E' nato il Pdl, gioiamo e facciamo festa
L’Italia è salva. Dopo cinquant’anni di dominio comunista, dopo altri quindici anni di instabilità politica per colpa degli ex comunisti, finalmente siamo un paese libero. Libero di eleggere la nostra maggioranza preferita, che è l’unica, splendente, meravigliosa, fantastica: il Popolo delle Libertà.
In un tripudio mistico il nostro leader, accolto da bambini in festa che sventolavano palme e rami d’ulivo, è sceso dal suo destriero bianco e ha parlato col cuore a milioni di italiani che si sono beati nell’apprendere il verbo. Il verbo della libertà. Non la libertà di fare quello che si vuole, come dicono i maligni. Non la libertà di sfruttare l’ignoranza, come dicono gli snob di sinistra. Neanche la libertà di espressione, che permette a diavoli rossi di cospargere di menzogne le orecchie dei poveri cittadini indifesi. Qui si parla di libertà condizionata.
Milioni di ladri, truffatori, corrotti, picchiatori fascisti, razzisti, camorristi e mafiosi di vario genere, insomma la parte produttiva del paese, ha tirato un sospiro di sollievo: siamo quasi il 51%, maggioranza assoluta. In effetti è ora di finirla con questi guastafeste che cercano la legalità come un pelo nell’uovo, o meglio come un pelo sulla testa di Berlusconi. La vostra maledetta tirannide è finita, siamo finalmente liberi. L’alba di un nuovo ordine mondiale è alle porte e noi ci stiamo arrivando a grandi passi, per essere i primi a rubare per la gloria e l’orgoglio nazionale.
I delegati in lacrime e commossi si sono stretti in un unico grande abbraccio durante i vari interventi dei migliori. Bondi, che ha letto la sua ode d’amore nei confronti del nostro re sole; forse un po’ esagerato, ma si può rimproverare un innamorato: se per lui il suo capo è biondo, alto, muscoloso, con gli occhi azzurri e con i pettorali scolpiti che profumano di miele e virilità, chi siamo noi per biasimarlo? Fini, orgoglioso nel difendere i suoi principi, la sua personalità, le sue differenze. Poi ha preso la parola. Gasparri, che ha suscitato una standing ovation spontanea dopo aver azzeccato un congiuntivo, il congiuntivo della libertà: “Che io sappi che ero un cattolico che sia fascista!”
Per non parlare dell’apparizione della Madonna, che dopo aver benedetto i presenti ha fatto scendere lo Spirito Santo sotto forma di colomba, che ha scagazzato santità sulla testa dei presenti in estasi (in realtà la visione mistica di Baget Bozzo è stata riportata dall’unico vero giornale indipendente, l’Osservatore Romano, ultimo baluardo della Verità cattolica e romana).
Unico momento di tensione è stato il tentativo di Biancaneve di riportare a casa Berlusconi e Brunetta, ma il nostro meraviglioso presidente, con un gesto magnanimo, l’ha perdonata, le ha curato la sifilide con l’imposizione delle mani (mai fidarsi dei principi azzurri), e le ha pure trovato un lavoro nella prossima fiction Rai. Dopodiché ha fatto addirittura accomodare la fanciulla vicino a lui, in ginocchio, dentro il podio… per dargli sostegno, ha detto.
Ma nella sua perfezione, il nostro caro Silvio, ha dato prova di grande umiltà e riconoscenza. Lui, vero motore primo e universale dei moderati d’Italia, ha ricordato chi lo ha ispirato, aiutato, sostenuto nel creare questo partito nazionale, dandogli addirittura il merito. E non sto parlando né del venerabile Gelli e neanche dell’uomo d’onore Mangano. Questi due eroi già sono pilastri di libertà. No. Ha voluto ricordare il più grande statista di sempre, colui che ha cambiato veramente le sorti d’Italia. Bettino nostro che sei nei cieli.
Solo il nome Craxi è stato sufficiente a sconvolgere la sala che prima ha controllato di avere ancora il portafoglio in tasca poi è esplosa in un applauso durato ore e ore. Cicchetto si è spellato le mani ma è stato subito miracolato dal nostro uomo del destino che gli ha donato l’ultima parte di pelle del culo avanzata dall’ultimo lifting. A chi ancora, indecentemente, lo accusa di essere stato un ladro e di aver rovinato l’Italia sarà bene fare un ripasso della sua luminosa vita politica.
A 10 anni, nel 1944, entra nella resistenza e, battendo Golia con una fionda, si guadagna sul campo la medaglia d’oro che rivende per dare da mangiare ai poveri di Milano. Grazie a una sua azione suicida riesce a catturare Mussolini, anche se si oppone alla sua lapidazione, dimostrando già doti divine. Il suo piano per uccidere Hitler viene rimandato solo grazie all’intervento dei Russi, ma era già pronto: l’operazione “Mortadella Avvelenata”, che lo avrebbe portato direttamente sulla tavola del Fuerer travestito da porchetta modenese, era stata finanziata da Roosevelt in persona in gran segreto.
A 12 anni ottiene l’Indipendenza dell’India, dopo aver aiutato Gandhi nel suo celebre sciopero della fame gettandosi coraggiosamente su tutto il cibo che veniva portato al grande pacifista indiano. Uno scioperava, l’altro magnava.
Entrato nel Partito Socialista lottò con tutte le sue forze contro quei diabolici comunisti che volevano regalare il nostro sacro suolo a Stalin. La sua linea politica lo porterà ad essere eletto prima segretario di partito e poi presidente del consiglio. È grazie a lui che Berlinguer non diventò capo del nostro governo. Tutti noi gliene siamo grati.
Da capo del governo fu il maggior responsabile del clima di distensione tra USA e Russia, e, grazie a poteri di telecinesi di cui usufruiva solo in caso di estrema necessità, fece cadere il muro di Berlino.
Fu anche il politico che firmò la pace con lo Stato Vaticano, che da anni cercava di interferire nella politica italiana senza riuscirci. Grazie a Bettino ci siamo invece assicurati il paradiso.
Cercò anche di portare il debito pubblico alle stelle, ma il suo piano spaziale non venne compreso dalle menti retrograde del tempo, che lo presero alla lettera. Fu per questo che venne ingiustamente accusato di aver rubato dei soldi da quei pescecani del pool di Mani Pulite, che torturando innocenti volevano sovvertire il potere democratico e fare eleggere degli incensurati. Ma ci pensate?
La gente fu però illusa dalla stampa comunista e si presentò davanti alla sua modesta dimora (pensate era così onesto che non si poteva permettere di comprare una casa ma doveva vivere in un alberghetto nel centro di Roma, dove curava i malati e confortava gli afflitti), per tirargli uova e pomodori, che lui, con un ultimo gesto di umanità, trasformò in monetina da dare ai poveri.
Costretto all’esilio si dedicò a opere di bene. Morì in mare, mentre riusciva a salvare una barca piena di bambini che stava per affondare.
Berlusconi in lacrime lo ha però riabilitato e ora noi, popolani della libertà, porteremo il suo nome dentro i nostri cuori e nelle nostre azioni democratiche. Viva la libertà!