aquila la prima città europea ecosostenibile, dalla scala urbana a quella edilizia, dalla mobilità sociale alla gestione dei rifiuti.
Compito delle istituzioni nazionali ed europee dovrebbe essere quello di stanziare fondi vincolandone l’utilizzo al rispetto dei parametri e criteri e obiettivi definiti nelle direttive europee del Pacchetto Clima, facendosi anche garante del corretto adempimento delle procedure, e della sicurezza dei lavori. In altri termini, evitare che i fondi cadano a pioggia nelle mani dei soliti noti.
Gli enti locali potrebbero essere orgogliosi nel proporre ai cittadini il progetto di prima città europea ecosostenibile, capace di attrarre capitali, di portare nuove competenze, di creare nuove opportunità di lavoro, di dare a L’Aquila una posizione rilevante nel contesto europeo e agli aquilani la voglia di tornare a guardare avanti.
Ricostruire L’Aquila come si costruirebbe una città europea nel 21° secolo. L’idea è così intuitiva e logica che ci stupisce osservare quanto sia stata finora trascurata.
Ringraziamo Giulia Maci e Gianmarco Grifa per aver contribuito alla realizzazione di questo articolo
3 Commenti
matteo
maggio 14, 2009
caro dottorissimo, cara federica,avevo scritto un bel commento ma non pare registrato……i miei limiti informatici si fanno sentire…comunque proverò a divulgare al meglio delle mie possibilità questa bella proposta. saluti
L'idea è ottima e in un Paese civile sarebbe probabilmente anche l'unica ad essere presa in considerazione. Non me ne vogliate, specie tu marco che da quanto ho letto ti stai (vorresti) impegnarti in prima persona per una ricostruzione “sostenibile”, ma non ci credo. Minimamente. Gli sciacalli hanno già sentito l'odore della pioggia di soldi pubblici,e chi sta in alto non ha nessuna intenzione di farsi dei nemici. Complimenti agli autori e in bocca al lupo a marco.
caro dottorissimo, cara federica,avevo scritto un bel commento ma non pare registrato……i miei limiti informatici si fanno sentire…comunque proverò a divulgare al meglio delle mie possibilità questa bella proposta.
saluti
bene…
se vi riesce leggete pagina 17 de L'Unità di oggi, 15 maggio.
collettivo99.org
L'idea è ottima e in un Paese civile sarebbe probabilmente anche l'unica ad essere presa in considerazione. Non me ne vogliate, specie tu marco che da quanto ho letto ti stai (vorresti) impegnarti in prima persona per una ricostruzione “sostenibile”, ma non ci credo. Minimamente. Gli sciacalli hanno già sentito l'odore della pioggia di soldi pubblici,e chi sta in alto non ha nessuna intenzione di farsi dei nemici. Complimenti agli autori e in bocca al lupo a marco.